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“Verità e Riparazione. Una giustizia per chi sopravvive al trauma” (2024) di Judith Herman – Recensione

Judith Herman, nel libro ''Verità e Riparazione'', amplia il suo lavoro sugli abusi sessuali concentrandosi sul tema della giustizia

Di Cristiana Chiej

Pubblicato il 12 Set. 2024

Judith Herman: la fase della Giustizia

Judith Herman è stata la prima, con i suoi studi e il suo lavoro clinico con sopravvissuti all’incesto e ad altre forme di trauma, a concettualizzare il Disturbo da Stress Post-Traumatico Complesso. Il suo libro del 1992 “Trauma and Recovery” (“Guarire dal Trauma” nella traduzione italiana del 2005), pietra miliare nel campo della psicotraumatologia, ha sollevato la cortina di fumo della negazione collettiva mostrando quanto fossero diffusi abusi sessuali, fisici e psicologici e quanto impattassero sulla salute di molte persone.

E’ grazie al suo lavoro, al suo coraggio e alle sue grandi capacità che questi sopravvissuti hanno trovato una voce che esprimesse il loro dolore e la loro denuncia: ascoltando i loro bisogni ha ripreso il modello trifasico del trattamento di Pierre Janet ricordandoci che prima di ogni altra cosa, i sopravvissuti devono recuperare un senso di sicurezza di base (Fase I, Stabilizzazione); solo in un secondo momento possono riesplorare il passato in modo da elaborare il dolore (Fase II, Elaborazione e integrazione dei contenuti traumatici) e infine tornare a concentrarsi sul presente e sul futuro (Fase III, Riabilitazione e reintegrazione).

A distanza di più di 30 anni l’autrice torna a offrirci ancora una volta un insegnamento prezioso e aggiunge una quarta fase: quella della Giustizia.

Se il trauma ha origine in una fondamentale ingiustizia, la piena guarigione necessita, doverosamente, di riparazione attraverso una qualche misura di giustizia da parte dell’intera comunità. (Herman, 2024, p.9)

La guarigione nel libro “Verità e Riparazione”

Guarire, ci dice Judith Herman, è molto più di una faccenda individuale, privata.

Facciamo tutti fatica a stare di fronte agli orrori che avvengono nel mondo e intorno a noi, così ce ne distanziamo negandoli o negandone l’impatto, guardiamo dall’altra parte pensando che non ci riguardino, proteggendoci così dall’idea che potremmo anche noi essere vittime o colpevoli; tuttavia, in questo modo, non solo impediamo la correzione e il cambiamento, ma contribuiamo anche a perpetuare un circolo vizioso di silenzio e dinamiche di potere distruttive. Allora Judith Herman ci mostra come la guarigione non riguardi solo i singoli sopravvissuti, ma l’intera collettività e possa avvenire solo attraverso un più ampio riconoscimento sociale.

Nel libro ”Verità e Riparazione”, l’autrice fa una cosa molto semplice e allo stesso tempo rivoluzionaria: chiede ai sopravvissuti cosa significhi giustizia per loro e, attraverso i loro racconti e le loro idee, prova a immaginare come i sistemi giudiziari potrebbero cambiare se venissero veramente considerati i loro bisogni e desideri.

Se il trauma fa sentire isolati e impotenti, la guarigione richiede empowerment e coinvolgimento, l’opposto della vergogna e del silenzio. Ma la guarigione è complicata proprio perché le relazioni di dominanza e sottomissione che plasmano la nostra società influenzano anche il modo in cui viene applicata la giustizia. Di conseguenza, anche la migliore versione dei nostri attuali sistemi di giustizia spesso non è sufficiente per la guarigione dei sopravvissuti.

La giustizia dipende dall’organizzazione sociale del potere: in società governate da regole di dominio e subordinazione non c’è spazio per la giustizia. I forti fanno quello che vogliono perché possono, mentre i deboli e i vulnerabili si sottomettono. Gli astanti restano timorosamente in silenzio, volontariamente ciechi o complici di chi detiene il potere. Chi si oppone a questo stato di cose rischia una punizione estrema. Judith Herman costringe il lettore a confrontarsi col doloroso dato di realtà che queste dinamiche non sono limitate a regimi autoritari, ma sono presenti anche nelle democrazie consolidate, quando il sistema esclude, sulla carta o nei fatti, interi gruppi di persone – per esempio, donne, bambini o persone di colore – dai pieni diritti di cittadinanza; o quando l’applicazione della legge è gravata da pregiudizi ideologici che impediscono un’autentica equità. Si pensi ad esempio ai processi per stupro: molte vittime non denunciano perché temono di non essere credute, temono, e non a torto, di essere messe loro stesse sotto processo, invece dell’aggressore, tanto che molte donne hanno definito l’esperienza in un’aula di tribunale come un secondo stupro. 

Jennifer Freyd (Freyd, 2021) parla di institutional betrayal (tradimento istituzionale) per descrivere come le istituzioni possano danneggiare i loro membri non proteggendoli adeguatamente da abusi, non rispondendo in modo appropriato alle denunce, coprendo comportamenti scorretti o favorendo una cultura che li permette. In questo modo si aggrava il trauma originale e si generano sentimenti di tradimento, sfiducia e insicurezza, amplificando il danno subito dalle vittime di abusi e altre forme di violenza.

Judith Herman e il richiamo alla responsabilità morale

Di fronte a questo stato di cose Judith Herman ci chiama alle nostre responsabilità, sottolineando il fondamentale ruolo degli astanti nel perpetrare queste dinamiche di ingiustizia, dal momento che partecipano alla responsabilità sociale di rendere queste disparità qualcosa di normale.

Per questo motivo, la riparazione dei danni richiede innanzitutto che gli astanti e la comunità riconoscano la propria responsabilità morale e agiscano in modo solidale con coloro che sono stati danneggiati.

Prima di qualsiasi azione concreta i sopravvissuti desiderano infatti una rivendicazione morale. Vogliono che coloro che sono testimoni silenziosi del loro dolore prendano una posizione chiara e inequivocabile. Devono riconoscere che è stato commesso un torto e condannare senza riserve il crimine. Solo in questo modo le vittime possono iniziare a guarire.

È questa riconciliazione con la comunità nel senso più ampio che molti sopravvissuti cercano quando parlano di giustizia. Solo attraverso il riconoscimento e la solidarietà possiamo costruire una società più giusta ed equa.

L’autrice esplora la visione di giustizia che emerge dalle testimonianze dei sopravvissuti, mostrando il contrasto tra ciò che essi davvero desiderano (verità e riparazione) e ciò che il sistema giudiziario offre (punizione e danni economici).

Le vittime di una violenza o di un sopruso, infatti, vengono solitamente rappresentate come mosse dal solo desiderio di vendetta verso chi le ha danneggiate, ma ascoltando le loro testimonianze appare un quadro ben diverso: i sopravvissuti sono meno concentrati sulla punizione di quanto il sistema di giustizia suggerirebbe.

La rabbia delle vittime è strettamente legata alla reazione della loro comunità di fronte ai torti subiti, trasformandosi in rabbia impotente, cieca e vendicativa, solo quando esse si sentono sole e abbandonate e viene loro negata un’adeguata misura di giustizia: il desiderio di vendetta nasce dall’isolamento e dall’impotenza.

Tuttavia, quando la comunità si unisce per sostenere la vittima, i sentimenti di vendetta si trasformano in indignazione giusta e condivisa, che può diventare una risorsa potente per la riparazione.

Il punto di vista dei sopravvissuti in “Verità e Riparazione”

L’agenda dei sopravvissuti restituisce priorità al recupero della vittima, anche più della punizione dell’aggressore.

La prima regola di giustizia espressa dai survivor è il desiderio che la comunità riconosca che è stata commessa un’ingiustizia. Tutti i sopravvissuti intervistati erano unanimemente d’accordo su questo punto: volevano che la verità fosse resa nota a tutti. Non solo il riconoscimento dei fatti, ma il riconoscimento del danno che ne è derivato.

Molti carnefici, infatti, anche quando riconoscono le proprie azioni, tendono a minimizzare l’entità del danno che hanno causato. Questo atteggiamento non solo sminuisce il dolore delle vittime, ma perpetua un ciclo di sofferenza e isolamento. Le vittime, invece, cercano un riconoscimento sincero e completo del loro trauma. Vogliono che le loro comunità capiscano e rispettino la gravità delle ferite che hanno subito. Desiderano che coloro che li circondano ascoltino la loro voce, credano nel loro racconto e riconoscano il torto che è stato loro inflitto.

I sopravvissuti vogliono sentirsi accolti e sostenuti dalle persone che formano le loro comunità morali. Questo significa essere ascoltati senza pregiudizi, essere creduti senza dubbi, e ricevere un supporto tangibile ed emotivo. Chiedono che l’opinione pubblica riconosca la presenza diffusa dei sopravvissuti e che comprenda che la violenza sessuale e ogni altro abuso non sono solo disgrazie private, ma una grave questione di salute pubblica.

Oltre a questo, ciò che molti sopravvissuti desiderano sono scuse autentiche, responsabilizzazione dei colpevoli, prevenzione di danni futuri e sforzo sincero di fare ammenda verso tutti coloro che sono stati danneggiati.

Il tema delle scuse è spinoso. Gli insegnamenti cristiani moderni spesso esortano le vittime a superare la rabbia attraverso il perdono, piuttosto che agire contro chi le ha offese. Guarda caso, la virtù del perdono è stata particolarmente raccomandata alle donne e ai membri di gruppi subalterni. I sopravvissuti sono giustamente scettici riguardo all’idea di perdonare i loro aggressori, specialmente in assenza di garanzie concrete di un’autentica conversione e assunzione di responsabilità. Anche se possono sembrare sincere al momento, infatti, le espressioni di rimorso sono tra i metodi più efficaci che i maltrattanti possono utilizzare per mantenere il controllo sulle vittime.

La restituzione invece può assumere molteplici forme. Ci sono vari modi in cui i sopravvissuti possono essere risarciti dalle loro comunità: il risarcimento economico è solo uno di questi. Per molti sopravvissuti, è altrettanto cruciale che la comunità lavori attivamente per modificare i sistemi che hanno permesso e alimentato la violenza e lo sfruttamento. 

La lezioni de Judith Herman in ”Verità e Riparazione”

La visione di giustizia dei sopravvissuti combina elementi di giustizia retributiva e riparativa, mettendo al primo posto la guarigione di una relazione danneggiata: non quella fra aggressore e vittima, ma fra survivor e comunità. 

Per fare questo sono necessari una vasta ricerca e un cambiamento radicale nelle nostre concezioni e pratiche di giustizia.

Il sistema giudiziario (Judith Herman parla del sistema giudiziario americano, ma la stessa considerazione si può estendere al nostro) ha investito troppo nella punizione e troppo poco nella riabilitazione. Dobbiamo invece concentrare i nostri sforzi sul cambiamento dei fattori sociali e culturali che aumentano il rischio di reato, con l’obiettivo non solo di riabilitare i colpevoli, ma di prevenire il verificarsi dei reati stessi. Solo così potremo costruire una società più giusta e sicura per tutti. 

Con la sua sensibilità ed esperienza Judith Herman ha ancora molto da insegnarci e in questo libro, attraverso le parole dei sopravvissuti e le loro storie, ci esorta a uscire dal torpore delle difese dissociative e a metterci in gioco per costruire una comunità che non solo riconosca il dolore delle vittime, ma che agisca attivamente per alleviarlo e incentivi la cooperazione fra le diverse istituzioni per prevenire ulteriori soprusi e creare una nuova cultura del rispetto reciproco e della giustizia. 

I survivor hanno bisogno di verità e riparazione – riconoscimento, rivendicazione, scuse e ammenda – da parte delle loro comunità morali. Quando la comunità si fa carico di queste riparazioni, viene risanato il rapporto danneggiato tra la comunità e il survivor, viene ristabilita la fiducia e viene messo in opera un tipo di giustizia migliore. (Herman, 2024, p.214)

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Freyd, J. (2021). Institutional betrayal. Freyd Dynamics Lab, University of Oregon. Retrieved October 23.
  • Herman, J.L. (2005). Guarire dal trauma. Affrontare le conseguenze della violenza, dall’abuso domestico al terrorismo. Roma: Edizioni Scientifiche Ma.Gi. srl.
  • Herman, J.L. (2024). Verità e riparazione. Una giustizia per chi sopravvive al trauma. Milano: Raffaello Cortina Editore.
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