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Tra sogno e immaginazione: considerazioni sparse sull’integrazione in psicoterapia

Il sogno e l'immaginazione possono essere parte del lavoro in psicoterapia in diversi approcci, così come anche le tecniche corporee

Di Lorenzo Rodella

Pubblicato il 21 Mag. 2024

Da dove ha origine l’idea dell’integrazione in psicoterapia?

[…] L’atto del sognare suggerisce con vigore che l’essere umano deve nascere con una propensione alla narrazione di storie, alla ricerca di storie e alla reazione alle storie, propensione che scaturisce dal vertice estetico.
James S. Grotstein

[…] Cos’è la vita? Delirio. / Cos’è la vita? Illusione, / appena chimera ed ombra, / e il massimo bene è un nulla, / ché tutta la vita è sogno, / e i sogni sogni sono.
Pedro Calderón De La Barca

L’immaginazione guidata consiste nel “rivivere una situazione traumatica o semplicemente problematica ed elaborarla diversamente. È possibile sia rievocare ricordi che immaginare situazioni future nelle quali la persona non saprebbe come comportarsi” (Dimaggio et al., 2019, p. 111). Il terapeuta guida il paziente nella rievocazione, nel qui ed ora della seduta, di una scena: passata, e quindi realmente accaduta; futura, ovvero nell’ordine del potenziale. Lo scopo è, nel primo caso, rielaborare la scena – e, eventualmente, cambiarne il finale (rescripting), affinché il paziente possa acquisire un ancora maggiore senso di mastery (Dimaggio et al., 2019, cap. V) –, modulando le emozioni (negative) ad essa associate. Nel secondo caso, la finalità è, attraverso l’immaginazione, anticipare, nella mente e nel corpo, sensazioni, emozioni e pensieri, connessi ad attività concrete che il paziente dovrà fare – arrecanti, ad esempio, ansia, paura, o vergogna – in modo da “sperimentare il senso di sé che si prefiggono di ‘indossare’” (Ibidem, p. 239): il futuro viene quindi vissuto con maggiore serenità e consapevolezza. 

Il sogno, dapprima relegato alla dimensione del sonno, con Bion (1992) – e gli autori che successivamente si sono ispirati al suo pensiero (ad esempio, vedi, Grotstein, 2007; Ferro, 2013, Civitarese, 2013) – si estende alla veglia e l’attività del sognare diventa il fondamento di un’attività psichica sana. La patologia, secondo lo psicoanalista inglese, deriverebbe da una deficitaria capacità di sognare. Gli elementi beta – sensazioni e percezioni rudimentali, così come proto-emozioni – devono essere trasformati in elementi alfa – la sostanza del pensiero, conscio e inconscio: pena la loro impensabilità. La funzione alfa – in altri termini, il sognare – permette questa trasformazione. 

L’immaginazione – guidata o meno – non è forse un sognare? 

Il sogno del sonno ha un potere integrativo-trasformativo: interconnette il vissuto quotidiano, ordendo la trama del Sé, unendo presente e passato. In altre parole, ci permette di essere noi stessi, oggi come ieri: “Il sogno può essere così visto come un evento-ponte che collega la realtà attuale con l’esperienza dell’infanzia e dà una continuità emozionale alla vita mentale, riunendo in un percorso unico il mondo oggettuale dell’adulto [..] al mondo oggettuale del bambino” (SpiWeb, 2009). A volte – a chi non è capitato? – sogniamo scenari ipotetici futuri – piacevoli e desiderati, o paurosi e ansiogeni. Il nostro inconscio ci garantisce un’immaginazione guidata tutte le notti, il cui focus temporale può essere diverso, a seconda delle necessità del momento (Lingiardi, 2023, pp. 146-150; Craparo, 2018, cap. 7). 

Al risveglio il “sognare” non cessa, ma perdura. Tuttavia, durante la veglia, siamo bombardati da stimoli, entero ed esterocettivi: diventa quindi difficile evidenziare il “sognare” con la stessa facilità di quanto questo possa essere fatto mentre dormiamo. Inoltre, è plausibile che il “sognare” del sonno – il sogno della notte – abbia un potere integrativo-trasformativo maggiore, rispetto al “sognare” della veglia. Questo per due motivi: 1) la sicurezza; 2) il venir meno della sovrastimolazione entero e, in particolare, esterocettiva. 

Se non ci sentiamo al sicuro, difficilmente dormiamo: il senso sicurezza è, in linea di massima, una precondizione per l’addormentamento. Il senso di sicurezza è fondamentale anche per la buona riuscita di un percorso di psicoterapia (ad esempio, Bader, 2002; Gazzillo, 2016; Porges, 2011; Levine, 2015; Ogden & Fisher, 2015; Dimaggio et al., 2019; Fonagy et al., 2017). In generale, la sicurezza, si potrebbe dire, è la precondizione della salute psichica in generale, a partire dalla prima relazione significativa, la relazione di attaccamento. L’attaccamento sicuro (Bowlby, 1969) è predittivo di una maggiore salute psico-fisica futura, mentre attaccamenti insicuri e/o disorganizzati predispongono alla psicopatologia (Santoro et al., 2021; Liotti & Farina, 2011; Ierardi et al., 2023). Quando siamo al sicuro siamo liberi di esplorare, trasformare, immaginare…siamo liberi di sognare. Il quasi azzeramento degli input sensoriali esterni permette una focalizzazione sugli aspetti interni: nel sogno della notte – “il sogno che risulta essere la creazione mentale più ricca in elementi alfa” (Ferro, 2013, p. 190), una “poesia della mente” (Ibidem) –, e, in misura necessariamente minore, nel sogno della veglia, mente e corpo si incontrano, si mescolano, si ibridano. Come fa notare Civitarese (2013), il sogno collega, integrandoli, corporeità e psichismo. Pensate di poter riprodurre in seduta, con dovizia di particolari, la fenomenologia del sonno notturno: quale immenso potere integrativo-trasformativo garantiremmo al paziente? Penso che l’immaginazione guidata si avvicini a questo obiettivo. In particolare, nella Terapia Metacognitiva Interpersonale (TMI; Dimaggio et al., 2019), il terapeuta si assicura che il paziente, durante l’esercizio di immaginazione guidata, si senta al sicuro, e si avvale di alcune tecniche – attentive (ad esempio, la mindfulness) e corporee (ad esempio, il grounding) – per la regolazione della emozioni – qualora troppo intense –, che, inevitabilmente, emergono dalla rievocazione di ricordi traumatici e problematici. Durante una seduta di immaginazione guidata ben riuscita – lo affermo con una certa dose di azzardo – si sognano sogni non sognati (Ogden, 2001, 2005) – o sognati in maniera deficitaria: si alfabetizzano – nel senso di trasformare in elementi alfa – gli elementi beta, e, nell’eventuale rescripting, si sognano insieme – paziente e terapeuta – finali alternativi, che restituiscano al paziente un certo grado di controllo sui propri stati mentali.

Allo stesso modo, gli analisti che si ispirano a Bion per il loro lavoro clinico, operano delle trasformazioni in sogno – unitamente a un talking-as-dreaming – della conversazione psicoanalitica, finalizzate a “de-costruire il racconto del paziente individuandone gli organizzatori narrativi” e ad armonizzare i “narremi”, le sequenze narrative (Ibidem; Ferro, 2010, 2013, p. 170). Questo modo di operare permette, alla coppia analitica, di pensare/narrare meglio alcuni pensieri; allo stesso tempo facilita l’emersione di nuovi pensieri e narrazioni, preparando il campo per interventi più assertivi, come le interpretazioni (Ibidem).

L’integrazione in psicoterapia, dalla psicoanalisi alla terapia cognitivo comportamentale

I concetti di “organizzatori narrativi” e “narremi”, mi richiamano alla mente – una rêverie? (Bion, 1992; Ferro, 2013) – quello di schema, in riferimento alla TMI e, più in generale, alla psicoterapia di orientamento cognitivo-comportamentale (Dimaggio et al., 2019). Nello specifico della TMI, l’individuazione degli schemi interpersonali – automatismi e credenze, su di sé e sugli altri, “che il corpo ha registrato nell’arco dello sviluppo e della crescita e che si riattivano a fronte di condizioni specifiche” (Ibidem, p. 107) –, parte proprio da un’attenta analisi dei racconti del paziente. È azzardato dire che i “derivati narrativi”, costrutto proprio di un modello onirico della mente (Ferro, 2013, cap. 4), siano schemi ricorrenti nella narrazione del paziente (Dimaggio et al., 2019), da riportare alla loro matrice onirica (Ferro, 2013, cap. 4)? 

Alcune considerazioni finali. Personalmente, individuo nel collegamento al corporeo, all’affettivo, nel rendere “inconscio ciò che è troppo conscio” (Ferro, 2017, p. 124, cit. in Craparo, 2018, p. 99), il tratto comune di queste ed altre psicoterapie. In questo senso, la guarigione potrebbe essere descritta, in maniera sintetica, come la (ri)sintonizzazione fra mente e corpo. Tuttavia, l’attenzione prestata agli aspetti somatici è diversa a seconda degli orientamenti. Nel caso della TMI, e di altre terapie di stampo cognitivo-comportamentale, come ad esempio la terapia sensomotoria (Ogden & Fisher, 2015), l’attenzione al corpo risulta amplificata rispetto agli approcci psicodinamici. Eppure, alcuni psicoanalisti hanno assegnato al corpo un’importanza centrale (ad esempio, Lowen, 1978). Il ruolo del corpo deve essere, di nuovo, posto al centro della pratica psicoterapica, compresa la sua declinazione psicoanalitica: è necessario se si vuole tentare di comprendere, nella sua interezza, la complessità umana. Se il sogno è l’intermezzo fra mente e corpo, non è possibile occuparsi solo della prima, relegando il secondo a una posizione marginale. Il lavoro parallelo mente-corpo risulta particolarmente importante per i terapeuti che lavorano con pazienti traumatizzati: nel corpo, infatti, si sedimentano spesso le memorie traumatiche (Levine, 2015; Liotti & Farina, 2011). Comunque, il rinnovato interesse di alcuni psicoanalisti per trauma e dissociazione (Albasi, 2006; Bromberg, 1998, 2006, 2011) fa ben sperare. Penso che la psicoanalisi abbia ancora molto da dare e che, come ho cercato di mostrare in questo articolo, ad essa è possibile ricondurre anche alcune intuizioni contemporanee. Nella TMI, come in altre terapie non psicodinamiche, l’influsso della psicoanalisi è evidente. Mi domando: dato che l’obiettivo, comune ad ogni terapia, è la cura del paziente, e dato che, giustamente, terapeuti di formazione non psicoanalitica si sono sentiti legittimati ad utilizzare pratiche e concetti di stampo psicoanalitico qualora lo ritenessero utile, perché gli psicoanalisti non dovrebbero fare lo stesso? Ad esempio, integrando, nel lavoro clinico quotidiano, alcune tecniche corporee o la mindfulness? Se risultano utili – almeno per alcuni pazienti, con determinate caratteristiche – perché no? Il trattamento basato sulla mentalizzazione (MBT; Bateman & Fonagy, 2013) pur essendo un trattamento psicoanaliticamente orientato, integra certamente aspetti propri del cognitivismo. Nella TMI, il grounding viene utilizzato, pur essendo tipico dell’analisi bioenergetica di Lowen (1978). O ancora: la possibilità di integrare l’attivazione comportamentale nella psicoterapia focalizzata sul transfert (TFP; Yeomans et al., 2017), la cui essenza è psicodinamica. Ecco esempi di fruttuosa integrazione, compiuti da terapeuti illuminati. Ma ancora troppo pochi. Non barrichiamoci nei nostri castelli di vetro, ma teniamoci aperti al nuovo, al diverso, se si dimostra utile. In un verso, e nell’altro: non smettiamo mai di sognare. 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Albasi, C. (2006). Attaccamenti traumatici: I modelli operativi interni dissociati, UTET.
  • Bader, M. (2002). Eccitazione. La logica segreta delle fantasie sessuali, trad. it. Raffello Cortina, 2018. 
  • Bateman, A., & Fonagy, P. (2013). Mentalization-Based Treatment. Psychoanalytic inquiry33(6), 595–613. 
  • Bion, W.R. (1992). Cogitations. Pensieri (a cura di F. Bion), trad. it. Armando, 1996. 
  • Bowlby, J. (1969). Attaccamento e perdita, Vol. 1: Attaccamento alla madre, trad. it. Bollati Boringhieri, 1972.
  • Bromberg, P.M. (1998). Clinica del trauma e della dissociazione. Standing in the space, trad. it. Raffaello Cortina, 2007.
  • Bromberg, P.M. (2006). Destare il sognatore. Percorsi clinici, trad. it. Raffello Cortina, 2009. 
  • Bromberg, P.M. (2011). L’ombra dello tsunami. La crescita della mente relazionale, trad. it. Raffaello Cortina, 2012.
  • Civitarese, G. (2013). Il sogno necessario. Nuove teorie e tecniche dell’interpretazione in psicoanalisi, Franco Angeli.
  • Craparo, G. (2018). Inconscio non rimosso. Riflessioni per una nuova prassi clinica, Franco Angeli. 
  • Dimaggio, G., Ottavi, P., Popolo, R., & Salvatore, G. (2019). Corpo, immaginazione e cambiamento. Terapia metacognitiva interpersonale, Raffaello Cortina. 
  • Ferro, A. (2010). Tormenti di anime. Passioni, sintomi, sogni, Raffello Cortina. 
  • Ferro, A. (2013), a cura di. Psicoanalisi oggi, Carrocci editore. 
  • Fonagy, P., Luyten, P., Allison, E., & Campbell, C. (2017). What we have changed our minds about: Part 2. Borderline personality disorder, epistemic trust and the developmental significance of social communication. Borderline Personality Disorder and Emotion Dysregulation, 4, 9.
  • Gazzillo F. (2016). Fidarsi dei pazienti, Introduzione alla Control-Mastery Theory, Raffaello Cortina
  • Grotstein, J.S. (2007). Un raggio di intensa oscurità. L’eredità di Wilfred Bion, trad. it. Raffaello Cortina, 2010.
  • Ierardi, E., Bottini, M., Preti, E., Di Pierro, R., Madeddu, F., & Riva Crugnola, C. (2023). Attachment styles, mental health, and trauma during the first wave of COVID-19 pandemic in an Italian adult population. Research in psychotherapy (Milano)26(3), 689.
  • Levine, P.A. (2015). Trauma e memoria: Una guida pratica per capire ed elaborare i ricordi traumatici, trad. it. Astrolabio, 2018.
  • Lingiardi, V. (2023). L’ombelico del sogno. Un viaggio onirico, Einaudi. 
  • Liotti, G. & Farina, B. (2011). Sviluppi traumatici. Eziopatogenesi, clinica e terapia della dimensione dissociativa. Raffaello Cortina
  • Lowen, A. (1978). Il linguaggio del corpo, trad. it. Feltrinelli, 2003. 
  • Ogden, P. & Fisher, J. (2015). Psicoterapia sensomotoria. Interventi per il trauma e l’attaccamento, trad. it. Raffaello Cortina, 2016. 
  • Ogden, T.H. (2001). Conversazioni al confine del sogno, trad. it. Astrolabio, 2003. 
  • Ogden, T.H. (2005). L’arte della psicoanalisi, trad. it. Raffello Cortina, 2008. 
  • Porges, S.W. (2011). La teoria polivagale. Fondamenti neurofisiologici delle emozioni, dell’attaccamento, della comunicazione e dell’autoregolazione, trad. it. Giovanni Fioriti, 2014. 
  • Santoro, G., Midolo, L.R., Costanzo, A., & Schimmenti, A. (2021). The vulnerability of insecure minds: The mediating role of mentalization in the relationship between attachment styles and psychopathology. Bulletin of the Menninger Clinic, 85(4), 358–384.
  • SpiWeb. (2009). Il lavoro del sogno.
  • Yeomans, F. E., Delaney, J. C., & Levy, K. N. (2017). Behavioral activation in TFP: The role of the treatment contract in transference-focused psychotherapy. Psychotherapy (Chicago, Ill.)54(3), 260–266.
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