Nella clinica l’ imagery comprende una fenomenologia vasta costituita da immagini letterali e metaforiche, ricordi intrusivi ed autobiografici, allucinazioni, sogni, sogni ad occhi aperti ed incubi, esperiti in ogni modalità sensoriale (Hackmann et al,2014).
Con l’ imagery si manifesta un canale diverso da quello verbale/semantico e si manifesta una connessione privilegiata con le emozioni.
L’implicazione terapeutica si manifesta sia a livello di assessment che di cura. Si identificano infatti immagini mentali disturbanti dotate di emozioni e significati associati per poi mirare ad una loro modifica ed elaborazione. Si presuppone infatti che elaborando l’immagine disturbante migliori la psicopatologia associata.
Caratteristiche dell’ imagery
L’ imagery possiede vari aspetti che la caratterizzano:
- può essere evocata da stimoli ambientali e presentarsi con varie modalità non solo visive,
- ha una parvenza di realtà al punto che viene definita simil-esperenziale e può giungere ad agiti comportamentali apparendo in alcune situazioni angosciante e reale. Influisce sul comportamento in modo significativo portando per esempio ad evitare gli stimoli che possono generarla. Tentativi di controllarla possono essere il rimuginio, la ruminazione o la messa in atto di comportamenti di protezione,
- può essere accompagnata da emozioni intense e da credenze ritenute perfettamente valide,
- può essere positiva o negativa,
- si auto-genera cioè l’immagine viene recuperata spontaneamente e involontariamente contrariamente a situazioni in cui l’immagine può essere creata o recuperata volontariamente,
- è caratterizzata da valutazioni metacognitive cioè da significati e credenze controproducenti su di essa,
- può presentarsi con qualunque modalità sensoriale (Visiva, uditiva, gustativa, tattile, olfattiva, somatica). Nella clinica ciò si differenzia soprattutto in base al tipo di disturbo all’interno del quale si manifesta. Generalmente domina quella di tipo visivo. Nel PTSD spesso i pazienti insieme all’immagine visiva riportano anche sensazioni quali il dolore (Rothschild, 2000).
- Ha un fondamentale impatto sulle emozioni, per questo motivo risultano utili trattamenti psicologici che utilizzano le tecniche immaginative. Alcuni studi si focalizzano proprio sul voler dimostrare l’impatto dell’ imagery sulle emozioni mettendola a confronto con l’elaborazione verbale ed il ruolo nelle emozioni. Questo viene studiato per esempio da Holmes e Mathews (2006) i quali in una situazione sperimentale invitano alcuni partecipanti ad immaginare un determinato evento negativo descritto ed altri a pensare solo al significato verbale di quanto descritto: sarà il primo gruppo a presentare una reazione emotiva di paura più intensa dopo essersi immaginato la scena. Vari sono gli studi volti a dimostrare ciò, ai quali stanno seguendo studi volti ad elaborare teorie del perché questo canale risulti preferenziale dal punto di vista emotivo. Studi di brain imaging per esempio, evidenziano come l’ imagery coinvolga molte delle stesse regioni neurali utilizzate dalla percezione. Hanno quindi sviluppato la teoria dell’equivalenza funzionale secondo la quale visualizzare mentalmente un oggetto produce le stesse reazioni che vederlo realmente (Kosslyn et al, 2001).
Applicazioni cliniche dell’imagery
Negli ultimi anni si è scoperta la pervasività dell’ imagery nei vari ambiti dell’esperienza clinica e si è anche osservato che le domande giuste permettono di scoprirne il ruolo ed il significato in vari disturbi.
L’ imagery assume forme diverse a seconda del disturbo:
Nel PTSD per esempio, l’ imagery più comune è quella di tipo visivo, è vivida ed angosciante, focalizzata sul rivivere piccole sensazioni o eventi che hanno preceduto l’evento traumatico portando quindi la convinzione che questo segnali ciò che sta per accadere e può giungere al flashback dissociativo (Ehlers et al, 2002),
Studi si sono focalizzati sull’approfondire il fatto che nei disturbi d’ansia e nella depressione non si manifesti imagery positiva. Proprio per questo la terapia assume tagli differenti a seconda che si focalizzi sull’eccesso delle immagini intrusive o sulla carenza di imagery positiva e adattiva come in questi disturbi.
Nel disturbo ossessivo-compulsivo l’ imagery intrusiva comporta maggiori rituali ed evitamenti e un più alto grado di disagio connesso ai pensieri ossessivi. Le ossessioni si presentano sotto forma di immagine (Speckens et al, 2007).
Nelle pazienti affette da Bulimia Nervosa, le immagini legate all’aspetto fisico sono più vivide e disturbanti rispetto ad un gruppo di controllo che segue una dieta (Somerville et al, 2007).
Nella Fobia Sociale i temi tipici delle immagini ricorrenti e dei ricordi ad essi associati sono l’umiliazione, la sopraffazione, la critica o il rifiuto che sono stati subiti negli anni dell’adolescenza.
Per quanto riguarda il craving e l’abuso di sostanze invece si manifestano immagini spontanee della sostanza desiderata e di come ci si sentirebbe assumendola (May et al, 2004)
Intervento con tecniche immaginative
L’ imagery è uno degli ambiti più innovativi della terapia cognitiva, tuttavia l’idea che l’immaginario ed il suo simbolismo, potessero essere strumento di analisi e di cura per i disturbi psichici è nota fin dall’antichità.
In terapia cognitiva, già Beck ne rimarcò l’importanza sottolineando come immagini, fantasie, ricordi e sogni sono il mezzo principale per accedere ai significati che diamo all’esperienza (Beck, 1971). Tuttavia è solo negli ultimi anni che si stanno sviluppando studi per comprenderne il processo e l’utilità. Il XXI secolo si caratterizza per una maggior trasmissibilità delle conoscenze a riguardo, con il tentativo di porre ordine a differenti tecniche inserite in modo disomogeneo all’interno dei protocolli. La ricerca evidence-based aumenta e favorisce quindi la verifica della validità delle tecniche immaginative, mostrando però allo stesso tempo controversie e giudizi differenti dal punto di vista della validità scientifica.
Oggi, le tecniche immaginative sono impiegate nella maggior parte degli orientamenti di psicoterapia attualmente più diffusi: in ambito cognitivo-comportamentale, ad esempio, la REBT, l’ACT, la Schema Therapy, la Desensibilizzazione sistematica e le tecniche di esposizione in generale. Anche nella Gestalt le tecniche immaginative hanno un ruolo molto importante, così come nella Musicoterapia Immaginativa e in altre correnti psicoterapeutiche. Ovviamente, basandosi su presupposti teorici differenti, esse sono utilizzate in modo diverso e di conseguenza diverse sono le applicazioni tecniche.
L’utilizzo dell’ imagery ha un ruolo chiave nell’aiutare i pazienti nel condividere le proprie percezioni interne, si lavora infatti con la produzione immaginaria del soggetto. Essa può essere applicata a livelli differenti: fondamentale risulta infatti considerarla come uno strumento di indagine ma anche come uno strumento di cura e distinguere fra un lavoro sull’immagine riproduttrice da uno sull’immagine creatrice.
Come già riportato, l’idea di affrontare i problemi del paziente tenendo conto non solo dell’aspetto cognitivo e comportamentale, ma dando importanza al lavoro a livello della visualizzazione mentale è presente anche all’interno delle scuole cognitivo-comportamentali. Kirchlechner riporta che
nel trattamento cognitivo-comportamentale le tecniche immaginative aprono la possibilità di confutare valutazioni disfunzionali peri e post-traumatiche e facilitare così l’integrazione dell’evento traumatico nella memoria autobiografica (Kirchlechner et Al).
L’ imagery viene infatti applicata all’interno di svariati settori e per differenti disturbi ma, fra i disturbi, gioca un ruolo chiave per il PTSD. Studi dimostrano infatti che ci sono tecniche immaginative integrabili coi trattamenti CBT per il paziente PTSD. Si punta su due obiettivi: facilitare con l’aiuto del lavoro immaginativo una integrazione della memoria traumatica in una visione più funzionale; recuperare tramite la costruzione di immagini di rielaborazione e di superamento della situazione traumatica, una interpretazione più funzionale dell’evento e delle sue conseguenze. (Boos, 2005). Queste tecniche hanno rilevanza perché attivano quel canale visivo, che è contaminato dalle intrusioni (Boos, 2004).
In generale una terapia efficace mira a una diminuzione della frequenza e della vividezza dell’ imagery intrusiva. Scopo dell’intervento è agevolare l’elaborazione emozionale e trasformare in modo costruttivo le emozioni disturbanti. L’intervento dovrebbe quindi portare ad una riduzione del numero di intrusioni delle immagini ed allo stesso tempo a diminuire l’evitamento o i comportamenti di protezione messi in atto.