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Le tecnologie digitali a supporto della salute mentale – Psicologia digitale

Sfide, limiti e opportunità delle prestazioni nell’ambito della salute mentale erogate attraverso tecnologie digitali

Di Chiara Cilardo

Pubblicato il 03 Nov. 2023

Aggiornato il 15 Feb. 2024 11:11

Tecnologia e salute mentale

PSICOLOGIA DIGITALE – (Nr. 44) Le tecnologie digitali a supporto della salute mentale

Gli interventi digitali per la salute mentale raggiungono un gran numero di persone e limitano le barriere all’accesso dei servizi. Sfide future saranno implementazione e diffusione su larga scala di interventi misti.

Come sancito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) la salute mentale è un diritto umano universale. Ogni 10 Ottobre ricorre il World Mental Health Day, la giornata mondiale della salute mentale, che ha lo scopo di ricordare e sottolineare come abbia un impatto decisivo sul benessere generale, fisico, relazionale; ed è importante ricordarlo ogni anno perché, ancora oggi, una persona su otto a livello globale vive in condizioni di salute mentale insoddisfacenti (OMS, 2023). Anche grazie a iniziative come questa c’è un crescente interesse su come la salute mentale possa essere promossa e garantita.

Affrontare disturbi mentali più o meno gravi richiede la presenza di un sistema di assistenza sanitaria adeguato e capillare, che abbia risorse economiche e personale sufficiente e preparato; ma non solo: altri fattori, come ad esempio stigmatizzazione, limitazioni economiche, geografiche o temporali, possono impedire l’accesso ai servizi. Nonostante sia disponibile una vasta gamma di trattamenti, per troppe persone è ancora difficile essere prese in carico.

Gli interventi digitali per la salute mentale possono essere una soluzione: erogati in formato digitale e in gran parte da remoto, sono un mezzo in più per avvicinare i pazienti alle terapie (Lattie et al., 2022).

Gli interventi digitali per la salute mentale

Tutte le prestazioni nell’ambito della salute mentale erogate attraverso tecnologie digitali rientrano negli interventi digitali per la salute mentale (digital mental health interventions, DMHIs); quando forniti grazie e attraverso Internet, come per esempio i colloqui online, vengono detti appunto interventi basati su Internet (Internet-based interventions, IBIs) o eHealth; se invece avvengono grazie a dispositivi mobile, come nel caso delle app, vengono più precisamente definiti mHealth. Alcuni sono completamente automatizzati e indipendenti dal supporto umano (interventi autoguidati o non guidati di auto-aiuto); altri sono accompagnati dalla supervisione del clinico (interventi guidati); altri ancora possono essere misti, combinano cioè lavoro col terapeuta e automazione.

L’ampia offerta di soluzioni tecnologiche per il trattamento della salute mentale permette di seguire i pazienti lungo tutte le fasi dell’assistenza psicologica: dalla promozione di comportamenti salutari a prevenzione, educazione, valutazione, trattamento. L’approccio che per ora riporta maggiori evidenze è quello cognitivo comportamentale (Internet-Based Cognitive Behavioral Therapy, iCBT) che è anche quello  maggiormente utilizzato negli interventi digitali (Baños et al., 2022).

Realtà virtuale e aumentata

La realtà virtuale (virtual reality, VR) può essere definita come un insieme di tecnologie che consentono agli utenti di interagire in tempo reale in un ambiente artificiale tridimensionale (3-D); la realtà aumentata (augmented reality, AR) combina mondo reale con elementi virtuali permettendo l’interazione con l’ambiente attraverso una o più modalità sensoriali. In breve, la realtà virtuale sostituisce completamente l’ambiente reale con uno simulato, mentre la realtà aumentata altera la percezione di un ambiente reale. realtà virtuale e realtà aumentata sono impiegate soprattutto nel trattamento di fobie, training cognitivo, disturbi alimentari e regolazione emotiva (Baños et al., 2022).

Si tratta di tecnologie particolarmente efficaci perché il paziente può sperimentare situazioni o stimoli temuti supervisionato dal clinico; può esplorare pensieri, emozioni, comportamenti e mettersi alla prova in un ambiente controllato e sicuro.

Intelligenza artificiale

Attraverso tecnologie basate sull’intelligenza artificiale è possibile identificare modelli specifici all’interno di set di grandi moli di dati: questo consente di rilevare o precorrere la comparsa di problemi psicologici in modo obiettivo e affidabile. Per esempio grazie alla fenotipizzazione digitale (digital phenotyping), ovvero la “quantificazione momento per momento del fenotipo umano a livello individuale in situ utilizzando dati provenienti da dispositivi digitali personali” si possono fare previsioni accurate ed effettuare terapie altamente personalizzate (Torous et al., 2016). Vengono raccolte informazioni granulari attive se è l’utente che deve inserirle nel sistema o passive se vengono raccolte automaticamente, come accade per i dati rilevati dai dispositivi indossabili; l’integrazione di tutte queste informazioni crea un fenotipo unico e molto particolareggiato che dà al clinico una visione completa dello stato del paziente (Gillett et al., 2021).

Un altro esempio di tecnologie su cui la ricerca sta investendo molte risorse sono i chatbot o agenti conversazionali. Queste app sono strumenti conversazionali basati sull’intelligenza artificiale creati per assistere psicologi, psicoterapeuti e altri operatori sanitari nel migliorare il benessere dei pazienti; sono progettati e testati per lavorare su aree molto specifiche, principalmente nelle aree dei disturbi dell’umore e dell’ansia (Baños et al., 2022).

Sfide, limiti e opportunità

Quando vengono introdotte nuove tecnologie e metodologie all’interno di pratiche consolidate c’è da aspettarsi una fase di assestamento e di incertezza. Sicuramente, nonostante le potenzialità degli interventi digitali, sono presenti delle aree di miglioramento e degli ostacoli che ne minano l’adozione. Primo fra tutti l’adesione al trattamento: fare in modo che i pazienti non abbandonino le cure è la prima sfida; si stima che la percentuale di drop-out negli interventi digitali sia tra il 20 ed il 50% (Torous et al., 2020). La compliance del paziente dipende da molti fattori, tra cui contesto di vita, tipo di patologia, età, familiarità con le tecnologie; a questo si aggiungono eventuali timori sulla mancanza di sicurezza in termini di privacy e anonimato, in parte giustificati dalla mancanza di un quadro etico di riferimento e normative ad hoc (Gan et al., 2022). Infine, la ricerca ha dedicato finora poca attenzione agli adattamenti culturali e allo studio dell’efficacia in popolazioni a basso reddito. C’è poi da considerare che per gli operatori sanitari dovrebbero esserci dei percorsi formativi specifici che li facciano sentire a proprio agio nell’utilizzare queste tecnologie nella pratica clinica.

Gli interventi digitali rimangono strumenti promettenti nel fornire servizi più accessibili, fare prevenzione, arrivare a diagnosi basate sui dati, attuare programmi di sostegno personalizzati e fornire supporto continuo (Lattie et al., 2022).

Le sfide future saranno legate all’implementazione di modelli ibridi, di trattamenti in cui le soluzioni digitali saranno uno degli strumenti disponibili nella cassetta degli attrezzi del clinico.

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