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Il trauma di essere in una relazione tossica con un narcisista manipolatore… o forse è solo ADHD

Da quando il linguaggio psicologico è diventato mainstream la psicopatologia è ovunque: narcisismo, relazioni tossiche, traumi. È davvero così?

Di Valentina Davi

Pubblicato il 20 Ott. 2023

Aggiornato il 24 Ott. 2023 12:08

I danni causati dal linguaggio psicologico divenuto mainstream

Ogni volta che la parola trauma viene utilizzata a sproposito, nel mondo un bravo psicologo muore. E non perché non sia abbastanza resiliente da tollerare l’abuso di questa parola o perché sia un insopportabile precisino ossessivo-compulsivo, tantomeno perché è un narcisista che si crede l’unico detentore del sapere psicologico. No, ogni giorno un bravo psicologo muore – e dopo questa introduzione anche io non mi sento molto bene – perché assiste all’impoverimento e allo svuotamento di senso dello strumento principe della sua professione: la parola.

Ah, anche psicologo! 

Da quando il linguaggio psicologico è diventato mainstream, complici anche i social, è tutto un proliferare di adulti disorganizzati e ritardatari convinti di soffrire di ADHD, persone che confessano in lacrime di avere la sindrome dell’impostore e vittime di gaslighting, invischiate in relazioni tossiche con narcisisti manipolatori di cui non riescono a liberarsi a causa di una dipendenza affettiva che, se mai un giorno verrà spezzata, lascerà un trauma indelebile che potranno superare solo con l’aiuto dell’EMDR. Non se ne può più. 

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Se questo è un trauma

Che cos’è un trauma? Un trauma è una risposta emotiva a un evento terribile che porta alla morte o che minaccia l’integrità fisica propria o delle persone care.

Oggi, con sprezzo del ridicolo, distinguiamo tra traumi con la T maiuscola (vedersi puntare una pistola in faccia, essere vittima di un grave incidente d’auto, subire uno stupro…) e traumi con la t minuscola (catcalling, conflitti interpersonali, infedeltà, umiliazioni…), tra traumi psico-fisici e traumi relazionali. 

A questo punto qualsiasi evento che sia anche solo minimamente disturbante o qualsiasi rapporto che abbia aspetti disfunzionali può essere definito traumatico. Facendo di tutta l’erba un trauma, i terapeuti EMDR ringraziano: il loro bacino d’utenza si è allargato, che di PTSD non ce ne sono poi così tanti in giro. 

Sarebbe invece più opportuno distinguere tra ciò che è realmente traumatico (così sconvolgente, scioccante e orribile da travolgerci e lasciarci impotenti) e ciò che è “semplicemente” molto spiacevole, stressante, doloroso. Perché se tutto può essere trauma, allora niente è trauma.

La tossicità del termine tossico

Relazione tossica, persona tossica, amore tossico… Tutto ormai è tossico, pericoloso, letale. Una relazione non è più tossica solo quando è caratterizzata da violenza, abuso, maltrattamenti o molestie; ora è sufficiente che non ci si senta supportati o che ci si senta costantemente tristi, arrabbiati o stressati all’interno del rapporto oppure criticati o bersaglio di sarcasmo (in pratica il 90% delle relazioni agli sgoccioli) per patologizzare la persona con cui stiamo e definirla tossica. 

Quanto devi essere narcisista per pensare di stare con un narcisista?

Il narcisista ha un senso grandioso d’importanza, vuole essere costantemente ammirato, ha l’irragionevole aspettativa di essere trattato in maniera speciale perché pensa di essere unico, si circonda di persone che ritiene siano alla sua altezza e si comporta in maniera arrogante e presuntuosa. Dietro a questa facciata di grandiosità, però, si nasconde una grande vulnerabilità, dietro l’auto-esaltazione una profonda solitudine.

Nel linguaggio comune, invece, si definisce narcisista qualsiasi persona che si comporta in maniera egoista, che mette i propri bisogni davanti a quelli altrui o che è semplicemente uno s*****o.

Chi è il responsabile di questo scempio linguistico?

(Psico)influencer, riviste di scienze psicologiche acchiappacuoricini, professionisti della salute mentale e servizi di terapia per i quali l’attuale era del vittimismo è la nuova corsa all’oro hanno contribuito a sdoganare il linguaggio psicologico e a snaturarlo; ora tutto è patologia, per di più grave: grandi frustrazioni sono diventate traumi, partner poco attenti sono etichettati come narcisisti, relazioni tese sono definite tossiche, la difficoltà a chiudere un rapporto è sintomo di dipendenza affettiva.

Trauma, manipolazione e dipendenza affettiva. Perché piace tanto il “therapy-speak”

Superata “l’era del narcisismo”, siamo di fronte a un istrionismo dilagante: bene o male, basta che si parli di me. L’urgenza di essere al centro dell’attenzione tipica del nostro tempo e il bisogno di veder riconosciuto il proprio star male in un mondo che, finalmente, ha abbattuto il tabù della sofferenza psico-emotiva e il pregiudizio che solo i matti vanno dallo psicologo, ha reso necessario alzare l’asticella per distinguersi dalla massa di ansiosi e depressi (boring!). 

Piace vincere facile: la potenza di parole come trauma, manipolazione, dipendenza non lascia margine di discussione, ma solo sprezzante condanna verso chi ne è la causa e doverosa compassione verso chi ne è vittima.

Le parole sono importanti!

Tra professionisti l’uso rigoroso dei termini, il cui significato è condiviso, è necessario per agevolare la comunicazione e la comprensione. Tuttavia al di fuori del contesto clinico il linguaggio psicologico perde la sua funzione perché appiattisce la comunicazione e incasella in un’etichetta l’unicità di ciascun individuo. 

Inoltre il suo uso indiscriminato rischia di sminuire chi realmente sta affrontando gravi condizioni patologiche, come gli effetti di una relazione abusante o di un trauma.   

La lingua italiana dispone di oltre due milioni di parole, una ricchezza di vocabolario tale da permetterci di esprimerne le infinite sfumature delle nostre emozioni ed esperienze. Usiamole! Alleniamoci a descrivere come ci sentiamo, le situazioni in cui ci troviamo, le relazioni che viviamo con il maggior numero di parole possibili, così da poter davvero comprendere ed elaborare il nostro vissuto per stare meglio.

All’inizio sarà difficile, forse frustrante, ma, ve lo assicuro, non traumatico.

 


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Valentina Davi
Valentina Davi

Coordinatrice di redazione di State of Mind

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