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La salute mentale dei migranti all’interno dei CPR

A seguito di una recente inchiesta sulla quantità di psicofarmaci acquistati dai CPR, ci chiediamo: qual è lo stato di salute dei migranti nei CPR? L’utilizzo di psicofarmaci può essere giustificato?

Di Valentina Davi

Pubblicato il 20 Apr. 2023

Aggiornato il 10 Nov. 2023 11:00

Nei Centri di Permanenza per il Rimpatrio le persone ristrette vengono “tenute buone” tramite un uso dei medicinali arbitrario, eccessivo e non focalizzato sulla presa in carico.”

L’inchiesta pubblicata da Altraeconomia ad aprile Rinchiusi e sedati: l’abuso quotidiano di psicofarmaci nei CPR italiani dei giornalisti Luca Rondi e Lorenzo Figoni restituisce un’immagine dei Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) che rimanda alle condizioni dei vecchi manicomi in cui per tenere buoni i pazienti si abusava di antipsicotici, antidepressivi e ansiolitici, le cosiddette ‘camicie di forza chimiche’.

Secondo gli autori la quantità di psicofarmaci acquistati dai CPR è spropositata e se giustificata, significa che tratteniamo in queste strutture persone che si trovano in uno stato psichico tale da essere incompatibile con il soggiorno nei CPR.

Analizziamo quindi cosa sappiamo sullo stato di salute dei migranti rinchiusi nei CPR per capire se l’utilizzo di psicofarmaci sia giustificato o meno.

Prima, però, qualche informazione in più su chi sono le persone trattenute nei CPR.

Cosa significa essere uno straniero in Italia

Con il termine ‘straniero’ la legge italiana indica chi non è cittadino di uno Stato membro dell’Unione Europea, quindi il cittadino extracomunitario.

Gli stranieri che si trovano in Italia senza visto o permesso di soggiorno validi vengono considerati irregolari. Il nostro Stato prevede delle misure volte sia a prevenire l’ingresso irregolare degli stranieri, sia a impedire la loro presenza irregolare sul territorio italiano: sono i provvedimenti di espulsione e respingimento. Se uno straniero irregolare viene intercettato alla frontiera viene respinto, altrimenti, se è già su territorio italiano, viene espulso.

Stranieri irregolari: chi sono e quanti sono

Si stima che attualmente in Italia ci siano poco più di 500.000 stranieri irregolari 

Migranti trattenuti nei CPR e psicofarmaci abuso o scelta giustificata - IMM1

 

Si tratta di persone a cui è scaduto il permesso di soggiorno oppure sbarcate sulle coste italiane o che hanno aggirato i controlli di frontiera, molti dei quali richiedenti asilo, altri, i cosiddetti migranti in transito, sono profughi intenzionati a raggiungere altri Paesi dell’Unione Europea e che per questo hanno fatto perdere le loro tracce.

Espellere gli stranieri irregolari: cosa sono i Centri di Permanenza e Rimpatrio (CPR)

I Centri di permanenza e rimpatrio, prima denominati Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE) e prima ancora Centri di Permanenza Temporanea (CPT), sono delle strutture nate per ospitare gli stranieri colpiti da un provvedimento di espulsione che non può essere eseguito immediatamente perché:

  • lo straniero deve prima essere soccorso;
  • sono necessari ulteriori accertamenti per stabilire la sua identità o nazionalità;
  • lo straniero deve reperire il proprio documento di viaggio (es. passaporto);
  • non è disponibile un mezzo di trasporto idoneo per rimpatriarlo.

I Centri sono gestiti da società private che hanno vinto un appalto bandito dal Ministero dell’Interno.

Al momento sono 10 i CPR attivi sul territorio italiano:

  • Bari;
  • Brindisi;
  • Caltanissetta;
  • Gradisca d’Isonzo (GO);
  • Macomer (NU);
  • Milano;
  • Palazzo San Gervasio (PZ);
  • Roma;
  • Torino;
  • Trapani.

Chi è trattenuto in un CPR può rimanervi solo per il tempo strettamente necessario a superare gli impedimenti che non ne permettono l’immediata espulsione; massimo 90 giorni, prorogabili a 120 in casi eccezionali.

Se entro questo lasso di tempo non si è riusciti a eliminare gli ostacoli che ne impediscono l’espulsione e a rimpatriarlo, lo straniero viene rilasciato e ha cinque giorni di tempo per abbandonare l’Italia, se non vuole incorrere in sanzioni penali che prevedono la reclusione.

Chi sono gli stranieri trattenuti nei CPR

Esistono diversi motivi per cui uno straniero può essere colpito da un provvedimento di espulsione ed essere portato in un CPR:

Espulsione amministrativa

Viene disposta dal Ministero:

  1. per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, se lo straniero è ritenuto pericoloso;

Viene disposta dal Prefetto:

  1. se lo straniero è clandestino, cioè è entrato nel territorio italiano irregolarmente eludendo i controlli alla frontiera;
  2. se lo straniero è irregolare, cioè privo di permesso di soggiorno valido.

Espulsione giuridica

A seguito di un procedimento penale, uno straniero può essere espulso dall’Autorità Giudiziaria:

  1. per motivi di sicurezza, perché è stato condannato per uno dei delitti per i quali è previsto l’arresto obbligatorio o facoltativo in flagranza e ritenuto socialmente pericoloso;
  2. come misura alternativa alla detenzione in casi di soggiorno irregolare oppure se sta espiando una condanna definitiva per reati non gravissimi oppure se sta scontando gli ultimi due anni della pena;
  3. come sanzione sostitutiva alla detenzione, se ha commesso un reato non colposo, punito con detenzione inferiore a due anni o per il reato di ingresso e soggiorno illegale;
  4. come sanzione sostitutiva a una pena pecuniaria.

Le persone che vengono trattenute nei CPR sono per lo più clandestini o irregolari (es. migranti sbarcati illegalmente o soccorsi in mare) e in percentuale minore soggetti ritenuti socialmente pericolosi o che hanno commesso reati non gravi. Questi ultimi sono infatti una minoranza, come si evince dai dati dei rimpatri relativi all’anno 2021 (sebbene i dati si riferiscano solo ai rimpatriati, che sono poco meno del 50% delle persone trattenute nei CPR).

Migranti trattenuti nei CPR e psicofarmaci abuso o scelta giustificata - IMM3

Lo stato di salute degli stranieri irregolari

Il tema della salute degli stranieri irregolari mostra un quadro fortemente condizionato da fattori che si intrecciano tra loro come per esempio l’effetto migrante sano (cioè è più facile che decida di emigrare chi è in migliori condizioni di salute) e l’effetto migrante esausto. Quest’ultimo interessa particolarmente gli immigrati irregolari che si trovano in situazioni di precarietà, di svantaggio sociale ed economico, con scarsissime possibilità di integrazione, una relazione problematica con i servizi sanitari (nonostante sia previsto il sistema STP che consente l’accesso anonimo alle cure ambulatoriali e ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative per malattia ed infortunio), scarsa compliance ai trattamenti di lunga durata; tutti fattori di rischio per lo sviluppo di disagi psicologici e psichiatrici.

Migranti economici

Alle considerazioni sopra elencate si aggiunge, per i migranti economici irregolari, il rischio di sviluppo di traumi legati al lavoro nero, dove le condizioni lavorative implicano totale assenza di tutela e sfruttamento.

Profughi

Le persone che sbarcano in Italia presentano – ma ciò non stupisce – un’alta incidenza di problemi psichici dovuti alle violenze che hanno subito sia in patria sia durante il viaggio, in particolare Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD).

Come affermato da Baglio e colleghi (2017), “Nel contesto delle migrazioni la salute degli irregolari si presenta maggiormente vulnerabile per il sommarsi degli effetti delle condizioni di partenza e di viaggio e per la marginalità in cui molti di loro si trovano a vivere nel Paese ospite.”

Lo stato di salute mentale nei CPR

I disturbi psichiatrici più diffusi

A fronte di quanto sopra descritto è verosimile che le persone trattenute nei CPR abbiamo un’alta probabilità di soffrire di ansia, PTSD, depressione, dipendenza da sostanze o più in generale di disagio psichico.

Autolesionismo e rischio suicidario

I fattori individuali, ambientali e situazionali che possono influenzare il rischio che uno straniero irregolare trattenuto in un CPR commetta atti di autolesionismo o si suicidi sono diversi. Per esempio:

  • la consapevolezza che il proprio progetto di migrazione, e quindi di cambio vita, è fallito
  • lo stress determinato dalla vita detentiva
  • lo stress determinato dalla carenza di informazioni
  • l’impatto che la vita detentiva può avere su eventuali traumi pregressi legati a violenze o torture subite prima della partenza o durante il viaggio
  • l’astinenza da sostanze in caso di tossicodipendenza
  • la difficoltà ad accedere a un’assistenza psichiatrica adeguata
  • l’isolamento all’interno della struttura e l’assenza di contatti con l’esterno
  • vulnerabilità psicologiche personali

Aggressività

Le condizioni in cui versano le persone trattenute nei Centri contribuiscono inoltre a esacerbare le problematiche psicologiche e psichiatriche. Per esempio, la totale assenza di attività (es. ricreative o sportive) e quindi lo stato di inerzia forzata a cui le persone trattenute sono costrette, determina un aumento di malessere e aggressività che spesso sfocia in sfoghi violenti all’interno delle strutture.

Chi si prende cura della salute mentale degli stranieri nei CPR

Quando una persona è destinata a un CPR, è necessario verificare che non soffra di patologie che siano incompatibili con il suo ingresso o la sua permanenza nel Centro; per esempio, malattie infettive o contagiose, disturbi psichiatrici oppure patologie acute o cronico degenerative che necessitano di cure idonee non erogabili all’interno della struttura.

Già in passato il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale (organismo statale indipendente che monitora i luoghi di privazione della libertà) ha segnalato quanto sia “deficitaria, nonostante le rassicurazioni in merito, l’adeguata presa in carico delle persone affette da disagio mentale” all’interno dei CPR, inclusa l’assenza di interventi di prevenzione del rischio suicidario. Ma chi dovrebbe occuparsene?

La valutazione di idoneità all’ingresso in un CPR

All’interno dei CPR è previsto un presidio medico coperto da professionisti sanitari contrattualizzati dalla società che gestisce la struttura.

Tuttavia per legge (articolo 3 del Regolamento unico dei Cie) la visita medica per stabilire l’idoneità all’ingresso e alla permanenza nel Centro deve essere affidata alla sanità pubblica ed essere effettuata da un medico della Asl o dell’Azienda ospedaliera. Spetta alle Prefetture stipulare Protocolli di intesa con le Aziende sanitarie locali.

Il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale ha però evidenziato come nel corso del 2019 e del 2020 questa fondamentale verifica di garanzia sia spesso stata parzialmente disattesa: la valutazione all’idoneità era infatti spesso demandata al personale medico contrattualizzato dal gestore del Centro che si limitava a controllare l’assenza di malattie infettive e a un rapido esame obiettivo.

Nei casi in cui sia stata attivata la collaborazione con il Servizio Sanitario per accertamenti e visite specialistiche, se non è prevista una corsia preferenziale per i migranti trattenuti (vedi, per esempio, CPR di San gervasio, come segnalato dal report di ASGIAssociazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione), si ha una dilatazione dei tempi di attesa per la valutazione di idoneità.

Ad oggi la situazione non sembra cambiata.

La valutazione di idoneità alla permanenza in un CPR

I medici della struttura hanno il compito di monitorare lo stato di salute dei trattenuti per cogliere l’eventuale insorgenza di sintomi di disagio mentale; in tal caso il paziente dovrebbe essere indirizzato verso visite specialistiche e a una nuova valutazione di idoneità alla permanenza nel centro da parte della Asl o Azienda ospedaliera del territorio.

Prevenzione del rischio suicidario

Nonostante i casi di suicidio e di autolesionismo che si sono verificati nei CPR, a oggi non sono previsti protocolli o interventi di prevenzione del suicidio.

Personale inadeguato

Il numero di professionisti sanitari che presta servizio presso i CPR (stabilito da tabella di dotazione minima del capitolato d’appalto) spesso è inferiore rispetto al numero di pazienti che devono essere gestiti. In alcuni casi si fa affidamento a gruppi di medici volontari grazie ad accordi con gli Ordini di provincia (es. CPR Torino), ma appare evidente come non sia sufficiente tentare di sopperire a una assistenza medica così critica tramite il volontariato.

Per di più, segnala il Garante, il personale non ha competenze specifiche in materia di medicina delle migrazioni e non segue specifici percorsi di formazione (per es. sulla prevenzione del rischio suicidario).

Ne consegue che l’assistenza fornita è fortemente inadeguata.

L’acquisto di psicofarmaci da parte dei CPR

L’inchiesta di Altraeconomia sostiene un massiccio uso di psicofarmaci all’interno dei CPR, in particolare di:

Benzodiazepine

Le benzodiazepine sono farmaci utilizzati per ridurre l’ansia e i suoi sintomi fisiologici poiché hanno proprietà ansiolitiche, sedative, anticonvulsivanti e miorilassanti (es. Bromazepam, Diazepam, Clonazepam).

Tra le benzodiazepine acquistate nei CPR  si segnalano, per esempio, Tavor, Valium, Tranquirit, ma soprattutto Rivotril. Colpisce che quest’ultimo sia il più acquistato, considerando che è indicato come prima scelta per il trattamento di stati di epilessia e che come ansiolitico è ormai stato superato da altri farmaci che hanno minor rischio di sviluppare dipendenza.

Antidepressivi

Gli antidepressivi SSRI sono farmaci utilizzati sia per il trattamento della depressione sia per il trattamento dell’ansia a lungo termine (es. Sertralina, Paroxetina, Fluoxetina).

Nei CPR si segnala in particolare l’acquisto di Zoloft (Sertralina).

Antipsicotici

Gli antipsicotici o neurolettici sono farmaci utilizzati nel trattamento di schizofrenia, disturbi psicotici, disturbo bipolare.

Altraeconomia segnala l’acquisto da parte dei CPR di Quetiapina (utilizzata per il trattamento di schizofrenia e disturbo bipolare), Olanzapina (schizofrenia) o Depakin (epilessia e disturbo bipolare).

L’acquisto di narcotici da parte dei CPR

L’inchiesta evidenzia inoltre un acquisto significativo di Metadone, un narcotico utilizzato per gestire le crisi di astinenza e ridurre l’assuefazione nella terapia sostitutiva della dipendenza da droghe oppiacee.

Rinchiusi e sedati per essere tenuti buoni?

La tipologia di psicofarmaci acquistati risulta in linea con i disturbi di cui verosimilmente soffrono gli immigrati irregolari sbarcati sulle coste italiane o che hanno vissuto in stato di clandestinità, anche alla luce dell’effetto migrante esausto citato in precedenza; in particolare ansia, depressione e dipendenza da sostanze.

Appare però evidente come l’inefficienza burocratica, il personale inadeguato per numero e per formazione e l’assenza di una valutazione psichiatrica che accerti l’eventuale presenza di disturbi determinano l’ingresso e la permanenza nei CPR di persone che soffrono di disagio mentale che la struttura non è in grado di gestire.

Dai dati in nostro possesso emerge un quadro in cui i CPR non hanno gli strumenti adatti per far fronte al complesso tema della salute mentale dei migranti irregolari (es. supporto medico specializzato, programmi di recupero per tossicodipendenti, assistenza psicologica adeguata, protocolli per la prevenzione del rischio suicidario, accesso a servizi esterni pubblici), se non l’utilizzo di procedure di isolamento e l’uso di psicofarmaci.

La speranza è che l’attuale attenzione mediatica sui CPR, data l’intenzione del Governo di aprirne, spinga a un ripensamento sulla loro organizzazione e a una maggiore attenzione alla salute delle persone trattenute, come sancito dalla nostra Costituzione che tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo, regolare o irregolare che sia.

 

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Valentina Davi
Valentina Davi

Coordinatrice di redazione di State of Mind

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