Uno studio pubblicato recentemente (Henkelmann et al., 2020) ha condotto una revisione sistematica ed una meta-analisi riguardante la prevalenza di disturbi d’ansia, disturbi depressivi e disturbo da stress disturbo post-traumatico in campione di rifugiati adulti, bambini ed adolescenti.
La salute dei rifugiati
La maggior parte dei rifugiati, obbligati a lasciare il loro paese per via di violenze, persecuzioni o guerre, sono esposti a stress ed eventi traumatici che avvengono sia nel loro luogo di origine, sia durante il viaggio verso aree sicure (Schick et al., 2016). Durante il reinserimento, inoltre, devono spesso affrontare il peso della solitudine, della disoccupazione e dell’incertezza riguardo al futuro e alle procedure di accoglienza. Tutti questi fattori possono contribuire all’insorgenza di svariati disturbi mentali (Burnett, 2001; Porter & Haslam, 2005).
Dai vari studi (per esempio, Morina et al., 2018) riguardanti lo stato di salute dei rifugiati, è emersa una grande difficoltà nello stimare la prevalenza di psicopatologie in questa popolazione; infatti, le revisioni mostrano una variazione molto ampia, che può andare dal 3% all’88% per il disturbo da stress post-traumatico (PTSD) e dal 5% all’80% per la depressione. Questi dati sono stati confermati da una revisione condotta nel 2018 (Morina et al., 2018) che ha rilevato grandi differenze non solo riguardo ai tassi di prevalenza dei disturbi dell’umore, ma anche per i disturbi da dipendenza da alcol e per i sintomi psicotici, concludendo che questi risultati, così diversi fra loro, siano causati da una mancanza di studi in merito.
Informazioni accurate ed aggiornate sulla salute mentale dei rifugiati sarebbero necessarie per una valutazione più precisa dei loro bisogni e dei rischi, in modo da sviluppare politiche di salute pubblica più mirate per l’accoglienza e la prevenzione (Henkelmann et al., 2020).
Ansia, depressione e PTSD tra i rifugiati
Uno studio pubblicato recentemente (Henkelmann et al., 2020) ha condotto una revisione sistematica ed una meta-analisi riguardante la prevalenza di disturbi auto-riferiti e diagnosticati in campione di rifugiati adulti, bambini ed adolescenti, reinseriti nei Paesi ad alto reddito. In particolare, sono stati valutati i disturbi d’ansia, i disturbi depressivi ed il disturbo da stress disturbo post-traumatico.
Lo studio, analizzando in totale 66 articoli, stima che 1 rifugiato su 3 presenta una diagnosi di depressione e di disturbo da stress post traumatico, mentre la presenza di disturbi di ansia è stata stimata essere di 1-2 rifugiati ogni 10. Questi dati suggeriscono sofferenza mentale frequente che potrebbe ostacolare il funzionamento degli individui e conseguentemente le loro capacità adattive (UNHCR, 2019; Edlund et al., 2018).
Nonostante le percentuali riportate siano simili a quelle di altre popolazioni con vissuti di traumi e con associazioni significative di disturbo da stress post-traumatico, depressione e disturbi di ansia (Dorahy et al., 2016; Spinhoven et al., 2010), la prevalenza di disturbi tra i rifugiati è risultata essere maggiore. Questo sembrerebbe suggerire che i fattori post-immigrazione, come viaggi pericolosi, procedure lunghe di asilo, separazione familiare, disoccupazione e discriminazione, in aggiunta ai fattori di pre-immigrazione, come l’esposizione a guerre, torture, o persecuzioni, incidono ulteriormente sulla gravità e sulla prevalenza dei disturbi mentali (Kartal et al., 2019; Li et al., 2016; Siriwardhana et al., 2014).
I dati riguardanti i bambini e gli adolescenti si sono dimostrati simili a quelli degli adulti, tuttavia gli studi a riguardo sono molto pochi, solo 5 articoli riguardanti l’ansia e 7 riguardanti il disturbo da stress post-traumatico, pertanto non possono essere considerati sufficienti per fornire una stima di prevalenza attendibile (Henkelmann et al., 2020).
Come intervenire
Visto che non è possibile agire sui fattori pre-immigrazione, per poter attuare strategie di prevenzione mirate ad aiutare i rifugiati che hanno bisogno di cure, è fondamentale individuare i fattori post-immigrazione che influiscono sull’insorgenza di disturbi mentali (Giacco & Priebe, 2018). Per questo, nello studio (Henkelmann et al., 2020) sono state indagate le differenze tra i rifugiati e l’unico aspetto che è stato osservato come rilevante riguarda il disturbo da stress post-traumatico, più frequente tra gli adolescenti che negli adulti. Questo dato conferma uno studio precedente (Fazel et al., 2005), tuttavia sono pochi gli studi a riguardo.
Purtroppo, i pochi studi sulla tematica non permettono di fornire ulteriori dati riguardanti la significatività di età, genere, differenti traumi ed eventi di vita stressanti o caratteristiche personologiche; sarebbero necessarie ulteriori ricerche per maggiori confronti.
Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (UNHCR, 2019; OCHA, 2017) ha dichiarato l’importanza di considerare i disturbi mentali dei rifugiati, al fine di poter sviluppare politiche efficaci. I dati dello studio (Henkelmann et al., 2020) hanno mostrato che la vulnerabilità ai disturbi mentali permane anche dopo anni nel nuovo stato. Questi dati dovrebbero sottolineare l’importanza di condurre nuove ricerche sulla prevenzione e sull’intervento in una popolazione così ad alto rischio di insorgenza di sofferenza mentale.