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Fattori di stress e adattamento dei migranti

I fattori di stress sperimentati dai migranti forzati includono fattori materiali e interpersonali con effetti su salute mentale e funzionamento familiare

Di Catia Lo Russo

Pubblicato il 30 Apr. 2021

Negli ultimi due decenni si è verificata la più grande migrazione forzata di popolazioni colpite da conflitti civili. La natura traumatica di questi eventi fa nascere un enorme bisogno di fornire salute mentale e supporto psicosociale ai migranti forzati colpiti dai conflitti (Fazel et al., 2012).

 

Ricerche precedenti, infatti, hanno riscontrato, fra essi, un’elevata frequenza di disturbi mentali, tra cui ansia, depressione e disturbo da stress post-traumatico (PTSD) (Morina et al., 2018), oltre ad aver scoperto che il disagio psicologico tra i rifugiati migranti forzati è ampiamente spiegato dalle esposizioni a fattori di stress che si verificano lungo il processo migratorio (Zimmerman et al., 2011). Le caratteristiche demografiche pre-migrazione come l’età più avanzata, il sesso femminile, il livello di istruzione più alto e lo status socioeconomico più elevato non sono coerentemente associati al disagio psicologico (Bogic et al., 2015), al contrario delle esperienze post-migrazione, le quali sono state sempre più studiate: la vita quotidiana dopo l’esposizione al conflitto e la migrazione è spesso afflitta da richieste che minano la salute quanto o più dell’esposizione al trauma stesso (Chen et al., 2017).

Secondo il Daily Stressor Model (Miller e Rasmussen, 2014), vi è una categoria che coinvolge fattori di stress sociali e materiali presenti quotidianamente, come la povertà, l’isolamento sociale e quartieri poveri o non sicuri, e un’altra categoria che è costituita da fattori di stress potenzialmente traumatici che si verificano in modo ricorrente, ma non necessariamente nel quotidiano, come conflitti armati, violenza sessuale e morte di persone care. Questo modello presuppone che la precedente esposizione al trauma contribuisca a un maggior numero di esperienze negative nella vita quotidiana (cioè, maggiori fattori di stress quotidiani), che, a loro volta, predicono una salute mentale peggiore durante o dopo i conflitti (Miller e Rasmussen, 2014). Il modello ecologico sociale ha suggerito che il disagio psicologico dei rifugiati dipende dai fattori di stress in corso e dalla precedente esposizione al trauma (Miller e Rasmussen, 2017). I fattori di stress legati allo spostamento sono un sottoinsieme di fattori di stress quotidiani che hanno origine sia dai conflitti armati che dalla migrazione forzata. I fattori di stress combinati, sia materiali (ad esempio, la povertà, la perdita di beni) che interpersonali (ad esempio, il conflitto e la violenza in famiglia, la perdita di reti di supporto sociale), contribuiscono a peggiorare la salute mentale e il funzionamento della famiglia. Secondo la teoria Drive to Thrive (DTT) il trauma contribuisce a una minore regolarità delle routine quotidiane, che, a sua volta, predice una salute mentale più scadente. Il DTT distingue due tipi di routine quotidiane: (1) primarie, ovvero riferite a comportamenti necessari per la sopravvivenza, come l’igiene, il sonno, l’alimentazione e la manutenzione della casa; (2) secondarie, riferite a comportamenti opzionali che dipendono dalla motivazione e dalle preferenze, come l’esercizio fisico, il tempo libero, le attività sociali e l’occupazione o il coinvolgimento nel lavoro (Hou et al., 2019). In condizioni di privazione immediata come i contesti di post-migrazione o i disastri, una ridotta regolarità delle routine primarie piuttosto che secondarie potrebbe avere associazioni più forti con una cattiva salute mentale (Doğan e Kahraman, 2011). Un recente studio meta-analitico è stato condotto per fornire una revisione completa e quantitativa del legame tra le esperienze di vita quotidiana e la cattiva salute mentale, al fine di informare lo sviluppo di screening della salute mentale e l’intervento economicamente vantaggioso per gli individui a rischio dopo la migrazione forzata (Betancourt et al., 2010).

In primo luogo, gli autori hanno rivisto e identificato diversi tipi di esperienze di vita quotidiana post-migrazione sfavorevoli e gli esiti della salute mentale che sono stati studiati in migranti forzati colpiti da conflitti. In secondo luogo, hanno quantificato le associazioni tra esperienze di vita quotidiana e gli esiti più comuni di salute mentale: sintomi d’ansia, sintomi depressivi, sintomi PTSD, distress generale e benessere generale. Infine, hanno testato i potenziali mediatori e moderatori delle associazioni tra esperienze di vita quotidiana e salute mentale, e i loro effetti.

Gli studi sono stati reperiti tramite PsycInfo, PubMed e Web of Science. Sono stati inclusi quelli condotti prima e nel corso dell’anno 2018. I criteri di inclusione sono stati i seguenti: ricerche empiriche che coinvolgevano sia migranti forzati, sia quelle popolazioni colpite da conflitti, che avessero almeno una misura quantitativa, chiaramente definita, per ciascuna delle esperienze di vita quotidiana e degli esiti di salute mentale. Due ricercatori indipendenti (NL e LL) hanno estratto i seguenti dati dagli studi inclusi: disegno di ricerca, metodo di campionamento, età, sesso, tipo di popolazione, misurazione dell’esposizione al trauma, esperienze di vita quotidiana e salute mentale. I dati sulle esperienze della vita quotidiana sono stati categorizzati in: (1) fattori soggettivi di stress quotidiano, misurati a loro volta nella loro valenza emotiva o sentimenti di angoscia associati all’esperienza (Morville et al., 2015); (2) fattori interpersonali di stress quotidiano, a loro volta valutati in termini di interazioni interpersonali associate all’esperienza post-migrazione (Kashyap et al., 2019); (3) fattori materiali di stress quotidiano, riferiti a diversi tipi di difficoltà come ad esempio l’alloggio, il vicinato, le questioni legate all’occupazione e l’accesso ai servizi sociali e di salute mentale (Georgiadou et al., 2018); (4) fattori misti di stress quotidiano, ossia una combinazione degli stressors quotidiani precedentemente elencati (Idemudia et al., 2013). Punteggi più alti indicavano maggiori stressors quotidiani.

Dei 4.616 articoli ottenuti dalla ricerca iniziale, 59 sono stati ritenuti conformi ai criteri di inclusione predefiniti: questi hanno coinvolto 10.680 (60%) rifugiati, 1.755 (10%) richiedenti asilo, 2.054 (12%) rifugiati e richiedenti asilo (campione misto), e 3.274 (18%) immigrati. Complessivamente, le esperienze di vita quotidiana sfavorevoli sono state associate a esiti di salute mentale peggiori. Gli stressor quotidiani misti avevano la più forte associazione con i risultati di salute mentale, seguiti dagli stressor quotidiani interpersonali. I fattori soggettivi di stress quotidiano, definiti come il disagio emotivo percepito associato a diverse esperienze quotidiane, erano positivamente associati all’ansia e ai sintomi del PTSD e al distress generale. I fattori di stress quotidiani interpersonali (per esempio, conflitto, discriminazione, isolamento, mancanza di supporto emotivo) e misti sono stati associati positivamente all’ansia, ai sintomi depressivi e PTSD, e al distress generale. I fattori di stress quotidiani materiali (ad esempio, contesti abitativi/di vicinato, difficoltà di alloggio, problemi legati all’occupazione, accesso ai servizi sociali o di salute mentale) erano associati positivamente ai sintomi del PTSD, allo stress generale e alla compromissione funzionale. I fattori di stress quotidiani misti erano associati positivamente con i sintomi di ansia, i sintomi depressivi, i sintomi del PTSD e il disagio generale. Le analisi dei moderatori hanno rivelato che le dimensioni degli effetti erano più forti per (1) i paesi ospitanti in via di sviluppo rispetto ai paesi ospitanti sviluppati, (2) i fattori di stress misti rispetto ad altri tipi di stressor, (3) stress generale rispetto ai sintomi del PTSD e al benessere generale, e (4) bambini e adolescenti rispetto agli adulti. Inoltre, è emerso che il tipo di esito di salute mentale, il gruppo di età, e il tipo di paesi ospitanti hanno moderato le dimensioni degli effetti tra le esperienze di vita quotidiana e gli esiti di salute mentale. Pertanto, è possibile concludere che le esperienze di vita quotidiana sfavorevoli nei paesi ospitanti potrebbero avere un impatto più forte sulla salute mentale rispetto alla precedente esposizione al trauma tra i migranti forzati. L’analisi di mediazione, invece, ha rivelato che l’associazione positiva tra una precedente esposizione traumatica e una cattiva salute mentale (sintomi e angoscia generale) è stata completamente mediata da fattori di stress quotidiani soggettivi, interpersonali, materiali e dalle routine primarie, e parzialmente mediata dai fattori misti di stress quotidiano; l’associazione positiva tra trauma precedente e successivi sintomi di PTSD era completamente mediata da fattori di stress giornalieri soggettivi; l’associazione positiva tra precedente esposizione traumatica e successivi sintomi di ansia, depressione e PTSD è stata completamente mediata dagli stressor quotidiani interpersonali; le associazioni positive tra trauma precedente e i successivi sintomi di ansia e PTSD erano completamente mediate dalle routine primarie; le associazioni positive tra precedente esposizione traumatica esposizione e la successiva depressione, i sintomi del PTSD e l’angoscia generale erano parzialmente mediate da fattori di stress quotidiani misti.

Questo studio è una delle prime revisioni quantitative complete sull’adattamento dei migranti forzati. Nello specifico, questi risultati suggeriscono da un lato la necessità di valutare l’impatto di diversi tipi di esperienze sfavorevoli della vita quotidiana sulla salute mentale in contesti di post-migrazione, dall’altro di concentrarsi sul mantenimento delle routine quotidiane primarie, tra cui la dieta, il sonno, l’igiene e la manutenzione della casa, per favorire l’adattamento psicologico (Hou et al., 2019). Riassumendo tutti gli studi pertinenti fino alla fine del 2018, gli autori suggeriscono che mentre l’impatto negativo del trauma precedente sulla salute mentale rimane importante, il suo impatto negativo è probabilmente indiretto attraverso il peggioramento di diversi aspetti della vita quotidiana, principalmente l’angoscia soggettiva e le interazioni interpersonali.

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