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Esperienze Avverse dell’Infanzia (ACE) e Pensiero Ripetitivo Negativo (RNT) in età adulta: una revisione sistematica

Una recente review ha indagato la relazione tra esperienze avverse dell’infanzia (ACE) e Pensiero Ripetitivo Negativo (RNT) in età adulta

Di Linda Confalonieri, Francesca Andrei Mitroi

Pubblicato il 06 Feb. 2023

Alcune ricerche hanno ipotizzato e dimostrato che la tendenza al pensiero ripetitivo negativo (RNT) sia più comune e più probabile tra gli adulti che sono stati esposti a esperienze infantili avverse (ACE – Childhood adverse experiences) (Gold & Wegner, 1995; Sarin & Nolen-Hoeksema, 2010; Spasojevic & Alloy, 2002). 

 

Adverse Childhood Experiences – ACE: cosa sono le esperienze avverse dell’infanzia?

Per esperienze avverse dell’infanzia (Adverse Childhood Experiences – ACE) si intendono tutte quelle esperienze traumatiche come abusi sessuali, fisici e/o emotivi, trascuratezza emotiva e fisica, nonché circostanze familiari avverse, quali ad esempio la perdita o la separazione precoce dai caregivers, che si sono verificate durante l’infanzia o l’adolescenza (Bernstein et al., 2003; Faravelli et al., 2014)

Gli individui che sono stati esposti ad esperienze avverse nell’infanzia, comunemente sono vissuti e cresciuti in contesti relazionali emotivamente inadeguati e deficitari al punto che i loro caregivers non sono stati in grado di supportarne adeguatamente lo sviluppo delle competenze e delle abilità di regolazione emotiva; alcuni studi evidenziano inoltre nei soggetti esposti a tali esperienze la maggiore tendenza verso il pensiero ripetitivo negativo (RNT) come strategia disfunzionale per far fronte alle emozioni negative (Linehan, 1993; Saarni, 1999; Sarin & Nolen-Hoeksema, 2010).

Pensiero Ripetitivo Negativo: cos’è?

In letteratura il termine Repetitive Negative Thinking (RNT) o pensiero ripetitivo negativo fa riferimento a a un processo cognitivo caratterizzato da una forma di pensiero ripetitivo, frequente e focalizzato sul sé, che include sia il rimuginio che la ruminazione (Segerstrom, Stanton, Alden, Shortridge, 2003; Ehring, Watkins, 2008; Watkins, 2008).

Il rimugino è definito come una catena di pensieri e immagini incontrollabili (Borkoveck et al., 1983). É un tentativo di problem-solving a livello mentale relativamente a problemi il cui esito è sconosciuto ma include la possibilità che possa essere negativo. Il rimuginio è costituito da una forma di pensiero ripetitivo di tipo verbale e astratto, privo di dettagli e seguito, in molti casi, dalla focalizzazione visiva di immagini relative ai possibili scenari ansiogeni. Il rimuginio è caratterizzato dalla ripetitività del pensiero; i pensieri, che si focalizzano su contenuti catastrofici di eventi che potrebbero manifestarsi in futuro, sono vissuti come incontrollabili e intrusivi.

La ruminazione è definita come pensieri che focalizzano ripetutamente l’attenzione su emozioni e sintomi negativi, sulle loro cause, significati e conseguenze (Nolen-Hoeksema & Morrow, 1991). La ruminazione è quindi un processo cognitivo caratterizzato da uno stile di pensiero disfunzionale e maladattivo che si focalizza principalmente sugli stati emotivi negativi interni e sulle loro conseguenze negative (Martino, Caselli, Ruggiero & Sassaroli, 2013). La ruminazione è una forma circolare di pensiero persistente, passivo, ripetitivo (Nolen-Hoeksema, 1991).

Il pensiero negativo ripetitivo può dar luogo a circoli viziosi di rimuginio e ruminazione aumentando il distress e favorendo l’esordio e il mantenimento di disturbi emotivi  (Repetti et al., 2002; Sarin & Nolen-Hoeksema, 2010; Spasojevic & Alloy, 2002).

Quale relazione tra pensiero ripetitivo negativo e esperienze avverse dell’infanzia

Partendo da tali presupposti, è stato ipotizzato che le forme di pensiero ripetitivo negativo possano rappresentare uno dei possibili meccanismi attraverso cui le esperienze avverse dell’infanzia possono portare a disturbi emotivi e a esiti clinici psicopatologici negativi in età adulta (Baer et al., 2012; Gold & Wegner, 1995; Sarin & Nolen-Hoeksema, 2010).

Lo studio di Mansueto e colleghi (2021) ha voluto approfondire tale tematica con l’obiettivo di effettuare una review sistematica degli studi pubblicati in letteratura che hanno indagato la relazione tra il pensiero ripetitivo negativo e le esperienze avverse in età infantile. 

La review, a seguito di specifici criteri di inclusione, ha incluso 18 studi che si sono occupati di questo tema, andando a includere attraverso PubMed e Ebsco studi scientifici pubblicati in lingua inglese utilizzando come parole chiave “childhood adversity/childhood abuse/childhood neglect/early loss event” AND “worry or rumination”. La review è stata svolta in accordo con il metodo Preferred Reporting Items for Systematic Reviews and Meta-Analyses (PRISMA).

Dai risultati della review è emerso che sia in popolazioni cliniche che in popolazioni non cliniche gli adulti che riferivano una storia di esperienze avverse dell’infanzia presentano modalità di pensiero ripetitivo negativo (rimuginio e ruminazione). In particolare, considerando le diverse forme di repetitive negative thinking, secondo alcuni studi la ruminazione in età adulta appare essere positivamente correlata a una storia infantile di abuso (emotivo, fisico e/o sessuale) e a esperienze di trascuratezza fisica ed emotiva (Conway et al., 2004; Ghazanfari et al., 2018; Sansone et al., 2013; Sarin & Nolen-Hoeksema, 2010; Spasojevi c & Alloy, 2002). Il rimuginio in età adulta presenta correlazioni positive statisticamente significative con esperienze di abuso in età infantile. Questi risultati sono in linea con altre evidenze in letteratura che supportano l’ipotesi che l’esposizione a esperienze infantili avverse possa facilitare il pensiero ripetitivo negativo in età adulta  (Gold & Wegner, 1995; Sarin & Nolen Hoeksema, 2010; Spasojevic & Alloy, 2002).

In uno degli studi inclusi nella review, che ha valutato pazienti con diagnosi di disturbo depressivo maggiore, la ruminazione è stata identificata come fattore di mediazione nella relazione tra esperienze di abuso e trascuratezza in età infantile e sintomi depressivi nell’età adulta (Ghazanfari et al., 2018). Similmente un altro studio su popolazione clinica ha dimostrato che in pazienti con esordio psicotico la ruminazione media la relazione tra esperienze infantili avverse e la recente ideazione suicidaria (Cui et al., 2019).

Considerando campioni non clinici, secondo lo studio di Zielinski e colleghi (2015) la ruminazione media la relazione tra abuso in età infantile e tratti di pesonalità borderline così come secondo altri studi la ruminazione sarebbe un fattore di mediazione nella relazione tra esperienze di abuso in età infantile e depressione in età adulta (O’Mahen et al., 2015; Raes & Hermans, 2008; Spasojevi c & Alloy, 2002). Infine, altri studi hanno identificato che la ruminazione è un fattore che media la relazione tra abuso emotivo infantile e sintomi post-traumatici da stress (Watts et al., 2020).

La review va a stimolare significative implicazioni anche a livello clinico. In primo luogo, appare fondamentale, in casi di individui adulti con storie di esperienze infantili avverse, porre attenzione ai pensieri negativi ripetitivi già a partire dalla raccolta anamnestica. In secondo luogo, in termini di piani terapeutici è necessario lavorare sulla riduzione del pensieri negativi ripetitivi in casi di adulti con che hanno vissuto esperienze avverse nell’infanzia (Watkins, 2008, Wells, 2011). Inoltre, in termini di ricerca, potrebbero essere utili ulteriori studi in futuro per indagare l’efficacia di queste terapie sulla sintomatologia clinica dei soggetti che hanno vissuto esperienze infantili avverse, così come altri studi che possano studiare la relazione tra Adverse Childhood Experiences e il pensiero ripetitivo negativo (RNT). 

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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