L’autostima, a seconda del suo livello alto o basso, influenza l’atteggiamento e il modo in cui un individuo affronta gli eventi di vita stressanti.
L’alta autostima è il risultato di una limitata differenza tra l’immagine che l’individuo ha di sé e l’immagine di ciò che vorrebbe essere. Le persone che si valutano positivamente riconoscono di avere sia pregi che difetti, nutrono fiducia nelle proprie capacità e si impegnano maggiormente per migliorare le proprie debolezze. Possedere un’alta autostima è una risorsa fondamentale, sia per la salute fisica che mentale, poiché consente di sviluppare capacità di regolazione emotiva e capacità di adattamento e di resistenza alle situazioni di forte stress. A tal proposito, essa può essere considerata una strategia di coping, che aiuta a ripristinare le risorse vitali, esaurite dalle situazioni avverse, che mettono a repentaglio il benessere fisico e psicologico dell’individuo (Pyszczynski et al., 2004).
Le persone che si autovalutano negativamente, invece, possiedono una bassa autostima, che può condurre a demotivazione, disimpegno e disinteresse, inficiando gravemente sulle capacità di azione, riuscita e adattamento. Tali individui tendono ad arrendersi facilmente, dopo un fallimento si colpevolizzano per mancanza di capacità e abilità, e sono più vulnerabili ai fattori di stress psicosociali. La combinazione di questi fattori rappresenta un fattore di rischio, conducendo alla possibile comparsa di condizioni invalidanti sia mediche che psicologiche.
Fattori che influenzano l’autostima
L’autostima sembra essere influenzata da due ordini di fattori: uno psicologico e l’altro neuroanatomico, seppur vi sia un numero limitato di studi pubblicati in questo campo.
Fattori psicologici
Da un punto di vista psicologico, gli studi riportano come l’autostima possa essere influenzata, potenziata e supportata promuovendo le life skills (OMS, 1993).
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) le life skills sono tutte quelle abilità e competenze cognitive, emotive e relazionali, necessarie per agire in modo efficace sia sul piano individuale che su quello sociale e relazionale. L’educazione allo sviluppo socio-emozionale è essenziale all’implementazione dell’efficacia personale e collettiva, e quindi allo sviluppo e al mantenimento dell’agio psicosociale (Svenson, 2002), consentendo di vivere una vita produttiva e di qualità, di sviluppare al massimo il proprio potenziale, e di avere a disposizione le risorse sufficienti per affrontare efficacemente situazioni stressanti e fallimentari della vita quotidiana.
Nel documento del 1993, l’OMS identificava un nucleo di dieci competenze:
- Decision making: capacità di prendere le decisioni in diversi momenti e circostanze di vita.
- Problem solving: capacità di risolvere i problemi della vita in modo costruttivo.
- Pensiero creativo: capacità di considerare le opzioni disponibili e le conseguenze che derivano dal prendere una scelta, permette di essere flessibili e di adattarsi alle situazioni di vita quotidiana.
- Pensiero critico: capacità di analizzare le situazioni in maniera costruttiva.
- Comunicazione efficace: capacità di sapersi esprimere attraverso un linguaggio verbale e non verbale, adattandosi alle regole vigenti nella cultura e società di appartenenza.
- Capacità di relazioni interpersonali: capacità di creare rapporti sociali, interagire positivamente con gli altri e di supportarsi a vicenda; rappresenta una fonte di benessere mentale.
- Autoconsapevolezza: capacità di riconoscere i propri punti di forza, le proprie qualità, ma anche punti di debolezza e vulnerabilità.
- Empatia: capacità di supportare e sostenere una persona in momenti avversi della vita, anche in situazioni non familiari.
- Gestione delle emozioni: capacità di riconoscere le emozioni proprie e altrui e di individuarne le cause; permette di adattare il proprio comportamento al contesto al fine di rendere prevedibile quello altrui.
- Gestione dello stress: capacità di riconoscere la fonte dello stress e sviluppare strategie adattive per farvi fronte.
Le politiche socioeducative dovrebbero pertanto realizzare training di prevenzione, d’integrazione e di promozione dell’educazione alle life skills, attraverso cui incrementare il livello di autostima degli individui (Muafi e Gusaptono, 2010) e di conoscenza dell’abilità insegnata (Papacharisis, 2005)
Fattori neuroanatomici
Il contributo delle neuroscienze descrive una correlazione diretta tra autostima e volume di materia grigia di una regione cerebrale, l’ippocampo (Pruessner, 2005). Misurando il volume della materia grigia (GM) dell’ippocampo mediante la morfometria basata sui voxel (VBM) è emerso che, persone con bassa autostima, possiedono un volume ippocampale ridotto (Pruessner et al., 2005; 2010). Il volume ridotto di tale struttura cerebrale è associato a una maggiore vulnerabilità allo stress e a minori capacità di resilienza, e costituisce un fattore di rischio per alcune malattie organiche come il diabete di tipo 2 (Sigal et al., 2006), malattie cardiovascolari (Fletcher, 1996) e malattie respiratorie (Garcia-Aymerich et al., 2006).
Diversamente, persone con alta autostima presentano un volume ippocampale più grande, dotato di più estese connessioni neuronali.
È stato osservato che lo stress cronico attiva l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, rilasciando nel sangue l’ormone cortisolo, che può avere effetti significativi sul cervello: riduce il volume dell’ippocampo, con conseguenze negative sulla memoria episodica e sulla regolazione del tono dell’umore (McEwen et al., 2016).
Nella pratica scientifica, diversi studi hanno dimostrato una correlazione positiva tra lo svolgimento di attività fisica e l’aumento dell’autostima globale. Tra i vari benefici dell’attività sportiva vi sono, oltre all’innalzamento dell’autostima, miglioramenti sul benessere fisico, cognitivo e sociale (Liu et al., 2015). Tali benefici vi sono quando l’attività motoria, intesa come combinazione di esercizi aerobici, di forza e di equilibrio, è svolta in maniera regolare, moderata e costante nel tempo, per almeno 150 min a settimana negli gli adulti, e per almeno 60 min al giorno in bambini e adolescenti (OMS, 2020).
Studi più recenti riportano la presenza di un fattore neurofisiologico, legato all’attività fisica, che potrebbe influenzare il livello di autostima: il BDNF (fattore neurotrofico cerebrale; Anderson & Shivakumar, 2013; Szhuany et al., 2015).
Il BDNF è una proteina che favorisce la nascita di nuovi neuroni e rafforza quelli esistenti, aumenta la plasticità cerebrale, permette di imparare più velocemente, di ricordare meglio, e di godere di eccellenti prestazioni cerebrali. Tale proteina, inoltre, agisce come antidepressivo naturale, contrasta gli effetti negativi dello stress sul cervello, modula sia il tono dell’umore che la qualità del parenting (Verburgh et al., 2013). Il processo di neurogenesi avviene principalmente nell’ippocampo che, quando sottoposto all’influenza del BDNF (Wrann et al., 2013), mostra cambiamenti morfologici nelle connessioni tra le cellule e un aumento di volume (Greenberg et al., 2009; Park & Poo, 2013). Carenze di BDNF a livello dell’ippocampo sembrerebbero essere correlate a una riduzione nel suo volume, a bassi livelli di autostima e a stati depressivi e ansiosi (Kojima et al., 2019).
Il volume della materia grigia di una regione cerebrale sembrerebbe essere malleabile in seguito a un periodo di training sportivo (Draganski et al., 2004), pertanto, valutando con risonanza magnetica funzionale il volume della materia grigia nella regione che correla con l’autostima, è possibile verificare l’efficacia dei trattamenti.
L’attività fisica risulta così essere un fattore protettivo e una risorsa nel garantire il benessere fisico, psicologico, cognitivo e sociale, contribuendo a ridurre la sintomatologia di alcune patologie come, ad esempio, la depressione (Verburgh et al., 2013; Tan et al., 2016).
Vi sono numerose evidenze del fatto che chi conduce una vita attiva ottenga punteggi elevati in test che misurano il tono dell’umore (O’Connor, 2000; O’Neal Chambliss et al., 2000) o il grado di soddisfazione per la propria vita (Speltini, 1991; Steptoe & Butler, 1996; Hassmen, 2000), e bassi punteggi in quelli che misurano ansia e depressione (Raglin et al., 1985; Petruzzello, 1991; Bodin & Martinsen, 2004; Blumenthal at al., 1982).
Sarebbe opportuno incrementare il livello di autostima, anche attraverso un training sportivo, così da ottenere risultati sul benessere fisico, psicologico e relazionale.