Uno studio di Körner e colleghi (2021) ha cercato di studiare possibili aumenti nell’autostima di stato a seguito dell’aver assunto una postura del corpo aperta e espansiva.
Cosa si intende con power pose?
Nel 2012, durante una conferenza TED, la psicologa Amy Cuddy introdusse il concetto di “power posing”, che potremmo tradurre come postura che trasmette forza e sicurezza. Il video riguardo la conferenza da lei tenuta, ad oggi, ha ottenuto più di 50 milioni di visualizzazioni (Cuddy, 2012). Da quel momento, numerosi allenatori e guide hanno sostenuto che alcuni tipi di posture del corpo rendono le persone più sicure di sé. Ma quanto riportato ha una reale base scientifica?
Il concetto di “power posing” è stato utilizzato per la prima volta nel 2010 e comprendeva posizioni corporee espansive come stare in piedi con il petto in fuori e le mani sui fianchi. Al contrario, le posture a bassa potenza sono state definite come tutte quelle posture in cui il corpo è floscio e contratto (Carney et al. 2010).
Alcuni studi in letteratura riportano risultati interessanti a riguardo: Carney e colleghi (2010), ad esempio, hanno riportato aumenti di testosterone, diminuzioni del cortisolo e maggiore tolleranza al rischio negli individui che assumevano una power pose e un pattern ormonale opposto dopo una postura a bassa potenza. I risultati ottenuti, però, non sono stati replicati. Altri ricercatori hanno dimostrato cambiamenti nella percezione: Lee e Schnall (2014) hanno riferito che, dopo aver assunto una power pose, le persone giudicavano dei pesi da sollevare meno pesanti, al contrario di quando assumevano posture a bassa potenza.
Vacharkulksemsuk e colleghi (2016) hanno riscontrato un’associazione positiva tra l’assunzione di una power posing e il fascino romantico; posture espansive erano anche associate alla probabilità di essere assunti in un colloquio di lavoro simulato (Cuddy et al. 2015).
Altri studi hanno osservato che una power pose aumenta l’esperienza di emozioni positive e riduce l’esperienza di emozioni negative (ad es. Nair et al. 2014). Welker et al. (2013) hanno sostenuto che una power pose è collegata a una maggiore autostima, ma non sono stati in grado di trovare prove empiriche a sostegno di questa affermazione. Carney e colleghi (2015) hanno discusso gli effetti delle posture espansive rispetto a quelle più contratte, sostenendo che le posture espansive aumentano l’autostima.
Nonostante tutti questi risultati riportati, finora non ci sono prove che una power pose aumenti l’autostima o che una postura di potere basso riduca l’autostima in situazioni standard senza induzione di stress.
Qual è la relazione tra postura e autostima?
Per colmare questa mancanza, uno studio di Körner e colleghi (2021) ha cercato di studiare possibili aumenti nell’autostima di stato a seguito di posture del corpo aperte ed espansive. Gli autori hanno ipotizzato inoltre che l’assunzione di posture chiuse e contratte portasse ad una diminuzione dell’autostima di stato percepita.
I loro risultati hanno riportato una maggiore autostima di stato negli studenti che avevano assunto posture ad alta potenza rispetto agli studenti del gruppo di controllo o del gruppo che ha assunto posture a bassa potenza. L’aumento dell’autostima di stato si è verificato anche in un ambiente ecologico (ovvero nel mondo reale, e non solo sperimentale), permettendo ai ricercatori di giungere alla conclusione che gli effetti della power pose, probabilmente, non sono limitati al solo ambiente di laboratorio.
Per quanto riguarda invece le posture a bassa potenza, gli autori non hanno riscontrato nessun effetto tra l’assunzione di queste e l’autostima, nonostante ci si aspettasse una diminuzione del valore personale percepito. Questo risultato potrebbe essere dovuto al fatto che una postura neutra potrebbe essere vista come simile alla postura a bassa potenza per i partecipanti, così da rendere confusa la differenza tra le due. Un’ulteriore spiegazione per questo risultato potrebbe essere che i partecipanti che assumevano posture a bassa potenza si sforzavano in maniera attiva di non sentirsi impotenti, evitando quindi cali nell’autostima proprio perché il mantenimento dell’autostima e il miglioramento di sé sono forti motivazioni umane (Sedikides & Strube 1995). Quindi nei partecipanti che si impegnano in posture a basso potere, che possono essere implicitamente associate a una perdita di autostima, può attivarsi il desiderio di proteggere l’autostima.
Rispetto allo studio di Carney e colleghi (2010), per analizzare i cambiamenti nell’autostima, i partecipanti dello studio di Körner hanno trascorso il doppio del tempo nelle posture a basso e alto potere. La quantità ottimale di tempo che dovrebbe essere speso in una postura del corpo per ottenere degli effetti non è ancora chiara; gli studi presenti hanno utilizzato diverse posture del corpo, un diverso numero di posture e diversi lassi di tempo.
Conclusioni
In conclusione, i meccanismi sottostanti alla relazione esistente tra una power pose e autostima non sono ancora chiari e dovrebbero essere oggetto di ricerche future. È stato riportato che una power pose aumenta a sua volta i sentimenti di sicurezza (Gronau et al. 2017), ed è stato dimostrato che il senso di sicurezza innesca il sistema di attivazione comportamentale (Keltner et al. 2003), che a sua volta è collegato a un aumento dell’orientamento all’azione e delle emozioni positive. Una spiegazione dell’aumento dell’autostima può derivare dall’ipotesi dello stress power buffer (Carney et al. 2013), che propone che avere sicurezza porti a una ridotta risposta allo stress e a una ridotta coscienza di sé. Allo stesso modo, le power pose migliorano la gestione dello stress (Nair et al. 2014). Un’altra possibile spiegazione per l’effetto della posa ad alta potenza proviene dalla teoria dell’auto-percezione (Bem, 1967), che postula che le persone sviluppano atteggiamenti auto-diretti osservando il proprio comportamento. Una persona in una power pose elevata può dedurre di essere sicura di sé se assume una postura del corpo espansiva e aperta.
Il potenziale di un tale intervento in termini di riparazione dell’autostima potrebbe essere ulteriormente testato in studi futuri e potrebbe essere una via interessante nelle applicazioni psicologiche cliniche.