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Strategie d’intervento nel gioco di azzardo patologico (GDA)

Caratteristica centrale e ricorrente dei Gioco d'Azzardo Patologico è la distorsione cognitiva di un’erronea percezione del concetto di casualità

Di Esmeralda Greco

Pubblicato il 24 Mar. 2022

Aggiornato il 25 Mar. 2022 12:46

Nell’ambito del Gioco d’Azzardo Patologico occorre che il terapeuta ed il giocatore costruiscano una relazione basata su aspetti di compliance al trattamento più che di controllo del sintomo in senso stretto.

 

La psicoterapia ha luogo là dove si sovrappongono due aree di gioco, quella del paziente e quella del terapeuta. La psicoterapia ha a che fare con due persone che giocano insieme (D. Winnicott).

Il Gioco d’Azzardo Patologico

Quando si inizia a progettare un intervento terapeutico per un giocatore d’azzardo patologico le variabili da tenere in considerazione sono molteplici. Bisogna valutare a quale tipologia di giocatore il paziente appartiene, in secondo luogo saper scegliere gli strumenti terapeutici efficaci ed efficienti in termini di evidence based health, fare riferimento all’esperienza clinica e, last but not least, valutare l’alleanza terapeutica che si è instaurata con la persona che si ha di fronte. Ogni paziente, pur “facendo parte” di qualche classificazione nosologica, possiede una sua individualità, una storia e un’infinità di mondi interni che lo rendono unico ed irripetibile e che, inevitabilmente, determinano il fatto che ogni trattamento terapeutico non possa essere la replica di nessun altro. Un trattamento efficace per risultare efficiente deve essere ad approccio multifattoriale; cioè che sappia integrare i diversi saperi (la medicina, la psicologia, la pedagogia e le scienze sociali), i diversi approcci teorici (cognitivo-comportamentale, psicoanalitico, sistemico-relazionale o gruppale), i differenti setting di intervento (ambulatoriale, residenziale), inoltre, accanto ai più tradizionali strumenti terapeutici (psicoterapia individuale e famigliare, gruppi terapeutici, gruppi di auto-mutuo aiuto per pazienti e famigliari, presa in carico sociale, accompagnamento educativo) è necessario sviluppare strumenti “innovativi” per rispondere alle specificità cliniche del Gioco d’Azzardo Patologico (DGA). La fase iniziale di presa in carico rappresenta un importante momento di valutazione ed autodiagnosi che il paziente (e la famiglia, laddove questa rappresenti una risorsa utile e coinvolgibile) fa del proprio comportamento disfunzionale. Si tratta ovviamente di strumenti Self Report poiché una delle principali differenze con la clinica dei disturbi da uso di sostanze è che nel caso del Gioco d’Azzardo Patologico non è ovviamente possibile marcare biologicamente il comportamento. Si tratta di strumenti di auto-osservazione che vengono in parte gestiti dal paziente per quanto concerne la rendicontazione del giocato, attraverso la compilazione del diario giornaliero, ed in parte possono invece essere compilati dai familiari, attraverso il controllo scrupoloso del conto corrente e di tutti gli strumenti bancari di gestione del denaro. Tali procedure consentono di fare diagnosi e di mettere in sicurezza il paziente e la sua famiglia, riducendo al minimo il rischio di ulteriori perdite di denaro. Nell’ambito del Gioco d’Azzardo Patologico non è possibile garantire un controllo completo del sintomo, né avere conferme “oggettive” del raggiungimento di una condizione di remissione completa poiché, anche laddove si attivino ulteriori misure di messa in sicurezza dei pazienti (ad esempio all’apertura di un’Amministrazione di Sostegno), ciò non impedisce in alcun modo al giocatore di richiedere ed ottenere prestiti presso Istituti di credito, finanziarie o, ancor più grave, a usurai. Occorre quindi che il terapeuta ed il giocatore costruiscano una relazione basata su aspetti di compliance al trattamento più che di controllo del sintomo in senso stretto; gli strumenti di gestione del denaro vanno orientati anzitutto ad obiettivi di riduzione del danno, in secondo luogo al raggiungimento della remissione (completa o parziale) e, in ultimo, alla prevenzione delle recidive. La definizione degli “ingredienti terapeutici”, della modalità e intensità con cui proporli al paziente, dipende anche dalla “scelta” di un modello di classificazione del giocatore che possa guidare il terapeuta nel delineare protocolli di intervento adatti alle caratteristiche dei diversi soggetti. Si utilizzano di solito o quella di Blaszczynski e Nower (2000) o la suddivisione in action seeking gamblers (giocatori d’azione) ed escape seeking gamblers (giocatori per fuga) di Lesieur (1977). La preferenza degli obiettivi dipende anche dal livello motivazionale del paziente, quest’ultimo valutabile attraverso il modello transteorico degli stadi del cambiamento di Prochaska e Di Clemente (1982):

  • La precontemplazione, il paziente non ha ancora preso in considerazione l’idea di cambiare, non lo vuole o non se ne sente capace.
  • La contemplazione, la persona ammette di essere preoccupata e prende in considerazione la possibilità del cambiamento, vi è ambivalenza ed incertezza.
  • La determinazione, in questa fase la persona sta progettando di mettere in atto un cambiamento nel futuro prossimo, considera che cosa fare in concreto.
  • L’azione, l’utente effettivamente inizia a procedere verso il cambiamento, ancora non si trova in una condizione di stabilità.
  • Il mantenimento, il paziente in questa fase raggiunge l’obiettivo iniziale della remissione e opera per mantenere le acquisizioni raggiunte.

In base alla valutazione motivazionale sarà possibile modulare gli interventi, orientandoli, ad esempio, all’esplorazione delle possibili conseguenze del perpetuare il comportamento di gioco patologico versus l’interromperlo; ad es. utilizzando lo strumento della “bilancia motivazionale”; oppure, qualora il paziente si trovi in una fase di determinazione/azione, ci si potrà focalizzare  sui triggers, o ancora, in fase di mantenimento, l’intervento potrà essere regolato verso la prevenzione della ricaduta.

La MET è una tecnica che viene usata nelle fasi iniziali della terapia cognitivo-comportamentale per affrontare la resistenza e l’ambivalenza e rafforzare la motivazione al cambiamento, concordando con il paziente gli obiettivi da raggiungere. Consta di quattro sessioni pianificate e individualizzate. Le prime due sono basate su quanto emerso in fase di assessment, sui progetti del paziente e sul suo livello di motivazione al cambiamento. Le ultime due sono utilizzate dal terapeuta per rafforzare i progressi e per fornire una prospettiva realistica sul processo di cambiamento. Altra risorsa d’intervento è l’utilizzo del gruppo, esso rappresenta nella tradizione clinica delle dipendenze patologiche, un prezioso strumento terapeutico: favorisce potenti meccanismi trasformativi attraverso la nascita di legami identificativi, lo sviluppo di relazioni transferali fra pari e la creazione di una cultura comune: esso è un’esperienza evolutiva per i suoi membri. Yalom individua nel gruppo alcune caratteristiche: Universalità, Informazioni, Infusione della speranza, Cambiamento del copione familiare, Altruismo, Sviluppo di tecniche di socializzazione, Comportamento imitativo, Apprendimento interpersonale, Coesione del gruppo, Catarsi. Il gruppo diviene anche luogo in cui suggellare l’alleanza terapeutica con il Servizio, con evidenti ricadute positive in termini di efficacia dell’intervento. La terapia cognitivo-comportamentale si basa essenzialmente sull’assunto secondo cui molti disturbi psichici sono dovuti alle particolari e complesse relazioni esistenti tra pensieri, emozioni e comportamenti.

Distorsioni e schemi cognitivi nel Gioco d’Azzardo Patologico (GDA)

Secondo questo modello non è la situazione che fa sentire bene o a disagio un individuo (cioè che provoca una determinata emozione), ma ciò che egli pensa dell’evento stesso (il significato che ha quell’evento per quella persona, come lo interpreta). Il significato attribuito ad un evento e i pensieri legati a questo che spesso sopraggiungono in modo automatico, sono influenzati però da convinzioni più profonde relative al funzionamento del mondo e al rapporto dell’individuo con esso. In altre parole, i pensieri (automatici e irrazionali), relativi ad un evento o ad una situazione, sono influenzati dagli “schemi cognitivi”, stili di pensiero con cui ci si rappresenta la realtà. Secondo l’approccio cognitivo-comportamentale, la caratteristica centrale e ricorrente dei giocatori con Gioco d’Azzardo Patologico è rappresentata dalle distorsioni cognitive riguardanti il gioco d’azzardo, in particolare da un’erronea percezione del concetto di casualità. Si può infatti osservare come nella maggior parte dei giocatori con Gioco d’Azzardo Patologico siano presenti delle convinzioni erronee soprattutto riguardo alle possibilità di vincita o di perdita. Molti giocatori, ad esempio, credono di poter controllare le loro vincite o di poter prevedere gli esiti del gioco. Non è infrequente riscontrare tra di essi idee come quella che perdere molto aumenta le probabilità di vincite future o che vincere molto indica la possibilità di altre vincite future.

Questo insieme di idee erronee rappresenta le più comuni distorsioni cognitive. Tuttavia, è stato sperimentato come il livello di distorsioni cognitive, in buona parte responsabile dell’avvio e del mantenimento del disturbo, possa essere ridotto dal trattamento cognitivo-comportamentale. È stato anche rilevato come la presenza di distorsioni cognitive sia correlata ad un elevato grado di impulsività; questo potrebbe essere uno dei fattori responsabili della persistenza delle distorsioni cognitive in presenza di elementi di realtà più che evidenti, come il continuare a perdere denaro e accumulare problemi, poiché non concederebbe al soggetto il tempo necessario per riflettere o stimare/anticipare le conseguenze delle decisioni. Il fattore impulsività risulta essere correlato ad un pensiero del tipo “tutto o nulla” (distorsione cognitiva) o ad una eccessiva personalizzazione delle esperienze negative, di conseguenza uno stile impulsivo, nella presa di decisioni, può accentuare la tendenza a considerare come adeguate alcune credenze erronee rispetto ad altre più razionali. Quando il giocatore sperimenta l’esperienza della perdita in seguito ad una previsione di vincita, si crea in breve tempo una dissonanza cognitiva, una sostanziale distanza tra ciò che si crede e la realtà dei fatti, che evidenzia come la probabilità di vincere al gioco d’azzardo sia del tutto casuale e quindi indipendente dalle convinzioni del giocatore. È a questo punto che il giocatore inizia a sviluppare varie strategie conseguenti alle sue specifiche distorsioni cognitive ritenendo così di poter aumentare la probabilità di vincita. Queste false credenze, secondo cui egli si sente in grado di controllare eventi che in realtà sono determinati dal caso, sono responsabili in larga misura del mantenimento del Disturbo da Gioco d’Azzardo. Le distorsioni cognitive fanno sì che i giocatori formulino una errata valutazione dei risultati del gioco, la cui conseguenza sarà quella di credere che nel tempo i risultati saranno in qualche modo pareggiati. La terapia CBT si propone dunque come obiettivo primario quello di mettere in discussione queste credenze erronee allo scopo di indurre il giocatore a modificare il comportamento. Ladouceur, Sylvan e Boutin (Ladouceur e coll. 2000) hanno proposto un protocollo che individua un percorso di ristrutturazione cognitiva, costituito da:

  • Acquisizione e comprensione della nozione di “caso” attraverso la psicoeducazione (ogni puntata è indipendente dall’altra, non può esistere alcuna strategia di controllo dei risultati in un gioco d’azzardo, è impossibile controllare il caso); per raggiungere questi obiettivi ci si avvale anche di dimostrazioni pratiche, ad esempio usando i dadi.
  • Identificazione delle credenze erronee: attraverso l’Analisi Funzionale, che consiste nell’applicazione del modello ABC per l’individuazione delle distorsioni cognitive e/o dei pensieri disfunzionali che inducono stati d’animo, il terapeuta lavora per individuare le credenze erronee e correggere l’errore relativo al principio dell’indipendenza degli eventi, evidenziando che l’illusione del controllo è un potente fattore di mantenimento del Disturbo da Gioco d’Azzardo.
  • Addestramento alle verbalizzazioni adeguate dei pensieri irrazionali (esprimere ad alta voce tutti i pensieri che attraversano la mente durante una sequenza di gioco): dopo aver identificato le convinzioni irrazionali e disfunzionali (distorsioni cognitive) il terapeuta descrive e dimostra la differenza tra le verbalizzazioni adeguate e quelle non adeguate
  • Addestramento alla correzione cognitiva delle verbalizzazioni inadeguate e disfunzionali talvolta anche con l’ausilio della registrazione sonora, da far riascoltare al paziente. L’impostazione cognitivo-comportamentale integra le tecniche comportamentali, di sviluppo delle abilità sociali, di produzione di gratificazioni alternative e più funzionali e quelle di coping ed esplora e individua i meccanismi di rinforzo positivo o negativo. Il percorso terapeutico permette di far individuare al giocatore i vantaggi e gli svantaggi nel continuare a giocare: il paziente tenderà nella maggior parte dei casi, se consapevole dell’esistenza di un vero e proprio disturbo e se motivato a superarlo, ad individuare rapidamente gli svantaggi del continuare a giocare.

Il terapeuta ha il compito di sostenerlo nella individuazione e nella comprensione dei possibili vantaggi, come ad esempio fuggire da una situazione di stress e preoccupazioni e procurarsi quindi uno stato di sollievo (auto-medicazione) o procurarsi un momento di piacevole eccitazione all’idea di risolvere tutti i suoi problemi economici. Il giocare d’azzardo può servire, al pari delle sostanze chimiche, a modificare gli stati emotivi, funge da “stabilizzatore dell’umore”. Si è ipotizzato che alcune persone abbiano una scarsa capacità sia nella identificazione delle emozioni sia nella loro gestione, in particolare con la tendenza a non esprimere lo stato emotivo e una scarsa capacità nella ridefinizione del significato dell’evento attivatore dell’emozione negativa (reappraisal). Per questo tipo di giocatori il comportamento di gioco d’azzardo rappresenta un efficace regolatore delle emozioni, ed è forse anche per tale ragione che esso ben presto diventa la modalità elettiva per la ricerca dell’equilibrio emotivo, fino allo sviluppo della dipendenza. Una caratteristica dei soggetti con Gioco d’Azzardo Patologico è, oltre alle scarse capacità di gestione delle emozioni e alla difficoltà di controllo degli impulsi, quella di non saper affrontare adeguatamente le situazioni avverse in grado di provocare stati d’animo negativi come ansia, tensione emotiva, depressione, noia, frustrazione, ecc. Per tale ragione è importante intervenire, nel corso del trattamento psicoterapico sullo sviluppo delle abilità di coping. L’intervento CBT comprende a tal proposito specifici Training: Problem Solving, per insegnare ai pazienti a fronteggiare i problemi, le avversità, le situazioni difficili sia nel quotidiano che per quanto riguarda i problemi legati al Gioco d’Azzardo; Decision Making e Social Skills Training, per lo sviluppo delle abilità sociali, sia per prendere delle decisioni più funzionali ed adeguate alla realtà, sia per sostenere il paziente nell’uscita dallo stato di isolamento, instauratosi a causa della pervasività del gioco d’azzardo, e ristabilire o creare relazioni adeguate con gli altri; Prevenzione delle Ricadute, per addestrare il paziente ad affrontare in modo adeguato, attraverso le tecniche acquisite durante il percorso di psicoterapia, eventuali situazioni rischiose e conseguenti ricadute nel comportamento di gioco d’azzardo. Ciò può avvenire con relativa facilità perché in quel momento, confrontandosi con il terapeuta e lontano dai triggers, egli è lucido e del tutto ragionevole. Prendere coscienza di cosa comporta la rinuncia al gioco d’azzardo, al di là delle buone e ragionevoli intenzioni, è molto importante e utile perché può potenzialmente indurre nel paziente una attivazione verso alcuni cambiamenti del proprio modo di vivere, fino a quel momento condizionato dalla assoluta centralità del gioco d’azzardo. Togliendo o riducendo il gioco d’azzardo, il paziente può riscoprire piaceri dimenticati, interessi mai avuti, e soprattutto può sperimentare benessere e sollievo senza ricorrere necessariamente al gioco. Il terapeuta aiuta il paziente a fare una lista delle situazioni a rischio, momenti in grado di stimolare nel paziente il desiderio di giocare, come: luoghi, persone, pubblicità o particolari stati d’animo e attraverso la tecnica dell’Analisi Funzionale si individuano quei pensieri irrazionali che, innescati dalle situazioni a rischio, costituiranno delle “autorizzazioni” al comportamento di gioco, ossia la scelta di giocare. Il riconoscimento e la consapevolezza di questi pensieri come attivatori della scelta di giocare possono consentire al paziente una decisione più consapevole e meno automatica, il che si può tradurre operativamente in una minore probabilità di comportamento di gioco d’azzardo. L’esplorazione sia delle modalità di gioco, comprese tutte le azioni che il paziente fa per riuscire a giocare, sia degli errori di pensiero, facendo descrivere nei dettagli una intera sessione di gioco, sarà importante, perché darà spiegazioni e informazioni riguardanti i meccanismi cognitivi delle credenze irrazionali e il loro effetto sul comportamento di gioco, delle idee erronee presenti nel paziente, e della loro funzione di rinforzo sul gioco d’azzardo. Nella Prevenzione delle Ricadute il paziente si sperimenta nella condotta d’astinenza avendo acquisito le capacità di riconoscere e modificare i pensieri erronei e di identificare le situazioni a rischio, oltre agli stati emotivi potenzialmente in grado di innescare il craving. Il poter fronteggiare il craving, e sperimentare la propria autoefficacia e il conseguente rafforzamento dell’autostima e della self efficacy possono rendere meno probabile il ritorno al gioco d’azzardo.

Trattare il Gioco d’Azzardo Patologico con l’EMDR

L’Eye movement desensitization/reprocessing (EMDR) si è rivelata una tecnica utile nella prevenzione delle ricadute soprattutto nelle persone in cui si ipotizza l’esistenza di una significativa correlazione tra il disturbo da dipendenza e i vissuti traumatici di vario genere sperimentati durante l’infanzia. Si ipotizza che probabilmente in questi soggetti si sia sviluppata la dipendenza come una strategia difensiva e di fuga dallo stress prodotto dal trauma. L’EMDR permette l’individuazione di ricordi o di immagini legati all’avvio del disturbo, scopo della tecnica è quello di riprocessarli, attraverso il meccanismo della desensibilizzazione sistematica. Il riprocessamento prevede la “stimolazione bilaterale”; Shapiro ha evidenziato come i movimenti oculari possano attenuare la carica emotiva disfunzionale dei ricordi disturbanti collegati al trauma aiutando i soggetti con Gioco d’Azzardo Patologico a mantenere nella memoria le loro esperienze traumatiche riprocessandole in una maniera meno disturbante, così da attenuare il craving e rendere meno necessario il ricorso al Gioco d’Azzardo.

Trattare il Gioco d’Azzardo Patologico con la Mindfulness

Altra strategia d’intervento che si è dimostrata efficace è la Mindfulness. Essa viene pensata come un’abilità di coping affettivo poiché aiuta i pazienti a mantenere la distanza dalle loro cognizioni ed emozioni, tramite due processi chiamati decentramento (Hofmann, 2012) e distanziamento (Hayes 2012). I pazienti imparano a vivere nel qui ed ora e che le loro cognizioni ed emozioni sono solo eventi mentali, piuttosto che fatti. I pazienti apprendono anche che ciascun momento è unico e che l’angoscia emotiva provata in un dato momento non implica necessariamente angoscia emotiva in momenti successivi. Le persone vengono incoraggiate ad affrontare i propri pensieri; Jon Kabat-Zinn (Jon Kabat-Zinn)1990 definisce questo come “porre attenzione in un modo particolare” a sé stessi: intenzionalmente, nel momento presente e in modo non giudicante. Nel 1979 il dr. J. Kabat- Zinn ideò e strutturò la Mindfulness Based Stress Reduction (MBSR) per poter somministrare una terapia ai malati cronici; questa tecnica risulta d’aiuto ai pazienti affetti da dolore cronico, nello specifico nel ridurre i pensieri e i comportamenti di rimuginazione e di distrazione. Obiettivo della terapia è quello di defondersi dai propri pensieri dolorosi ampliando e sviluppando il Sé Osservante per porsi in una posizione di differente prospettiva, iniziando un percorso verso l’accettazione del dolore, passo importante per poter vivere una vita che si incammina verso i propri valori: come un impegno quotidiano. Bowen (Bowen e coll. 2012) ha introdotto la Mindfulness nel trattamento delle dipendenze, realizzando un programma di prevenzione della ricaduta denominato MBRP – Mindfulness Based Relapse Prevention. Condivide come obiettivo di modificare il rapporto che l’individuo ha con sé stesso, osservandosi senza giudicarsi, riconoscendo i propri processi cognitivi- affettivi che lo inducono a comportarsi in maniera disfunzionale; alimentando a sviluppare la capacità di mentalizzare i propri stati affettivi, senza regolarli attraverso la ricerca del gioco. L’atteggiamento non giudicante facilita anche la riduzione dei sentimenti di colpa e di fallimento durante il periodo della ricaduta. La pratica della mindfulness facilita la diminuzione della “ruminazione mentale” e incrementa la capacità di accettazione, favorisce l’interruzione dei triggers che contribuiscono alla messa in atto del comportamento disfunzionale. Bowen e alt. (Bowen, Chawla e Marlatt 2010) hanno notato che, adoperando la mindfulness con i pazienti che usano il gioco come modulatore delle emozioni e come strategia disfunzionale di adattamento alla realtà, essi potevano approdare ad una esperienza consapevole delle proprie emozioni, di non attribuire un significato di verità ai pensieri, di affrontare la realtà senza aspettative, accettando quando succedeva senza giudicarsi. Inoltre, studi evidence -based hanno dimostrato come la mindfulness abbia influenza sui processi neuronali legati all’esperienza di craving e sui processi neuroadattativi associati all’addiction: i processi automatici bottom-up  di risposta allo stress e alla reattività emozionale, la spinta alla ricerca dello stimolo vengono ad essere ridotti; di contro si incrementerebbero i processi top-down quali quelli della regolazione attentiva e delle emozioni, il controllo cognitivo, la motivazione e il decision making (Witkiewitz, Bowen, Douglas et alt.2003). MBRP è un protocollo Mindfulness specifico per la prevenzione delle ricadute delle dipendenze da sostanze e comportamentali (Witkiewitz et al. 2005). Agisce su: Stress, Emozioni negative, Comportamento patologico di ricerca di piacere derivante dall’utilizzo di Internet. Il protocollo MBRP serve per far comprendere al soggetto gli schemi che lo legano alla dipendenza, offre così la possibilità di uscire da questi e allontanarsi dai comportamenti patologici, inoltre risulta utile per prevenire le ricadute; poiché la ricaduta, di solito viene vissuta come una sconfitta e un fallimento. La persona apprenderà attraverso gli incontri di mindfulness che fallire significa “ho fallito”, ma “posso farcela”.  Il protocollo Mindfulness Based Relapse Prevention si divide in otto incontri a cadenza settimanale, ognuno con una durata di due ore circa. Gli argomenti degli incontri saranno:

  • Pilota automatico e ricaduta. L’obiettivo sarà quello di far comprendere alla persona che agisce il comportamento disfunzionale senza consapevolezza. L’automatismo porta a compiere una serie di azioni senza il giocatore se ne renda conto. Questo è uno dei primi meccanismi responsabili che lo portano alla ricerca di gratificazione attraverso un comportamento disfunzionale come l’utilizzo incontrollato e patologico del gioco.
  • Consapevolezza degli eventi che innescano la dipendenza da gioco d’azzardo. L’obiettivo sarà quello di aumentare la consapevolezza degli eventi scatenanti (triggers) la dipendenza. Comprendere quali esperienze di vita innescano pensieri, emozioni e comportamenti disfunzionali.
  • La Mindfulness nella vita quotidiana; la Mindfulness può aiutare a disinnescare il pilota automatico, scopo sarà quello di portare la consapevolezza nella vita di tutti i giorni.
  • La Mindfulness nei comportamenti ad alto rischio È un passaggio fondamentale del programma MBRP. L’obiettivo sarà quello di insegnare al soggetto come utilizzare la Mindfulness nelle azioni potenzialmente rischiose, quelle che solitamente attivano il processo di addiction.
  • Accettazione e comportamento efficace: il mantra sarà: “Presta attenzione al presente”. La persona apprenderà che non si possono, a volte, controllare alcune emozioni quali ansia, rabbia e tristezza. Apprenderà quindi che bisogna accettare questi momenti, adottando così un’azione più efficace.
  • Vedere i pensieri come pensieri. L’obiettivo sarà quello di comprendere che i pensieri non sono realtà assolute, essi non sono fatti bensì sono solo delle supposizioni, degli schemi mentali, si è liberi di credere oppure no ad essi. Assieme al paziente si analizzano quali pensieri si attivano nel momento in cui si utilizza il gioco in modo incontrollato.
  • Cura di sé stessi e stile di vita equilibrato. In questa sessione, si esaminerà lo stile di vita attuale del soggetto, per comprendere cosa può essere dannoso e ad alto rischio. L’obiettivo sarà quello di costruire un piano d’azione mirato alla cura del proprio corpo e della propria mente.
  • Supporto sociale e pratica continua. In questo incontro verranno discusse nuovamente le pratiche precedenti, per comprendere, una volta terminato il programma MBRP, che sarà fondamentale attuare una pratica continua di mindfulness. Si discuterà con il paziente dell’importanza della rete di supporto sociale.
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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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