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Victim blaming: l’oscuro fenomeno degli abusi sugli uomini

Il fenomeno del victim blaming riguarda spesso anche le vittime maschili di stupro, le quali ricercano aiuto con molta difficoltà o non lo cercano affatto

Di Lucia Prudente

Pubblicato il 18 Nov. 2021

Aggiornato il 19 Nov. 2021 11:00

La colpevolizzazione della vittima, fenomeno noto come victim blaming, può essere immaginato come un’esperienza estremamente negativa, caratterizzata dalla tendenza a biasimare chi ha subito reati o ingiustizie, ritenendolo parzialmente o totalmente responsabile di quanto patito.

 

Tale fenomeno trova spesso terreno fertile quando si tratta di violenze sessuali: il timore di essere sopraffatti dai giudizi negativi altrui può impedire alle vittime di denunciare e cercare aiuto formale o informale (Meyer, 2016); alcune narrative rivelano il timore delle vittime di essere colpite rispetto alla propria reputazione, ad esempio credendo di essere state responsabili della violenza subita o di essere giudicate in un’ottica moralista (Pagliaro et al., 2021).

Assieme al fenomeno del victim blaming, un’altra tendenza negativa nei confronti delle vittime è quella dei miti sullo stupro, ovvero atteggiamenti e credenze che, nonostante siano false, vengono mantenute solidamente a livello sociale, e che hanno la funzione di negare e giustificare le aggressioni sessuali (Lonsway & Fitzgerald, 1994, p.134). Le conseguenze del tramandarsi di questi miti includono l’accettazione e normalizzazione dello stupro, la possibilità da parte dell’abusante impunito di perpetrarlo nuovamente e, soprattutto, un ridotto supporto alle vittime con rischi di vittimizzazione secondaria da parte della legge (Bohner et al., 2006). La vittimizzazione secondaria si origina proprio quando le istituzioni danno vita a incomprensioni, pregiudizi, stereotipi nei confronti della vittima, costringendola a rivivere in parte la sofferenza già provata al momento dell’abuso.

Abusi sessuali con vittime maschili

Se questi fenomeni sembrano essere fortemente presenti in tema di abusi sessuali sulle donne, sembrerebbero ancora più pregnanti nei confronti delle vittime maschili di stupro (Turchik & Edwards, 2012): il numero oscuro delle statistiche aumenta vertiginosamente, oltre ad una quasi assenza di dati sui diversi motori di ricerca.

All’interno di una cultura occidentale che identifica fortemente il genere maschile con l’idea di virilità, contemplare la possibilità che anche gli uomini possano essere stuprati diviene di difficile accettazione da parte dell’intera società. La letteratura scientifica presenta diversi studi sui rape myths rispetto agli abusi sulle donne (Payne et al., 1999; Burt, 1980), ma ve ne sono altrettanti nella sfera maschile, come ad esempio la falsa credenza che gli uomini non possano essere violentati, che debbano essere biasimati o che non riportino traumi a lungo termine (Struckman-Johnson & Struckman-Johnson, 1992), i quali affondano le proprie radici proprio nel tipo di cultura appena esposta. Anche in questo caso, la stigmatizzazione che viene associata alle vittime maschili di abusi sessuali non viene perpetrata solamente dalla cultura e dalla società, ma anche da parte della giustizia, spesso condizionata da preconcetti (Javaid, 2017).

Questo sostrato socio-culturale alimenta la scarsa apertura delle vittime maschili nella ricerca di supporto psicologico; scarse sono anche le denunce e dunque l’opportunità di accesso ad aiuti per il timore di non essere creduti o di essere incolpati o stigmatizzati (Hancock et al., 2021; Masho & Alvanzo, 2010).

Conseguenze del victim blaming nei casi di vittime maschili

La mancanza di accesso ad agenzie di supporto specificamente dedicate alle vittime di abuso determina un tentativo da parte delle stesse di ritrovare rimedi autonomi, con conseguenze spesso disastrose, come ad esempio l’abuso di alcol come tentativo di autocura per abbassare i livelli di ansia e sopportare la sofferenza (Rehan et al., 2017). La letteratura scientifica mostra inoltre che, se l’abuso sessuale avviene in età infantile, esso è associato ad una maggiore insorgenza di disturbi dell’umore, ansia, disturbo da stress post-traumatico, uso di sostanze, disturbi di personalità e disturbi alimentari (Afifi et al., 2017).

Diversi studi hanno sottolineato che anche la sintomatologia sarebbe influenzata da una sorta di adesione ad aspettative di ruolo e di genere: nel 1996 Rutz ha teorizzato l’esistenza di una “modalità maschile di essere depressi”, connotata appunto da un abuso smodato di alcol e tentativi di suicidio; altri studi hanno integrato tale modalità con un pattern comportamentale particolarmente improntato al rischio, alla rabbia ed all’aggressività, identificando una sorta di fenotipo maschile depressivo (Rice et al., 2021).

Alla luce di quanto emerso, e soprattutto di quanto ancora oggi resta oscuro alle statistiche, alla letteratura e all’intera collettività rispetto al tema dell’abuso sessuale sugli uomini, appare fondamentale convogliare tutti gli sforzi per aumentare la consapevolezza rispetto all’esistenza di tale realtà, assieme all’abbattimento degli stigmi di genere. L’identificazione di tali crimini, e soprattutto di chi li ha subiti, può aiutare nell’elaborazione, nel superamento e nel miglioramento della qualità della vita, data la sofferenza che tale problematica comporta in chi ne è vittima.

 

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Lucia Prudente
Lucia Prudente

Psicologa, psicoterapeuta in formazione

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