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Disturbo da gioco d’azzardo: aspetti neuropsicologici e prospettive terapeutiche

Il Disturbo da Gioco d’Azzardo si basa su distorsioni cognitive e credenze erronee sulle probabilità di vincita e sul proprio ruolo nell’esito del gioco

Di Fabio Pastore, Concetta Di Gioia

Pubblicato il 14 Set. 2021

La maggior parte dei giocatori con Disturbo da Gioco d’Azzardo riferiscono la presenza di pensieri intrusivi e di impulsi a giocare in quantità tale da interferire significativamente con la loro efficienza lavorativa e sulla loro vita sociale e familiare.

Fabio Pastore e Concetta Di Gioia – OPEN SCHOOL Studi Cognitivi, San Benedetto del Tronto

 

Il Disturbo da Gioco d’Azzardo è inserito nel DSM 5 tra i Disturbi da Dipendenza e correlati a Sostanze e viene identificato attraverso nove criteri:

  • Necessità di giocare una quantità crescente di denaro con lo scopo di raggiungere l’eccitazione desiderata;
  • È irritabile o irrequieto quando si tenta di ridurre o interrompere il gioco d’azzardo;
  • Ha effettuato ripetuti sforzi infruttuosi per controllare, ridurre o interrompere il gioco;
  • Spesso è preoccupato per il gioco d’azzardo;
  • Gioca spesso nei momenti di difficoltà;
  • Dopo aver avuto perdite economiche al gioco, torna un altro giorno;
  • Ricorre a bugie per nascondere il proprio coinvolgimento nel gioco d’azzardo;
  • Ha messo a rischio o ha perso una relazione significativa o il lavoro a causa del gioco d’azzardo;
  • Cerca supporto economico altrui per alleviare le condizioni finanziare causate dal gioco d’azzardo.

Il DSM 5 distingue tre livelli di gravità nel Disturbo da Gioco d’Azzardo:

  • Lieve, se vengono soddisfatti 4 o 5 criteri;
  • Moderato, se vengono soddisfatti 6 o 7 criteri;
  • Grave, se vengono soddisfatti 8 o 9 criteri.

La sintomatologia del Disturbo da Gioco d’Azzardo ha elementi tipici e ricorrenti che rendono tale disturbo molto simile alla dipendenza da sostanze: il bisogno costante di dover giocare (craving), il nervosismo e l’irrequietezza sperimentata quando non è possibile giocare d’azzardo (sindrome di astinenza) e la necessità di aumentare la frequenza del gioco.

Se alcuni giocatori sviluppano un Disturbo da Gioco d’Azzardo sin dalle prime giocate, altri giocatori strutturano una dipendenza da gioco più gradualmente senza averne piena coscienza. Con l’aumentare dell’importo delle giocate e del tempo dedicato ad esse si aggiungono poi la preoccupazione di recuperare il denaro perso per poter continuare a giocare. Progressivamente la vita e le attenzioni del giocatore ruotano principalmente attorno al gioco d’azzardo e il tono dell’umore diventa sempre più modulato e condizionato dal comportamento del gioco. Il giocatore che sviluppa tale disturbo sperimenta frustrazione, irritabilità o senso di disperazione qualora non riesca a giocare, per mancanza di possibilità economiche o altro. Spesso il gioco d’azzardo diventa un modo per sfuggire dai problemi della vita quotidiana e i giocatori patologici ne diventano pienamente assorbiti per raggiungere l’eccitazione desiderata, fino a perdere il controllo sul proprio comportamento di gioco.

La maggior parte dei giocatori con Disturbo da Gioco d’Azzardo riferiscono la presenza di pensieri intrusivi e di impulsi a giocare in quantità tale da interferire significativamente con la loro efficienza lavorativa e sulla loro vita sociale e familiare. Non sono rari la presenza di pensieri suicidari nei casi più severi.

Il comportamento tipico e più osservato nei giocatori con Disturbo da Gioco d’Azzardo consiste nell’ “inseguire la perdita”, ovvero nello scommettere sempre più frequentemente somme di denaro sempre più elevate con lo scopo di recuperare le perdite subite (fenomeno del chasing). L’esperienza della vincita saltuaria (rinforzo intermittente), anche a seguito di grandi perdite, viene interpretata come la prova che prima o poi si vince e determina un rinforzo maggiore sul comportamento di gioco. Le ricompense (le vincite al gioco) vengono interpretate più positivamente rispetto alle perdite. Ad influire sullo sviluppo del Disturbo da Gioco d’Azzardo vi sono delle distorsioni cognitive circa le credenze erronee sulle probabilità di vincita e sulla propria possibilità di avere un ruolo consistente nell’esito del gioco rispetto al solo caso.

Nell’ultimo ventennio si è assistito ad un crescente interesse in ambito di ricerca verso il Disturbo da Gioco d’Azzardo. Da una prima identificazione del 1980 in cui si definiva tale disturbo come un disordine nel controllo degli impulsi si è arrivati oggi a considerarlo come una problematica complessa e multi-componenziale.

Sono stati avanzati diversi modelli per la comprensione e l’eziologia del Disturbo da Gioco d’Azzardo (il modello BioPsicoSociale di Engel, 1977; il modello di Williams et al., 2007; la teoria cognitiva-psicobiologica del DGA di Sharpe, 2004; il modello pathways di Blazszczynski e Nower, 2002). Le diverse teorie concordano nell’identificare nel Disturbo da Gioco d’Azzardo una alterazione tra i sistemi di rinforzo e piacere (sistema della ricompensa) e i sistemi di controllo prefrontale, con il coinvolgimento del sistema propriocettivo e emotivo-motivazionale.

Il sistema della ricompensa si basa principalmente sul neurotrasmettitore dopamina implicato nel desiderio, nell’eccitazione e nella gratificazione comportamentale. Tale circuito della ricompensa ha le sue basi neurologiche nell’interazione e connessione tra il nucleo accumbens, situato all’interno del corpo striato, e l’area tegmentale ventrale situata nel mesencefalo, in cui sono presenti centri coinvolti nei meccanismi del piacere. I neuroni dell’area tegmentale ventrale sintetizzano dopamina che viene poi trasmessa al nucleo accumbens. Il funzionamento anomalo di tale sistema comporta un’anomala regolazione del neurotrasmettitore della dopamina, comportando un’alterata sensibilità alla ricompensa da vincita e alla perdita. Uno studio del 2010 (Hewig et al., 2010) ha misurato la risposta neurale in correlazione al processo decisionale nel gioco d’azzardo mostrando come i soggetti giocatori patologici con maggiori comportamenti di rischio durante il gioco abbiano presentato un’attivazione mesencefalica maggiore a risultati rari e di successo rispetto ai soggetti di controllo.

Il sistema di controllo fa riferimento all’attivazione della corteccia prefrontale ventromediale e al sistema serotoninergico, implicati nella capacità cognitiva di pianificare pensieri e azioni complesse e di modulare il proprio comportamento attuando un “controllo” sociale (sopprimendo pensieri e comportamenti socialmente inaccettabili). Il corretto funzionamento del sistema di controllo consente ad un giocatore di interrompere l’attività di gioco dopo una forte perdita economica o dopo la valutazione del tempo trascorso a scapito delle attività lavorative e relazionali. Alcuni studi hanno osservato come i soggetti con Disturbo da Gioco d’Azzardo hanno una minore attivazione della corteccia prefrontale rispetto ai soggetti di controllo in compiti di soppressione di risposte automatiche (Potenza e coll, 2003; Tanabe et al., 2007).

L’area cerebrale di maggiore rilevanza per il sistema enterocettivo è l’insula, situata all’interno del solco laterale che separa il lobo temporale dalla corteccia parietale inferiore. Tale area mappa gli stati viscerali associati a esperienze emozionali e gioca un ruolo nella valutazione della significatività delle sensazioni enterocettive emozionali esperite. L’insula, dopo aver elaborato questo percetto, invia informazioni all’ippocampo, deputato all’elaborazione delle informazioni mnesiche, e all’amigdala, implicata nell’elaborazione dei vissuti emozionali e nei processi legati alla rabbia e alla frustrazione. Durante la formazione di una traccia mnesica di un vissuto la componente emotiva riveste un ruolo cardine nella modulazione della traccia mnesica stessa: l’emozione legata alla situazione di perdita o vincita svolge un ruolo fondamentale nella valutazione soggettiva e nella possibilità di ripetizione del comportamento. Nei giocatori patologici può essere presente una distorsione nel ricordo di una esperienza o nell’elaborazione emozionale del vissuto ad essa collegato.

Dai dati emersi dalla letteratura si evince come il sistema della ricompensa dopaminergica e quello dell’inibizione e del controllo prefrontale serotoninergico funzionino parallelamente e in modalità sinergica, integrati da bias motivazionali ed edonici (Nussbaum, 2010). Nel Disturbo da Gioco d’Azzardo l’intero processo di integrazione tra gli aspetti attivazionali, ricadute motivazionali e decision making si alterano comportando disfunzionalità cognitive caratteristiche dei giocatori patologici come l’impulsività, la compulsività e deficit attenzionali (Morris e Voon, 2006).

Considerando la complessità e la compromissione che il Disturbo da Gioco d’azzardo reca nel giocatore, secondo la letteratura internazionale (Korn e Shaffer 2004) e autorevoli linee guida (NIDA,2012; Ministero della Salute, 2017) i percorsi di cura più efficaci ed in grado di garantire un maggiore risultato nel trattamento sono caratterizzati da:

  • Interventi a carattere multidisciplinare, data la natura multifattoriale del DGA. Il complesso quadro sintomatologico che spesso presenta il paziente con DGA giustifica il contributo integrato di più professionisti di diverse competenze;
  • Fondamentale è il coinvolgimento delle famiglie. Le dinamiche familiari costituiscono un elemento significativo non solo nella fase di sviluppo e mantenimento del disturbo ma anche nella fase critica del bilancio delle conseguenze del disturbo e/o nella fase della richiesta di trattamento. Nella maggior parte dei casi, la presa in carico del paziente affetto da DGA prevede la presa in carico dell’intera famiglia per l’elevato livello di sofferenza che esso presenta. Dunque supportando e trattando l’intera famiglia si può influire in modo decisivo, sicuramente, sulla buona riuscita del trattamento. I familiari possono costituire per l’équipe che ha in carico il paziente, dei validi alleati, soprattutto dal momento in cui si sviluppa in loro un buon livello di consapevolezza e si realizza una condivisione sia della concettualizzazione del disturbo che degli obiettivi terapeutici individuati;
  • Programmi intensivi ed integrati in base alle specifiche esigenze del paziente, in relazione alle sue caratteristiche di personalità, alla gravità del disturbo, alle condizioni familiari, sociali e lavorative;
  • Offerte terapeutiche articolate e differenziate per poter adattare il percorso di cura alle specificità e ai bisogni del paziente.

Dunque, al di là delle specificità di ogni paziente, gli elementi importanti per il percorso di cura sono:

  • Colloquio motivazionale per sostenere la persona nella decisione di aderire al trattamento o almeno per tenerlo in contatto con il servizio;
  • Psicoeducazione per far conoscere ai pazienti i meccanismi di avvio e di mantenimento del disturbo, in particolare le trappole cognitive legate al gioco d’azzardo e le emozioni legate ad esso;
  • Psicoterapia individuale per indagare i fattori motivazionali e di mantenimento del DGA, per la modificazione/correzione delle distorsioni cognitive, per operare la ristrutturazione cognitiva, per potenziare le abilità di coping, di problem solving e per prevenire le ricadute;
  • Psicoterapia di gruppo per aumentare la compliance e per potenziare e rinforzare la ristrutturazione cognitiva;
  • Eventualmente, terapia farmacologica;
  • Coinvolgimento dei familiari, per renderli consapevoli della natura del disturbo, e per far convergere le loro azioni in direzione del superamento del problema del paziente, per esplorare la presenza eventuale di dinamiche correlate allo sviluppo del DGA;
  • Inserimento in programmi residenziali intensivi qualora il trattamento ambulatoriale si rivelasse insufficiente a produrre un’interruzione del comportamento compulsivo;
  • Partecipazione a gruppi Self Help nella fase After Care e a scopo di prevenzione delle ricadute;
  • Prevenzione delle ricadute come intervento specificatamente mirato ad addestrare il paziente a riconoscere e gestire il craving e le situazioni ad alto rischio che possono innescarlo.

Disturbo da gioco d azzardo aspetti neuropsicologici e trattamento Fig 1

I behavioristi ritengono che il DGA sia un comportamento appreso, avviato e mantenuto mediante il rinforzo positivo costituito dall’eccitazione, dall’evento “vincita” o da entrambi, o dal rinforzo negativo costituito dal sollievo da uno stato emotivo negativo come ansia, depressione, noia ecc ecc.

Per condizionamento classico il giocatore associa l’eccitazione piacevole con il gioco d’azzardo, mentre nel condizionamento operante questa eccitazione, insieme a qualche vincita saltuariaria, rinforza il comportamento di gioco e rende più probabile il ripetersi del comportamento stesso. Sharpe e Tarrier (1993) sostengono che il comportamento di gioco è rinforzato, secondo uno schema di rinforzo intermittente, da una combinazione di premi (vincite) e da un piacevole stato di arousal. Il giocatore acquisisce lo schema secondo cui le vincite sono saltuarie, persistendo cosi nel comportamento di gioco nella convinzione che, anche se in modo intermittente, esse si verificheranno.

La terapia cognitivo comportamentale si basa essenzialmente sull’assunto secondo cui molti disturbi psichici sono dovuti alle particolari e complesse relazioni esistenti tra pensieri, emozioni e comportamenti. Attraverso questo modello si riesce a far comprendere ai pazienti affetti da DGA e non solo che è il pensiero che attiva le nostre emozioni e cosa scatta all’interno della loro mente in modo tale da riuscire a sensibilizzarli ulteriormente. L’impulsività è uno dei fattori trigger per il paziente ed è importante svolgere psicoeducazione su essa in quanto è uno dei fattori responsabili delle persistenza delle distorsioni cognitive in presenza di elementi di realtà più che evidenti. Il fattore impulsività risulta essere correlato ad un pensiero del tipo o tutto o nulla (distorsione cognitiva) o ad una eccessiva personalizzazione delle esperienze negative (Mobini et al., 2007) Il modello dell’ABC si rileva molto utile per l’individuazione dei pensieri automatici erronei e disfunzionali, responsabili di stati d’animo negativi molto spesso antecedenti al comportamento di gioco d’azzardo. Dunque, secondo l’approccio cognitivo comportamentale, la caratteristica centrale e ricorrente dei giocatori con DGA è rappresentata dalle distorsioni cognitive riguardanti il gioco d’azzardo, in particolare da un’erronea percezione del concetto di casualità (Ladouceur e Walker, 1996; Gaboury e Ladouceur, 1989). Quando il giocatore sperimenta la perdita in seguito ad una previsione di vincita, si crea in breve tempo una dissonanza cognitiva, una sostanziale distanza tra ciò che si crede e la realtà dei fatti, che evidenzia come aumenta la probabilità di vincere del giocatore. Di conseguenza, tali distorsioni cognitive portano al giocatore una errata valutazione dei risultati del gioco, la cui conseguenza è il continuare a credere che nel tempo i risultati saranno in qualche modo pareggiati. Alla luce di quanto detto, la terapia cognitiva-comportamentale si propone come obiettivo primario quello di mettere in discussione queste credenze erronee allo scopo di indurre il giocatore a modificare il comportamento attraverso l’acquisizione e comprensione della nozione di “caso”, identificazione delle credenze erronee, addestramento alla verbalizzazione adeguata dei pensieri irrazionali ed addestramento alla correzione cognitiva delle verbalizzazioni adeguate e disfunzionali talvolta utilizzando anche una registrazione sonora. È solo grazie al cambiamento dei pensieri automatici e dei relativi schemi cognitivi sottostanti che è possibile la cura e il trattamento del disturbo del gioco d’azzardo.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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  • Sharpe, L. (2004). Patterns of autonomic arousal in imaginal situations of winning and losing in problem gambling. Journal of Gambling Studies, 20, 95-104
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