I fattori responsabili dell’accelerazione e del rallentamento delle lancette del nostro orologio biologico, cioè i nostri telomeri, sono identificabili dall’alimentazione, dall’attività motoria, dalla qualità del sonno, dalla rete sociale che abbiamo e dal nostro benessere psicologico.
L’adattamento richiesto al nostro organismo, sia in termini di contesti di vita molto distanti rispetto agli scenari evoluzionistici che hanno definito l’architettura dei nostri meccanismi fisiologici, che in termini di elevato stress psicosociale che dobbiamo affrontare quotidianamente, si traduce in uno sforzo adattativo del nostro organismo che può essere gestito solo attraverso una visione olistica integrata dove gli aspetti psico-neuro-endocrino-immunologici vengono letti all’interno di un’ottica bio-psico-sociale.
Questo periodo legato alla gestione biologica, psicologica e sociale della pandemia ha esacerbato le difficoltà già presenti nella società della maggior parte delle nazioni relative ai sostenuti ritmi di vita lavorativa combinati ad un’estrema e diffusa incertezza nei confronti del futuro (psicologica, sociale ed economica), sia sul piano personale che professionale.
In questo contesto generale, il ripristino di corretti ritmi circadiani, abbinati ad una più efficace capacità di gestione dello stress psicosociale, rappresentano dei fattori chiave per ripristinare una migliore qualità di vita ed un benessere psicofisico.
Risulta fondamentale considerare in maniera integrata questi due aspetti della nostra vita perché, diversamente, adottando una visione più riduzionistica, si correrebbe il rischio di impattare sulla salute e sulla qualità di vita in maniera molto meno efficace se non addirittura dannosa.
A confermare quanto appena descritto basta consultare la letteratura relativa alla scienza dei telomeri che ci dimostra quanto possa essere inutile e potenzialmente dannoso intervenire esclusivamente in uno, o più, dei macro aspetti che determinano la nostra salute tralasciando gli altri.
Ad esempio intervenire unicamente sui ritmi circadiani (attività motoria, alimentazione, qualità del sonno, etc.) senza considerare anche la gestione psicologica dello stress può non solo essere poco efficace ma anche potenzialmente pericoloso (Agnoletti, 2018; Blackburn, 2010).
Da notare, dal punto di vista del professionista, quante competenze trasversali richiede questo approccio ben più complesso e dinamico rispetto quello più tradizionale fondato sulla iper-specializzazione formativa settoriale.
Il cosiddetto “effetto imbuto” o “collo di bottiglia” della dinamica dei telomeri (Agnoletti, 2019a) suggerisce infatti che, a modulare l’attività degli enzimi della telomerasi, gli agenti biologici che riparano i telomeri (le strutture cromosomiche che determinano la nostra longevità e la propensione a sviluppare malattie), sono diversi processi convergenti e in parte indipendenti.
In altre parole, concentrarsi quindi in maniera esclusiva solo su uno di questi aspetti (motorio, nutrizionale, del sonno, di gestione dello stress psicologico, etc.) non risulta essere una strategia efficace, ma anzi potenzialmente pericolosa, per i rischi conseguenti la sottovalutazione dell’area che in quel momento sta impattando più sfavorevolmente sui telomeri stessi.
Un supporto professionale ideale dovrebbe quindi eventualmente partire dall’analisi della situazione delle singole aree che impattano sui telomeri individuando quella, o quelle, maggiormente deficitarie al fine di stabilire quindi la priorità temporale della sequenza dell’intervento stesso.
Da questa dinamica emerge la profonda e complessa trasversalità di competenze che dovrebbe possedere il professionista per assistere la persona in maniera integrata ed olistica.
I fattori responsabili dell’accelerazione e del rallentamento delle lancette del nostro orologio biologico, cioè i nostri telomeri, sono identificabili dall’alimentazione, dall’attività motoria, dalla qualità del sonno, dalla rete sociale che abbiamo e dal nostro benessere psicologico (Epel et al., 2004; Jang & Serra, 2014).
Alla luce del moderno paradigma epigenetico, i ritmi circadiani sono un meccanismo di adattamento basato sull’apprendimento previsionale, finalizzato a regolare ed ottimizzare il funzionamento dell’organismo nella sua globalità psico-neuro-endocrino-immunologica.
Nel 2017 tre premi Nobel sono stati assegnati a Jeffrey C. Hall, Michael Rosbash e Michael W. Young per l’individuazione del meccanismo genetico dei ritmi circadiani responsabile dell’andamento oscillatorio che determina, in maniera autonoma, un cambiamento ciclico nella modalità di funzionamento cellulare. Questi ritmi circadiani sono regolati epigeneticamente attraverso stimoli che provengono dall’ambiente esterno (principalmente dalla luce e dalla temperatura) e tramite i comportamenti (o stili di vita) legati al sonno, all’alimentazione, all’attività motoria ed alla gestione dello stress psicosociale.
Tutte queste attività diverse impattano in maniera convergente sulla regolazione circadiana dell’organismo determinandone la sincronia o l’asincronia con i ritmi ambientali (giornalieri, stagionali, etc.) che percepiamo.
Sia il “quanto” che il “quando” siamo esposti alla luce, il “cosa”, la quantità ed il quando ci alimentiamo, la specifica attività motoria che pratichiamo (e naturalmente quando la eseguiamo) oltre al tipo di gestione dello stress che percepiamo, condizionano la nostra qualità di vita e la predisposizione a generare disturbi o patologie nel tempo piuttosto che promuovere un equilibrato e solido benessere psicofisico.
La luce (o meglio, lo spettro di frequenze che caratterizza la luce solare) che percepiamo durante il giorno, attraverso la stimolazione di un gruppo di circa ventimila neuroni dedicati che si trovano nel nucleo sopra-chiasmatico del nostro cervello, determinano un settaggio sia neurale che endocrino, di tutte le cellule del nostro corpo (Mohawk, Green, & Takahashi, 2012; National Institute of General Medical Sciences, 2020).
Addormentarsi oltre la mezzanotte (magari finendo di cenare poco prima) genera, per esempio, una disorganizzazione dei ritmi circadiani perché l’attività alimentare e la qualità del sonno risultano compromesse per il fatto che non sono coordinate e coerenti con ciò che viene elaborato dal master clock (nucleo sopra-chiasmatico) per ottimizzare l’attività predittiva generale (Acosta-Galvan et al., 2011; Antle & Silver, 2005; Patel et al., 2012).
Quindi da una parte i ritmi circadiani sono fortemente condizionati dall’esposizione alla luce, dall’alimentazione, dalla qualità del sonno e dell’attività motoria, dall’altra anche il benessere psicologico può, ad esempio, determinare un cambiamento della qualità del sonno (inducendo ad esempio una produzione di cortisolo notturno che contrasta funzionalmente la produzione di melatonina che promuove invece il sonno).
Oltre a tendere ad un corretto ritmo circadiano, agendo sul “cosa” e sul “quando” mettere in pratica un’abitudine positiva (praticare attività motoria, mangiare in maniera sana, adottare una valida igiene del sonno), occorre agire anche al fine di limitare i danni da stress negativo prodotto da una poco efficace gestione delle dinamiche psicosociali, così preponderanti nella nostra società.
In questo senso esistono già comprovate strategie utili ed efficaci per arginare i danni da stress negativo (si veda ad esempio l’attività meditativa o le semplici respirazioni diaframmatiche che possiamo applicare quotidianamente), come esiste la tipologia di esperienze emotivamente positive (vedi ad esempio le cosiddette esperienze “ottimali” o di “flow”) che generano benessere psicofisico rinforzando anche il sistema immunitario (Agnoletti, 2019b; Agnoletti & Formica, 2021).
In questa visione olistica e integrata chiaramente il rapporto tra benessere psicologico e dinamiche biologiche è bidirezionale, quindi se è vero che un degradato benessere emotivo influenza i ritmi circadiani alterando alcuni processi neuro-endocrini, è altrettanto vero che la regolarizzazione nutrizionale, dell’igiene del sonno, dell’attività motoria e l’esposizione ad una più significativa e positiva socialità, favoriscono, a loro volta, il recupero di una qualità di vita psicologica temporaneamente compromessa.
Dalla letteratura psico-neuro-endocrino-immunologica presente risulta quindi efficace adottare abitudini finalizzate a ripristinare corretti ritmi circadiani attraverso l’attività motoria, l’alimentazione, la qualità del sonno oltre ad una sana rete sociale ed un solido benessere psicologico.