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Memo (2017) – Cortometraggio sull’Alzheimer

Il cortometraggio Memo rappresenta in maniera delicata e attenta le fasi iniziali del decadimento cognitivo e il vissuto dell'anziano

Di Giulia Goldin

Pubblicato il 21 Mag. 2021

Memo, un cortometraggio realizzato dalla scuola di animazione Gobelins, rappresenta in maniera delicata e attenta le fasi iniziali della malattia, caratterizzate perlopiù dalla presenza di deficit in specifici domini cognitivi

 

Come vengono vissute dalla persona con malattia di Alzheimer le normali attività di vita quotidiana? E come sono gestite dal familiare le relative incombenze? Memo, un cortometraggio realizzato dalla scuola di animazione Gobelins, rappresenta in maniera delicata e attenta le fasi iniziali della malattia, caratterizzate perlopiù dalla presenza di deficit in specifici domini cognitivi (APA, 2013).

È proprio in questo stadio che si presenta il cosiddetto “fenomeno di facciata”, accuratamente rappresentato dal corto, ovvero l’assenza di difficoltà da parte dell’anziano nelle attività quotidiane di base (ADL), che in quanto abituali e automatiche non necessitano di un alto consumo di risorse attentive, accompagnata dalla presenza di ostacoli nelle attività strumentali di vita quotidiana (IADL).

“Memo” perchè spesso inizia proprio così, l’anziano ha difficoltà di memoria per eventi recenti e allora lo si agevola ricorrendo ad ausili mnesici esterni quali appunto bigliettini.

Nel filmato l’anziano protagonista finisce il caffè ed è intenzionato ad andare a comprarlo al supermercato presente nel suo quartiere: nulla di complicato. Vuole semplicemente andare a “fare la spesa”, una delle attività strumentali di vita quotidiana considerate nelle scale di valutazione delle autonomie funzionali dell’individuo (vedi IADL Scale, Lawton e Brody, 1969).

La figlia però, consapevole delle difficoltà cognitive del padre, tenta di dissuaderlo offrendosi di andare al suo posto. L’anziano, difendendo a spada tratta la propria indipendenza, si dirige al supermercato in cerca del prodotto e ad un tratto, però, tutto sembra svanire e confonderlo. Il protagonista, sconfortato, esce dal supermercato, assalito da un profondo senso di solitudine e disorientamento ma, improvvisamente, la figlia lo raggiunge e tutto si fa più chiaro. I due tornano a casa e si godono finalmente la colazione insieme, come da programma.

Il cortometraggio, in pochi minuti, rappresenta molto chiaramente la sensazione di smarrimento del malato, le strategie che in un primo momento possono sicuramente aiutare nello svolgimento della routine ma soprattutto l’enorme sollievo dato dalla presenza di una figura cara e familiare.

Il sopraggiungere della non autosufficienza è una situazione critica e delicata che mette in crisi equilibri precedentemente acquisiti: da una parte il nucleo familiare vede una riorganizzazione dei rapporti tra i membri e una inversione dei ruoli di accudimento, dall’altra l’anziano vive un momento di forte destabilizzazione a causa della perdita di autonomia, spesso manifestando rifiuto.

È proprio per questo che risulta necessario incoraggiare e preservare il più possibile le autonomie della persona, rispettando la capacità di autodeterminazione dell’anziano finché le sue condizioni lo permettono. Comportamenti di sostituzione non fanno altro che accelerare la perdita delle capacità dell’individuo e il processo di progressiva dipendenza funzionale, oltre che l’acutizzarsi di disturbi del comportamento (Kitwood, 1997).

Inoltre, è ormai dimostrata l’influenza del supporto emotivo da parte dei familiari sul benessere degli anziani (Merz & Consedine, 2009). In particolare, tale supporto sembrerebbe permettere all’anziano di affrontare più positivamente eventi stressanti.

Infine emerge una riflessione: se la figlia non fosse arrivata chi avrebbe rassicurato e compreso l’anziano? Dal filmato, ad esempio, i commessi sembrano del tutto indifferenti. Risulta, quindi, necessario sensibilizzare la comunità sui disturbi neurocognitivi e sulle strategie di supporto rivolte alle persone fragili, come sottolineato dal “Piano d’azione globale di salute pubblica in risposta alla demenza” pubblicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO, 2017). Un’iniziativa che sta prendendo sempre più piede è ad esempio la creazione delle Dementia Friendly Communities, ovvero comunità i cui abitanti sono debitamente formati sulla patologia e questo permette ai malati di essere compresi, rispettati, sostenuti, inclusi e coinvolti, continuando così ad avere possibilità di scelta e controllo sulla propria vita, mantenendo un ruolo attivo nella comunità in completa sicurezza e nonostante i deficit.

In conclusione, Memo risulta essere un ottimo strumento di sensibilizzazione pubblica nonché materiale di formazione per caregiver formali e informali che, in soli 4 minuti e mezzo, permette di sviluppare numerosi spunti di riflessione.

 

MEMO | Animation Short Film 2017 – GOBELINS:

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • American Psychiatric Association, & American Psychiatric Association. (2013). DSM 5. American Psychiatric Association, 70.
  • Kitwood, T. (1997). Dementia reconsidered. Buckingham.
  • Lawton, M. P., & Brody, E. M. (1969). Assessment of older people: self-maintaining and instrumental activities of daily living. The gerontologist, 9(3_Part_1), 179-186.
  • Merz, E. M., & Consedine, N. S. (2009). The association of family support and wellbeing in later life depends on adult attachment style. Attachment & human development, 11(2), 203-221.
  • World Health Organization. (2017). Global action plan on the public health response to dementia 2017–2025.
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