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Uomo, partner e padre. La perdita perinatale e l’espressione del lutto maschile

La perdita perinatale può essere vissuta dai partner come l’arresto di un progetto co-costruito e comportare emozioni ambivalenti e senso di sospensione

Di Annalisa Sensi, Ilaria Vanni, Gabriella Gandino

Pubblicato il 15 Apr. 2021

Aggiornato il 16 Apr. 2021 13:23

Come per la donna, anche per l’uomo la perdita perinatale risulta essere tanto più devastante quanto maggiore è l’investimento emotivo verso il nascituro.

 

Abstract

Perdere un figlio in gravidanza interrompe il processo di costruzione genitoriale e rappresenta per l’uomo la dissoluzione del sogno di paternità. Sebbene coinvolti diversamente rispetto alle madri nel processo di gravidanza, i padri risentono di questo evento in modo profondo, e spesso inosservato agli occhi della società. Le espressioni del lutto maschile possono assumere infatti forme diverse rispetto a ciò che ci si può comunemente aspettare, e questa spaccatura diventa fonte di ulteriore sofferenza emotiva e psicologica.

La posizione maschile in gravidanza

Al giorno d’oggi, la nascita di un bambino è per lo più l’esito di una scelta ponderata e unica all’interno del ciclo di vita genitoriale ed è un momento di gioia per la coppia (Walsh, McGoldrick, 1991). Ancora prima del parto, attraverso il processo di transazione al ruolo genitoriale si innescano una molteplicità di movimenti intrapsichici e interpersonali che mettono in gioco diversi aspetti della vita di un individuo.

La posizione maschile in corso di gravidanza è diversa rispetto a quella femminile: se per la donna il percorso di preparazione alla maternità pone le proprie radici sulla corporeità della gravidanza, l’uomo, al contrario, ne è escluso e può averne una percezione solamente indiretta (Cacciatore, 2013). Non tutti gli uomini riferiscono di sentirsi padri durante la gravidanza: infatti, per alcuni è il momento del parto ad aprire le porte della paternità (Lacroix, Got, Callahan, Séjourné, 2016). Altri invece si percepiscono padri prima che il bambino nasca e iniziano precocemente una relazione affettiva con il nascituro. Un elemento che spesso aiuta nella costruzione del senso di genitorialità paterno sono le visite ecografiche che possono rivelarsi come dei momenti di grandissima importanza esperienziale, oltre che di contatto con il bambino: la percezione del battito cardiaco e la visione del figlio danno al padre una rappresentazione sensoriale che testimonia la reale presenza del nascituro (Huffman, Schwartz, Swanson, 2015). Così come per le donne, anche per i padri l’attesa della nascita diventa un tempo da condividere, che consente di creare una nuova narrazione, fatta di aspettative e di fantasie che abitano un futuro familiare ((Murphy, 2012; Gandino, Vanni, Bernaudo, 2018).

La dissoluzione del sogno di genitorialità

La perdita di un bambino atteso in gravidanza è la dissoluzione del sogno genitoriale (Walsh, McGoldrick, 1991): fin dalle prime fasi della gestazione, la madre e il padre sognano il futuro con il proprio bambino, pianificando i posti da visitare, le scuole da frequentare oppure i giochi da fare insieme (Weaver-Hightower, 2012). La perdita di un figlio in gravidanza può essere vissuta come l’arresto di un progetto co-costruito con la partner e le emozioni ambivalenti che ne derivano possono comportare un senso di sospensione, come se non fossero riusciti a portare a termine qualcosa (Lacroix, Got, Callahan, Séjourné, 2016). Tale rottura nell’immaginario genitoriale può portare alla formazione di un vissuto ambiguo, che assume caratteristiche diverse per ciascuna persona.

Inoltre, sembra che l’esperienza paterna si modifichi e aumenti di intensità nel corso dei tre trimestri di gestazione: durante il primo, i padri si mostrano emotivamente più distanti, nel secondo, quando iniziano a percepire i movimenti fetali, sentono un’aumentata consapevolezza della gravidanza; infine, nel terzo, aumenta sia l’investimento emotivo nei confronti del bambino sia il desiderio di definirsi come padri (Gandino, Vanni, Bernaudo, 2018). Come per la donna, anche per l’uomo la perdita di un figlio in epoca gestazionale risulta essere tanto più devastante quanto maggiore è l’investimento emotivo verso il nascituro. Se l’esperienza di perdita avviene in età gestazionale più tardiva, è più probabile che ci sia una percezione del bambino come reale, e che il dolore della perdita sia più impattante rispetto a coloro la cui perdita occorre più precocemente (Huffman, Schwartz, Swanson, 2015). Sebbene la gravidanza per l’uomo sia psicologica, emotiva e non incarnata come quella della partner, anche i padri possono provare dolore dopo la perdita del bambino e fare esperienza della mancanza di riconoscimento come genitore in lutto (Gandino, Vanni, Bernaudo, 2018).

La sofferenza paterna

Le varie costruzioni culturali del ruolo maschile entrano in conflitto quando si parla di perdita perinatale: vi è una concomitanza tra “l’essere padre” e “l’essere un uomo in lutto”, due cluster sociali poco conciliabili in un sistema di attribuzioni correlate al gender (Bonnette, Broom, 2011). Alcuni studi approfondiscono questo aspetto e confermano che esistano dei pregiudizi influenzati da dinamiche di genere, che sembrano porre una certa enfasi nel richiamare il padre più in una posizione supportiva nei confronti della partner in lutto, piuttosto che in una ugualmente espressiva.

In questa posizione, l’uomo è socialmente veicolato verso l’internalizzazione del proprio vissuto di lutto e verso il “dover essere forte”, dovendosi adeguare a forme culturali di mascolinità.

Le emozioni esperite sono qualitativamente simili a quelle della donna, sebbene con alcune dissomiglianze sul piano espressivo: l’uomo ha minore predisposizione al pianto, può sentire meno la necessità di un supporto sociale e, infine, può esprimere la propria sofferenza attraverso l’uso di alcool, di droghe o altre forme di agiti. Shock, rabbia, incredulità, ansia, frustrazione, paralisi e sentimenti di lutto possono essere presenti e variare di intensità da un individuo all’altro (Gandino, Vanni, Bernaudo, 2018). In uno degli studi pioneristici sullo sviluppo di sintomi nei padri a seguito di una perdita in gravidanza, si afferma che di frequente si sviluppa una significativa sintomatologia ansiosa, depressiva o post-traumatica, anche se di impatto inferiore rispetto a quella materna (Turton, Badenhorst, Huges, Ward, Riches & White, 2009).

L’impatto del sostegno sociale

Il supporto sociale può sortire un effetto positivo sull’elaborazione del lutto nei padri: coloro che ricevono un maggiore sostegno in seguito alla perdita del bambino mostrano reazioni al lutto significativamente meno intense rispetto ai padri che non lo hanno ricevuto. Diventa quindi importante, in ottica preventiva, che l’espressione della sofferenza diventi lecita socialmente, e trovi spazio di accoglienza.

Il supporto di professionisti del settore e la partecipazione a gruppi di auto-mutuo-aiuto può non solo agevolare la risoluzione della sintomatologia paterna, ma anche accrescere la capacità di adattamento alla perdita. “Ogni esperienza di vita richiede riconoscimento da parte dell’altro per poter entrare a far parte della propria storia in modo integrato. […] il bisogno di validazione è particolarmente importante per facilitare il processo di lutto paterno, perché restituisce all’uomo la propria identità di padre, messa dolorosamente in discussione dalla perdita” (Gandino, Vanni, Bernaudo, 2018, p. 54).

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Bonnette S., Broom A. (2011). On grief, fathering and the male role in men’s account’s of stillbirth. Journal of Sociology. 48(3), 248-265.
  • Cacciatore J. (2013). Psychological effects of stillbirth. Seminars in Fetal & Neonatal Medicine. 18(2) 76-82.
  • Gandino G., Vanni I., Bernaudo A. (2018). A cerchi concentrici. La complessità della perdita perinatale e le sue perturbazioni. Utet, Torino.
  • Huffman C.S., Scwartz T.A., Swanson K.M. (2015). Couples and miscarriage: The influenze of gender and reproductive factors on the impact of miscarriage. Women’s Health Issues. 25(5), 570-578.
  • Lacroix P., Got F., Callahan N., Séjourné N. (2016). La fausse couche: du côté des hommes. Psychologie française. 61(3), 207-217.
  • Murphy S. (2012). Reclaiming a moral identity: stillbirth, stigma and ‘moral mothers’. Midwifery. 28(4), 476-480.
  • Turton P., Badenhorst W., Hughes P., Ward J., Riches, White S. (2006). Psychological impact of stillbirth on fathers in the subsequent pregnancy and puerperium. The British Journal of Psychiatry. 188(2) 165-172.
  • Walsh F., McGoldrick M. (1991). Loss and the family: a Systemic Perspective. In F. Walsh & McGoldrick (eds.), Living Beyond Loss. Death in the Family (pp. 1-29). New York: Norton.
  • Weaver-Hightower M.B. (2012). Waltzing Matilda: An Autoethnography of a Father’s Stillbirth. Journal of Contemporary Ethnography. 41(4), 462-491.
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