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eSPORT e Internet Gaming Disorder: il confine tra gioco e dipendenza

Gli sport elettronici (eSport) si riferiscono a forme di videogiochi agonistiche e organizzate. E' corretto paragonare gli eSports agli sport tradizionali?

Di Denise Milone

Pubblicato il 20 Apr. 2021

I bambini e gli adolescenti sono particolarmente vulnerabili a comportamenti a rischio e forme di dipendenza. Il tempo eccessivo trascorso giocando/impegnandosi in eSport può, difatti, influire considerevolmente sul loro apprendimento, sul benessere mentale e sullo sviluppo.

 

Negli ultimi due decenni giocare ai videogiochi è diventata un’attività popolare in tutto il mondo, al punto che esiste una percentuale di giocatori che ha fatto di questo momento ricreativo una vera e propria professione e trascorre ogni giorno molte ore a padroneggiare e a migliorare le proprie abilità (Bányai et al., 2019).

La sempre più diffusa disponibilità ed il successo dei giochi online e il crescente numero di appassionati, infatti, ha dato vita a competizioni virtuali, rendendo quello che era un passatempo ludico una pratica sempre più professionalizzata e per la quale serve allenarsi in maniera costante, al pari di qualsiasi disciplina atletica (Giunti, 2018).

Gli sport elettronici, anche definiti eSport, si riferiscono, pertanto, a forme di videogiochi agonistiche e organizzate che possono essere giocate individualmente o in squadra ed essere seguite dagli spettatori di persona o tramite servizi di streaming.

Con il progresso delle tecnologie digitali, c’è stato un aumento esponenziale in tutto il mondo della popolarità degli eSport e di conseguenza, un aumento considerevole del numero di tornei nazionali e internazionali con introiti monetari tali da garantire ai players una vera e propria possibilità lavorativa a tutti gli effetti (Brevers, King, & Billieux, 2020).

Ma è corretto paragonare gli eSports agli sport tradizionali?

Al momento, il ruolo e l’impatto degli eSport non sono chiari e riscuotono ancora molte polemiche.

Molti, infatti, non considerano queste nuove attività competitive come forme di sport poiché non è implicata nessuna prestazione fisica. Tra questi, il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) nel 2018 ha messo in dubbio la generale mancanza di atletismo e fisicità degli eSport, non ritenendo, di conseguenza, per il momento di inserire il gaming nelle discipline olimpiche.

Ma soprattutto, da non sottovalutare, si ritiene che la violenza, le esplosioni, le uccisioni e la discriminazione di alcuni dei giochi violino i valori olimpici (Chung et al., 2019).

Nonostante queste valutazioni è importante riconoscere che in queste attività sono necessarie capacità motorie raffinate e ad alta intensità, nonché una coordinazione occhio-mano rapida e accurata, paragonabile ad esempio a quella richiesta nel tiro con l’arco.

La preparazione fisica non è, quindi, totalmente esclusa nella riuscita degli eSport; se non si è allenati fisicamente ogni gesto è semplicemente più lento e meno efficiente. I giocatori d’élite dei giochi online sostengono, inoltre, che un alto livello di cooperazione, coordinamento e pensiero strategico sono componenti essenziali per vincere. Alla base di una prestazione di successo è indispensabile, dunque, non solo l’ottima conoscenza del gioco, ma un allenamento regolare e pianificato volto ad affinare soprattutto la capacità di pensare in maniera strategica, di prendere decisioni rapidamente e con intelligenza, di mantenere alta la concentrazione e di affrontare eventuali imprevisti e sconfitte; bisogna sapersi adattare agli avversari, comunicare in maniera efficace con i compagni di squadra, avere fiducia nelle proprie abilità e definire dei piccoli obiettivi da conseguire volta per volta (Chung et al., 2019).

Ma siamo sicuri che una preparazione costante di molte ore settimanali, in questo caso, faccia bene alla salute?

Negli ultimi anni c’è stata una crescente preoccupazione, anche da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), degli effetti che l’uso eccessivo di videogiochi comporta sia in termini di salute fisica che mentale.

Alcune ricerche evidenziano una sintomatologia varia che si esprime attraverso: stress, disturbi del sonno, problemi di vista, dolori muscoloscheletrici, lesioni da uso eccessivo, disturbi metabolici o aumento di peso, e altri problemi comportamentali (ad esempio, dipendenza, violenza, aggressività) (Yin et al., 2020).

Secondo alcuni clinici il crescente fenomeno degli eSport potrebbe promuovere pratiche di gioco disfunzionali e disagio psicologico, che potrebbe culminare in una vera e propria esperienza patologica.

Tra tutti, i bambini e gli adolescenti sono particolarmente vulnerabili a comportamenti a rischio e forme di dipendenza. Il tempo eccessivo trascorso giocando/impegnandosi in eSport può, difatti, influire considerevolmente sul loro apprendimento, sul benessere mentale e sullo sviluppo.

Di fronte a questa evidenza, l’Oms ha voluto introdurre il Gaming disorder nell’ICD-11 all’interno della sezione relativa ai disturbi del comportamento legati alle dipendenze.

Il disturbo da gioco – gaming disorder (GD) – è caratterizzato da una perdita di controllo che comporta l’incapacità di regolare la durata delle sessioni di gioco o il contesto in cui si svolgono (Brevers,  King, & Billieux, 2020), con effetti deleteri anche negli altri ambiti di vita del soggetto. Anche nella quinta edizione del Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali (DSM 5) compare una diagnosi molto simile.

L’ Internet Gaming Disorder (IGD) viene inserito, infatti, nel 2013 dall’American Psychiatric Association ed è spiegato attraverso nove criteri comportamentali. Si considera una condizione clinica l’uso persistente e ricorrente di internet per partecipare a giochi che porta ad una compromissione o disagio significativo per un periodo di almeno 12 mesi. L’individuo con tale diagnosi manifesta:

  1. Preoccupazione riguardo ai giochi su Internet
  2. Sintomi di astinenza quando viene impedito il gioco
  3. Tolleranza – bisogno di trascorrere crescenti quantità di tempo
  4. Tentativi infruttuosi di limitare la partecipazione
  5. Perdita di interesse verso i precedenti hobby e divertimenti
  6. Uso continuativo ed eccessivo dei videogiochi nonostante la consapevolezza dei problemi psicosociali
  7. Avere ingannato i membri della famiglia, i terapeuti o altri riguardo alla quantità di tempo passata giocando su Internet
  8. Uso dei giochi su internet per eludere o mitigare stati d’animo negativi
  9. Perdita di una relazione, un lavoro o un’opportunità formativa o di carriera a causa della partecipazione costante all’attività di gaming.

Alla luce di questi sintomi, il disturbo del gioco, pertanto, condivide molte caratteristiche con le dipendenze dovute a sostanze psicoattive e con il disturbo del gioco d’azzardo, nelle quali sono peraltro attivate aree cerebrali simili (Saunders et al., 2017).

Come superare allora il dualismo sport – disturbo?

L’attuale formulazione dei criteri proposti dal DSM 5 non sembra distinguere il gioco problematico dal gioco competitivo. Difatti, come è già stato affermato, attualmente gli eSport rappresentano una possibile carriera professionale al pari di altri sport fisici o altre attività lavorative. Ciò significa che, come in qualsiasi altro lavoro, è normale dedicare molto tempo per il raggiungimento di un obiettivo, a scapito anche di altri interessi e relazioni (Nielsen & Karhulahti, 2017).

Tuttavia, è importante ribadire che il successo non nasce da un impegno ostinato e improvvisato, anzi!

Come in qualsiasi sport, appunto, l’eccessivo sovrallenamento è sempre controindicato e controproducente. La preparazione deve essere misurata e graduale, frutto di una pianificazione attenta.

Il giocatore, soprattutto, non deve sentirsi solo nella sua attività e, specialmente agli inizi, non deve mai trascurarne la dimensione ludica e ricreativa che implica la disciplina.

Sulla base di queste ultime considerazioni si ritiene pertanto necessario un supporto emotivo e sociale da parte di esperti e della famiglia del player. Lo psicologo dello sport, in particolar modo ha il ruolo, infatti, non solo di promuovere tecniche di ottimizzazione della prestazione, ma di favorire il benessere dei soggetti implicati nell’attività sportiva e di individuare, eventualmente, segnali clinici.

Al fianco di un team desideroso non solo di vincere, le emergenti squadre e associazioni di eSport dovrebbero sostenere innanzitutto un’interazione tra i giocatori, non solo in modalità online.

Garantire una dimensione umana e reale dell’attività consentirà, difatti, una continuità interpersonale sia online che offline, volta ad assicurare allo stesso tempo un maggior affiatamento di squadra.

 

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