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Overdose da videogiochi: conseguenze sul benessere del minore

Internet Gaming Disorder: numerosi i minori che, a causa dell'utilizzo eccessivo di videogiochi, riportano una compromissione del loro funzionamento globale

Di Maria Romeo

Pubblicato il 31 Mar. 2021

L’internet gaming disorder (dipendenza da videogiochi) è sempre più diffuso e le sue conseguenze, riportate da bambini, preadolescenti e adolescenti, possono essere fisiche, cognitive, relazionali, economiche ed emotive.

 

Ogni gioco è anzitutto e soprattutto un atto libero. Il gioco comandato non è più gioco; tutt’al più può essere la riproduzione obbligata di un gioco… il bambino e l’animale giocano perché ne hanno diletto, e in ciò sta la loro libertà. (Huizinga; 1946)

All’interno del suo Homo Ludens, Huizinga (1946) definisce l’attività del giocare come libera, spontanea, finalizzata al divertimento; di tale pensiero si potrebbe contestare che, se totalmente libero e privo di regole, il gioco potrebbe trasformarsi in qualcosa di caotico. A distanza di quasi un secolo dalla pubblicazione dell’opera di Huizinga, piuttosto che chiedersi se un gioco/videogioco comandato possa essere considerato iocus, ci si potrebbe chiedere se un gioco/videogioco che assume il controllo del giocatore, sia finalizzato al ludus o sia piuttosto una “trappola”.

Anche se ideati con lo scopo di intrattenere e divertire i giocatori, negli ultimi anni i videogiochi sono stati oggetto di numerose critiche, in quanto possibili generatori di dipendenza.

È necessario distinguere due differenti tipologie di dipendenza: quella da sostanza (tradizionale) e da non sostanza (new addiction o nuova dipendenza).

La prima si basa sull’abuso di sostanze psicoattive (neurodeprimenti e/o psicostimolanti), mentre la seconda, sotto un’altra veste, ma non per questo meno innocua, porta gli individui a dipendere da condotte socialmente accettabili, o per lo meno legali: si pensi allo Shopping Compulsivo, alla Dipendenza Affettiva, alla Dipendenza da Sport o da Lavoro, alla Dipendenza da Internet (Internet Addiction Disorder) e alla Dipendenza da Videogiochi (Internet Gaming Disorder).

Quest’ultima, dunque, rientra all’interno dell’archivio delle new addiction, anche se in maniera ufficiosa.

L’OMS ha già inserito il Gaming Disorder nella bozza dell’ICD-11, nella sezione delle Dipendenze Comportamentali, mentre il DSM-5 ha introdotto nella sua terza sezione, assieme al Gioco d’Azzardo Patologico, anche la Dipendenza da videogiochi (Esposito, Serra, Guillari, Simeone, Sarracino, Continisio, Rea; 2020).

L’introduzione di tale categoria diagnostica nel DSM però, potrebbe abbassare la credibilità dei disturbi psichiatrici in generale, non essendo l’Internet Gaming Disorder ufficialmente riconosciuto come disturbo (Petry, O’Brien; 2013); tuttavia è un problema emergente per la salute pubblica (Esposito, Serra, Guillari, Simeone, Sarracino, Continisio, Rea; 2020).

La Dipendenza da Videogioco si caratterizza per l’utilizzo eccessivo e persistente di Internet, o semplicemente di un dispositivo che non necessita la connessione Internet (personal computer, tablet, smartphone), per giocare online/offline (Feng, Ramo, Chan, Bourgeois; 2017); essendo una condizione clinica che necessita ulteriori approfondimenti, i criteri diagnostici per l’Internet Gaming Disorder sono stati formulati prendendo come riferimento quelli del Gioco d’azzardo patologico, del Disturbo da uso di sostanze e del Disturbo del controllo degli impulsi.

Secondo gli standard DSM-5, almeno 5 su 9 tra i seguenti criteri diagnositici devono essere presenti, per un periodo di 12 mesi, per porre diagnosi:

  • Preoccupazione eccessiva riguardo al gioco su Internet;
  • Sintomi di malessere quando non si gioca o quando si è impossibilitati a giocare (astinenza);
  • Tolleranza, ovvero necessità di aumentare il tempo impiegato a giocare;
  • Tentativi numerosi, vani e infruttuosi di ridurre il gioco su Internet;
  • Perdita di interesse nello svolgimento di attività prima piacevoli;
  • Uso eccessivo dei giochi nonostante la consapevolezza delle problematiche psicosociali che comporta;
  • Utilizzo dell’inganno sulla quantità di tempo impiegata a giocare;
  • Utilizzo del gioco per allontanare uno stato d’animo negativo;
  • Mettere a rischio relazioni, lavoro e opportunità formative a causa del gioco su Internet.

Sono numerose le controversie riguardo i criteri proposti per la diagnosi, oltre a quelle riguardanti la denominazione del quadro clinico. Una delle critiche principali è quella mossa da King e Delfabbro, i quali sottolineano che il criterio della preoccupazione riguardo al gioco non dovrebbe essere valutato in termini di tempo, ma di contenuto cognitivo (Kiraly, Griffiths, Demetrovics; 2015). Un altro criterio diagnostico messo in discussione è l’uso dell’inganno riguardo al tempo speso a giocare: nella maggior parte dei casi, il gioco si svolge a casa del giocatore, quindi quest’ultimo non potrebbe mentire totalmente sulla quantità di tempo di gioco. Inoltre, i soggetti che vivono da soli, non avrebbero bisogno di mentire a nessuno. Un’ulteriore fonte di confusione sta nel fatto che l’acronimo IGD (Internet Gaming Disorder), comprende sia la Dipendenza da Videogioco online che offline; ciò è certamente fuorviante, in quanto la denominazione IGD esclude i giochi offline per definizione, ma nello stesso tempo li include.

I tassi di prevalenza per la Dipendenza da Videogioco differiscono nei vari contesti culturali e sono influenzati dagli strumenti utilizzati per la valutazione (Han, Kim, Bae, Renshaw, Anderson; 2015), dall’ambiente familiare, dai fattori psicosociali e dalla presenza di altre sindromi in comorbilità.

I risultati delle indagini fino ad ora svolte, hanno identificato le seguenti stime di prevalenza: 9% a Singapore, 8,5% negli USA, 1,7 % in Germania, 4,6 % in Ungheria, 4,1% in Norvegia, 0,6% in Spagna, 1% nei Paesi Bassi, 1,3% in Romania, 1,8% in Islanda, 2% in Polonia, 2,5 % in Grecia (Kiraly, Griffiths, Demetrovics; 2015). In Italia invece, i tassi di prevalenza si aggirano attorno allo 0,5% della popolazione, soprattutto adolescenziale.

Nonostante c’è chi sostenga che non ci siano prove sufficienti per considerare l’Internet Gaming Disorder un vero e proprio disturbo mentale, sono numerosi i minori che, a causa di un utilizzo eccessivo dei videogiochi, riportano una compromissione del loro funzionamento globale.

Le conseguenze riportate da bambini, preadolescenti e adolescenti con Internet Gaming Disorder possono essere distinte in fisiche, cognitive, relazionali, economiche ed emotive.

Le problematiche fisiche più frequenti sono dolore agli occhi, secchezza oculare, mal di testa, stanchezza, dolore alle articolazioni, fluttuazioni di peso, incuria della propria igiene personale, alterazione nell’evoluzione della prensione corretta di penne e matite, mal di schiena (Kiràly, Griffiths, Demetrovics; 2015), affaticamento mentale, alterazione dei ritmi sonno-veglia causati dall’utilizzo di dispositivi portatili prima di andare a dormire. La luce proveniente dagli schermi di smartphone e tablet stimola la retina, a seguito di tale stimolazione, si riduce la secrezione di melatonina (ormone del sonno); minore è la concentrazione di melatonina in circolo nell’organismo, maggiore è la difficoltà ad addormentarsi. La perdita di sonno, a lungo andare, comporterà delle conseguenze negative a cascata, tra cui maggiore affaticabilità fisica, difficoltà di attenzione e concentrazione, difficoltà mnemoniche e calo del rendimento scolastico. Il principale fattore di mantenimento dell’alterazione dei ritmi sonno-veglia, quindi, è la possibilità di poter utilizzare a letto i dispositivi digitali, in quanto portatili (Wong, Mo, Potenza, Chan, Lau, Chui, Pakpour, Lin; 2020).

I soggetti con Internet Gaming Disorder lamentano Sindrome da tunnel carpale e Sindrome testa-collo (Adamczyk; 2019). La prima è il risultato di uno squilibrio muscolare, dovuto all’utilizzo eccessivo dello smartphone o del tablet e si caratterizza per dolori al polso, mano e dita, mentre la seconda è causata dalla flessione prolungata in avanti e dall’alterazione della lordosi cervicale naturale. Tra i disturbi muscoloscheletrici conseguenti all’utilizzo eccessivo dei videogiochi, rientra anche la tendinite stenosante radiale, caratterizzata dall’infiammazione dei tendini della mano a causa della continua ripetizione di un gesto (si pensi al movimento continuo dei tasti del joystick della play-station).

In merito alle conseguenze relazionali, l’Internet Gaming Disorder compromette i rapporti interpersonali: progressivamente, il giocatore sostituisce le relazione del mondo offline, con le relazioni tra personaggi virtuali, all’interno del mondo videoludico. È come se il gamer sviluppasse un attaccamento alla propria identità online (avatar), percepita come estensione del sé, come amico intimo (King, Delfabbro; 2014). Secondo Caplan, i videogiocatori patologici preferirebbero le interazioni sociali online in quanto crederebbero di essere più al sicuro, rispetto alle relazioni sociali vis à vis. Ovviamente, i minori che dedicato un tempo eccessivo a giocare online/offline, hanno meno tempo per l’interazione con i pari: l’isolamento sociale, quindi, è una conseguenza dell’IGD.

Non meno problematiche sono le conseguenze economiche, considerando che alcuni dei nuovi videogames richiedono l’acquisto di gadjet per aumentare la probabilità di vincere, portando i gamers a spendere somme elevate di denaro online (Hawi, Samaha, Griffiths; 2018).

Infine, riguardo la sfera affettiva e psicologica, i minori con Internet Gaming Disorder sono più irritabili, ansiosi, depressi e riportano maggiore livelli di distress psicologico, se confrontati con i pari senza IGD.

Riassumendo, l’utilizzo eccessivo e persistente dei videogiochi online e/o offline, è in grado di determinare uno stato di malessere fisico, psicologico, cognitivo e relazionale nel videogiocatore; tuttavia, la sola visione del videogioco come strumento diseducativo e generatore di malessere, è alquanto riduttiva.

I videogames sono dei validi strumenti utilizzati per il potenziamento delle abilità attentive e mnemoniche, per lo sviluppo di abilità empatiche e per la stimolazione della creatività nel videogiocatore.

Si pensi a Brain Training, videogioco che propone una serie di esercizi mnemonici, attentivi, di aritmetica, oltre a quesiti di Sudoku.

Un altro ambito in cui i videogiochi vengono impiegati in modo vantaggioso, è quello scolastico: Immune Attack, ad esempio, è stato ideato per far comprendere, agli studenti delle scuole superiori, il funzionamento del sistema immunitario (Triberti, Argenton; 2019).

In ambito terapeutico, invece, i videogiochi con grafica 3D, in grado di suscitare emozioni complesse come stupore e meraviglia, vengono utilizzati con i pazienti oncologici e psichiatrici per rendere più serena l’ospedalizzazione.

Il problema, dunque, non è l’uso dei videogiochi, ma “l’overdose” degli stessi.

 

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