Le allucinazioni uditive caratterizzano i pazienti affetti da schizofrenia e rientrano tra i cosiddetti sintomi positivi (American Psychiatric Association, 2013).
È per questo motivo che i farmaci antipsicotici costituiscono la pietra miliare nel trattamento di questi pazienti ma, nonostante ciò, la frequenza delle allucinazioni uditive continua ad essere persistente, determinando una grave compromissione del funzionamento globale dei soggetti, al punto di costituire uno dei maggiori predittori della riospedalizzazione (McGregor et al., 2018).
Questi sintomi possono differire significativamente nella loro fenomenologia: possono assumere la connotazione di comandi, predisponendo spesso i pazienti ad un maggior rischio di suicidio e/o omicidio (Pandarakalam, 2016) o, ancora, di commenti o conversazioni.
La loro manifestazione può condurre alla messa in atto di veri e propri conflitti con sé stessi e con la propria vita, attraverso tre diversi aspetti. Il primo aspetto è dato dalla natura intrusiva e saliente delle allucinazioni. Le voci sono invasive e difficili da ignorare (Chadwick et al., 1996), distolgono l’attenzione del soggetto e possono diventare una fonte di frustrazione e ansia, portando spesso a tentativi di evitarle o controllarle.
Il secondo aspetto riguarda il contenuto verbale dell’esperienza allucinatoria che potenzia la fusione cognitiva, cioè la predisposizione a divenire un tutt’uno con i propri pensieri, le proprie sensazioni e i propri ricordi, a causa di una forte convinzione rispetto al loro contenuto letterale (Morris et al., 2013). L’ultimo elemento è la qualità interpersonale dell’allucinazione. I pazienti spesso assegnano identità ed intenzioni alle loro voci e si rapportano a queste ultime come se esistessero nella realtà esterna (Chadwick & Birchwood, 1994).
Data l’elevata pervasività di questi sintomi, negli ultimi anni, sono emerse nuove tipologie di intervento che si sono poste l’obiettivo di aiutare i pazienti affetti da schizofrenia ad accettare le loro allucinazioni uditive e a disinnescare la sensazione di angoscia (Strauss et al., 2015). Tra questi interventi vi è l’Acceptance and Commitment Therapy (ACT; Hayes et al., 1999), una terapia di stampo cognitivo-comportamentale di terza ondata che negli ultimi anni è stata utilizzata anche per il trattamento di pazienti affetti da schizofrenia con allucinazioni (Thomas et al., 2014).
Essa si concentra sul cambiamento del rapporto del paziente con le voci, piuttosto che sulle voci stesse. Per esempio, attraverso il lavoro di accettazione un paziente che tipicamente risponde alle allucinazioni uditive con l’isolamento sociale o discutendo con loro, può sviluppare una vasta gamma di risposte comportamentali alternative, come uscire di casa, avere una conversazione con un’altra persona o impegnarsi in altre attività (Bach et al., 2006). L’ACT facilita lo spostamento dell’enfasi dei pazienti; difatti, essi passano dal concentrarsi sul tentativo di controllare gli eventi interni a concentrarsi maggiormente sui processi di cambiamento del comportamento che possono condurre a risultati positivi (Levin et al., 2012).
Ai pazienti viene dunque insegnato di abbandonare l’idea di poter controllare tali eventi mentali e ad accettare la loro presenza ma, l’accettazione non va confusa con l’arrendevolezza, bensì con il riconoscimento che i pensieri sono prodotti di eventi mentali, piuttosto che del sé (Hayes et al., 1999).
Nonostante all’oggi siano state prodotte alcune evidenze rispetto all’efficacia dell’ACT nel trattamento delle allucinazioni uditive, risultano necessarie ulteriori ricerche.
Motivo per cui uno studio preso in esame è stato condotto con l’obiettivo di indagare l’effetto dell’applicazione dell’ACT sull’allucinazione uditiva nei pazienti con schizofrenia. Esso è stato condotto nei reparti di degenza di psichiatria dell’ospedale El-Maamoura ad Alessandria (Egitto). All’indagine hanno preso parte 70 pazienti di sesso maschile, che sono stati assegnati in maniera casuale al gruppo sperimentale ed al gruppo di controllo. Oltre al trattamento convenzionale, i soggetti assegnati al primo gruppo hanno partecipato a sei sessioni di ACT.
Rispetto agli strumenti, in prima battuta è stata condotta un’intervista strutturata al fine di raccogliere le informazioni sociodemografiche ed i dati clinici dei pazienti.
La Psychotic Symptom Rating Scale (PSYRATS-AH; Haddock et al., 1999) è stata utilizzata per valutare le allucinazioni uditive, sia per quanto concerne le caratteristiche fisiche, sia per quelle emotive che quelle cognitive. La Voices Acceptance and Action Scale (VAAS; Shawyer et al., 2007) è stata impiegata per valutare due costrutti: l’accettazione delle allucinazioni uditive e la capacità di agire autonomamente. È bene sottolineare che gli strumenti appena descritti sono stati utilizzati sia all’inizio che al termine dell’indagine. Inoltre, è stato effettuato un follow-up dopo tre mesi, al fine di valutare sia l’efficacia della terapia a seguito della dimissione dei pazienti, che il tasso di riospedalizzazione e la compliance rispetto alla terapia farmacologica.
I risultati dello studio preso in esame hanno mostrato un miglioramento in tutti gli aspetti delle allucinazioni uditive dopo l’implementazione dell’ACT. Difatti, la gravità dei punteggi medi di tutte le caratteristiche delle allucinazioni è diminuita nei pazienti del gruppo sperimentale rispetto ai pazienti del gruppo di controllo. Rispetto alle caratteristiche fisiche, i pazienti hanno riportato una diminuzione nella frequenza delle allucinazioni e del tono delle voci. Si è assistito al contempo anche ad un miglioramento delle caratteristiche cognitive, comprese le credenze sulle origini delle voci, nel malfunzionamento globale e nella controllabilità dei sintomi.
Questi risultati sono attribuibili all’effetto delle attività e dei processi dell’ACT che mirano ad ampliare la flessibilità psicologica del paziente nell’affrontare l’allucinazione uditiva. Nelle sessioni dell’ACT, i partecipanti si sono esercitati nell’adottare la posizione di un osservatore dell’esperienza vocale e nel promuovere un atteggiamento di disponibilità nello sperimentare le voci mentre perseguono un’azione. Per quanto riguarda le caratteristiche emotive delle allucinazioni uditive, i partecipanti hanno riferito di avere meno voci angoscianti rispetto al gruppo di controllo. Questo può essere attribuito all’efficacia degli esercizi di Mindfulness, praticati nelle diverse sessioni.
Inoltre, i risultati hanno mostrato un aumento della compliance rispetto alle prescrizioni farmacologiche ed una diminuzione del tasso di riospedalizzazione.
In conclusione, i risultati dello studio mostrano come l’applicazione dell’ACT all’interno degli ospedali psichiatrici potrebbe influenzare positivamente il modo di affrontare le allucinazioni uditive tra i pazienti con schizofrenia. Pertanto, sarà obbligatorio integrare tali pratiche negli interventi per far sì che i pazienti possano essere resilienti rispetto alla diversità delle esperienze allucinatorie uditive, in modo da poter migliorare la loro qualità della vita.