La fibromialgia (FM), con una prevalenza del 2.9% nella popolazione europea (Branco et al., 2010), è una malattia reumatica, cronica e debilitante che include dolore persistente ed affaticamento, spesso associati a problematiche psicologiche.
Oltre a disturbi del sonno, difficoltà cognitive e sensazioni di angoscia (Wolfe et al., 2010), può emergere in concomitanza una sintomatologia ansiosa e depressiva (Vincent et al., 2015).
Sebbene la sua eziologia sia ancora in esplorazione, probabilmente alla base sono presenti disfunzioni del sistema nervoso autonomo, squilibri di neurotrasmettitori e ormoni, ed eventi stressanti esterni.
Nonostante alcuni studi abbiano dimostrato l’efficacia dei trattamenti farmacologici con antidepressivi per i pazienti aventi fibromialgia (Häuser et al., 2012), gli interventi psicoterapeutici, come la Terapia Cognitivo Comportamentale (CBT), sembrano essere promettenti. Anche se i suoi effetti non sono chiari e stabili nel tempo, questa permette un miglioramento nelle capacità di fronteggiare il dolore, riduce l’umore depresso e i comportamenti di ricerca di cura del paziente (Hassett & Gevirtz, 2009; Nüesch et al., 2013).
Studi condotti sull’Acceptance and Commitment Therapy (ACT), hanno dimostrato la sua efficacia nel migliorare il dolore e la tendenza a catastrofizzarlo, l’ansia e la depressione, portando i pazienti con FM all’accettazione incondizionata della propria esistenza e ad un maggiore benessere (Luciano et al., 2014). Con il progredire della terapia, il paziente potenzia la sua flessibilità psicologica, per cui diviene in grado di funzionare nel presente, adattando il proprio comportamento in virtù dell’obiettivo che persegue e senza più alcuna difesa (Hayes et al., 2006).
L’ACT, guidata dai valori del paziente, è orientata all’accettazione (Lindsay & Creswell, 2017) e permette un monitoraggio continuo dell’esperienza presente, ottenendo benefici in termini di consapevolezza che favorisce una riduzione della sintomatologia fibromialgica.
Un ulteriore protocollo di intervento che ha portato benefici tra i pazienti con ansia e depressione, è l’Attachment-Based Compassion Therapy (ABCT; García-Campayo et al., 2016), basata sul costrutto della compassione (Leaviss & Uttley, 2015). Questo implica il riconoscere e comprendere l’universalità della sofferenza, accettare quella degli altri e al contempo agire volendola alleviare (Strauss et al., 2016).
L’ABCT comprende esercizi di addestramento alla compassione, su come offrirla e riceverla da amici, individui problematici, sconosciuti, oltre che da sé stessi. Vengono anche promosse ulteriori virtù interpersonali, come il perdono e la gratitudine.
Secondo la ricerca, provare compassione induce emozioni positive (Fredrickson et al., 2008), riducendo le risposte immunitarie e comportamentali generate dallo stress (Pace et al., 2009).
Il costrutto dell’attaccamento, sul quale si basa il programma, consente di comprendere quanto le relazioni precoci tra genitore e figlio, siano implicate nello sviluppo della psicopatologia. L’attaccamento, infatti, oltre ad influenzare la risposta emotiva all’interno delle relazioni interpersonali, condiziona l’immagine di sé che si verrà a strutturare. Grazie alla consapevolezza e alla chiarificazione dei valori nei campi della famiglia, dell’amicizia, dell’amore, del lavoro, della spiritualità e del benessere generale, l’ABCT promuove l’accettazione della condizione specifica di ciascun individuo, migliorandone il suo funzionamento in ogni contesto (García-Campayo et al., 2016). L’obiettivo del protocollo diviene modificare gli stili di attaccamento disfunzionali, promuovendo una risposta emotiva positiva nelle relazioni e sentimenti di compassione.
L’efficacia dell’ABCT nel trattamento della fibromialgia è stata esaminata dallo studio di Montero-Marín et al. (2018), condotto su 42 soggetti assegnati in modo casuale alla sessione sperimentale (di ABCT) o a quella di rilassamento, che costituiva il gruppo di controllo. Entrambe le terapie erano strutturate in otto sessioni settimanali, della durata di due ore, seguite da 3 sessioni mensili di mantenimento.
Secondo la letteratura, la terapia basata sul rilassamento (REL) che comprendeva tecniche d’immaginazione, training autogeno, rilassamento muscolare progressivo e respirazione controllata, consente un miglioramento della sintomatologia fibromialgica (Meeus et al., 2015).
L’intervento del gruppo sperimentale aveva come obiettivo l’incremento degli atteggiamenti compassionevoli del paziente, essere gentile verso la propria esperienza di sofferenza legata alla malattia e verso la sofferenza altrui.
Entrambi i gruppi sono stati sottoposti ad un ulteriore trattamento, di tipo farmacologico, che prevedeva la somministrazione di antidolorifici, antidepressivi nel caso di diagnosi di depressione e sonniferi al bisogno.
L’outcome primario, indagato a seguito del trattamento, era lo stato funzionale del paziente (con il Fibromyalgia Impact Questionnaire; FIQ; Rivera & González, 2004). Gli esiti secondari erano: gravità clinica (con il Clinical Global Impression-Severity Scale, CGI-S; Díaz-Marsá et al., 2011), catastrofizzazione del dolore (con il Pain Catastrophizing Scale, PCS; García Campayo et al., 2008), ansia e depressione (con l’Hospital Anxiety and Depression Scale, HADS-A e HADS-D; Vallejo et al., 2012), qualità della vita (con la VAS of the EuroQol, EQ-5D; Badia et al., 1999) e flessibilità psicologica (con l’Acceptance and Action Questionnaire, AAQ-II; Ruiz et al., 2013).In seguito è stato valutato quanto la flessibilità psicologica fosse implicata nel miglioramento clinico dei pazienti con fibromialgia trattati con l’intervento target.
Dallo studio è emerso che i pazienti con fibromialgia che erano stati sottoposti sia all’Attachment-Based Compassion Therapy che al trattamento farmacologico, avevano guadagnato maggiore benessere generale, che era persistito al follow-up avvenuto al terzo mese rispetto a coloro sottoposti a rilassamento e all’intervento farmacologico.
Inoltre avevano riportato un miglioramento della qualità della vita, della flessibilità psicologica, una riduzione della gravità clinica, dell’ansia e della depressione, mentre non è variata la tendenza a catastrofizzare l’esperienza di dolore. Questa è un aspetto chiave della fibromialgia, sulla quale agiscono efficacemente approcci cognitivamente più complessi, come l’ACT (Luciano et al., 2014).
La flessibilità psicologica emerge per entrambi i trattamenti (ABCT e rilassamento), come fattore chiave del miglioramento della salute globale, del catastrofismo verso il dolore, dell’ansia e depressione al follow-up tre mesi dopo. Questo è coerente con la letteratura che, considerandola elemento transdiagnostico, favorisce i processi di cambiamento psicopatologico in condizioni complesse e croniche (Dionne et al., 2013).
A partire da questo primo studio sull’efficacia dell’ABCT, che ne ha dimostrato il valore clinico nel trattamento della fibromialgia, la ricerca futura dovrebbe sondare ulteriori fattori legati alla terapia che porterebbero al miglioramento sintomatologico. Tra questi, ad esempio, il ruolo dei vari stili di attaccamento, della compassione e della consapevolezza, e come sinergicamente interagiscono con la flessibilità psicologica (Velasco et al., 2016).