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Immaginare il proprio futuro può divenire un ostacolo nel vivere il presente? Indagine comparativa tra disturbi d’ansia e disturbi di panico nell’orientamento al futuro

In che modo l'orientamento al futuro può influire sulla presenza di quadri psicopatologici quali disturbi d'ansia, panico e rimuginio?

Di Andrea Coluccia

Pubblicato il 19 Feb. 2021

Nei disturbi d’ansia e di panico si possono presentare distorsioni temporali, rispetto a un presente, sentito come particolarmente intenso e a tratti difficile da gestire, e a un futuro, vissuto spesso come incerto e incontrollabile.

Andrea Coluccia – OPEN SCHOOL Psicoterapia Cognitiva e Ricerca Mestre

 

La prospettiva temporale è stata definita da Savickas (2011) come un “quadro mentale del passato, presente e futuro”. É di fatti un’esperienza personale del tempo caratterizzata da un senso di continuità tra i tre momenti temporali.

Questo quadro mentale è influenzato da credenze circa la realizzabilità degli obiettivi che un individuo si prefigge, che incidono sulla presenza dei disturbi d’ansia e disturbi di panico. Diversi studi, tra cui per la prima volta quelli di Trommsdorff (Future orientation and socialization, 1983), hanno messo in luce come buone capacità nella prospettiva temporale sono essenziali per organizzare le normali attività quotidiane e per un corretto funzionamento sociale.

Ma da cosa dipendono queste capacità e soprattutto come influiscono sulla presenza di disturbi psicologici?

L’orientamento al futuro

Diversi studi, a partire da quelli di Nuttin (1996), hanno dapprima preso in considerazione l’organizzazione e lo sviluppo delle funzioni esecutive (come la pianificazione e l’esecuzione finalistica) in quanto rilevanti nello studio sulla prospettiva futura.

Alcune ricerche hanno evidenziato come si presentino differenti sensibilità e stati psicologici di fronte ai fattori temporali: in una situazione in cui una persona è rilassata, ad esempio, prende il sole in riva al mare, senza avere alcun impegno in programma, il tempo non è un problema. Se si chiede a questa persona quanto tempo ha passato su quella spiaggia, la durata percepita è molto più breve del tempo oggettivo trascorso.

Una situazione diversa è quella in cui una persona è in attesa di una chiamata importante, ma non sa quando questa chiamata potrà arrivare. In questa contingenza chi è in attesa controlla ripetutamente l’orologio, per scoprire probabilmente che il tempo oggettivo non è avanzato di molto dall’ultimo controllo. La discrepanza tra le due situazioni indica che i giudizi soggettivi di durata del tempo, poggiano su processi cognitivi ed emotivi differenti.

Mentre nel primo caso sono stati coinvolti dei processi di giudizio di durata retrospettiva, nella seconda situazione, in particolare, processi di giudizio di durata prospettica, mettendo in luce come la prospettiva futura dipenda da numerose variabili, interne ed esterne, e che sono soggette a variazioni a seconda delle situazioni che si presentano.

Teorie e ipotesi sulla prospettiva temporale

Nuttin (Future Time Perspective, 1985) osserva che l’organizzazione di un determinato “piano di vita” avviene intorno a fini che in parte sono dettati da esigenze individuali, in parte dagli obiettivi che la struttura sociale tende a privilegiare. Nella sua teorizzazione, le motivazioni rappresentano l’espressione concreta e funzionale dei bisogni che a loro volta costituiscono gli elementi fondamentali dell’inserimento dell’uomo nel mondo.

Una delle caratteristiche del comportamento umano è la sua strutturazione in una “sequenza di obiettivi”, il che significa che ogni condotta assume il suo significato all’interno di un contesto progettuale più esteso, complesso e articolato.

La prospettiva temporale assume un’importanza cruciale nell’impostazione teorica di Nuttin, per il quale i concetti di anticipazione e di aspettativa sono indice di un costante orientamento dell’individuo verso il futuro. L’anticipazione non costituisce solo l’esito dell’esperienza passata, ma un orientamento dinamico verso il futuro, che risulta correlato con la motivazione, e connesso con l’elaborazione cognitiva di obiettivi e progetti.

Al giorno d’oggi, la modalità con cui i giovani vivono il presente risulta sostanzialmente modificata rispetto alla tradizionale rappresentazione del loro vissuto temporale.

Il tempo presente è modellato dall’atteggiamento verso il passato, da un lato, e verso il futuro, dall’altro. Ad esempio, se il pensiero del futuro è caratterizzato da incertezza ed inquietudine, allora anche il quotidiano perderà di senso e di valore. Il tempo smetterà di apparire una risorsa preziosa e non sarà considerato un mezzo che consente di raggiungere obiettivi futuri, ma potrà apparire come eccessivamente lungo, uniforme e senza qualità.

Un atteggiamento ottimistico verso il futuro tende a dipendere dal valore positivo o negativo degli obiettivi che si progettano e si prevedono e dalla probabilità soggettiva della loro realizzazione. Importante è anche la percezione delle tre direzioni temporali (passato, presente, futuro) come legate fra loro, oppure, contrapposte.

Si tratta di un’impressione di continuità o di discontinuità temporale e, soprattutto, di ciò che Nuttin ha definito integrazione temporale, ovvero “coscienza di un futuro in continuità attiva con il presente ed il passato e una disposizione all’attribuzione interna che riconosce il ruolo dell’azione personale nei risultati ottenuti”.

Pertanto in presenza di determinati disturbi, come disturbi d’ansia e di panico, si possano presentare distorsioni temporali, rispetto a un presente, sentito come particolarmente intenso e a tratti difficile da gestire, e a un futuro, vissuto spesso come incerto e incontrollabile.

Disturbi d’ansia e di panico e interpretazione del futuro: rimuginare per potersi preparare al peggio

L’ansia spesso viene identificata come uno stato di malessere ma in realtà è un’emozione di base di tutti gli esseri umani che si attiva quando si percepisce una situazione come potenzialmente pericolosa. Per questo può essere considerata una risorsa in grado di dare lo sprint necessario per affrontare situazioni che richiedono un determinato livello di allerta.

L’ansia diventa disfunzionale quando è eccessiva e sproporzionata rispetto alla situazione, comportando diversi cambiamenti nel corpo, nei pensieri, nelle emozioni e nel comportamento della persona che la sperimenta.

Secondo il modello cognitivo dell’ansia di Clark & Beck (2010), un determinato evento, il cosiddetto stimolo attivante, che può essere rappresentato da una sensazione fisica, un pensiero, un’immagine o una situazione esterna, viene valutato inizialmente in modo rapido e involontario. Per gli individui ansiosi questo stimolo assume una valenza negativa perché percepito come un possibile pericolo. Influenza i processi emotivi e comportamentali e attiva una modalità di minaccia, che innesca un ciclo di pensieri legati alla percepita mancanza di risorse e a preoccupazioni che aumentano lo stato ansioso, determinando il meccanismo del rimuginio ansioso: una strategia di regolazione delle emozioni che implica la costruzione ripetuta di ipotetici scenari futuri negativi in condizioni di incertezza.

Questo processo di ricorsività del pensiero è un processo transdiagnostico che si accompagna a tutti i disturbi con una componente ansiosa, e in modo particolare, oltre ai disturbi di ansia generalizzata e ansia sociale, ai disturbi di panico, in cui sono gli stessi segnali somatici a divenire il principale oggetto del rimuginio (Sassaroli, Ruggiero, 2008).

Sia per i disturbi d’ansia, che per i disturbi di panico, il rimuginio rappresenta un’operazione costosa per il proprio presente: le persone che rimuginano, investono molto tempo ed energia, avendo ripercussioni sul benessere e sulle prestazioni.

Per quanto riguarda il danno al benessere, in particolare nei disturbi di panico, il rimuginio può portare a numerosi sintomi fisici invalidanti, come insonnia, mal di testa e irrequietezza, oltre a dolori cronici. Ciascuna di queste condizioni fisiche è associata al perseverare dei sintomi tipici di panico, che il rimuginio mantiene attivi sostenendo uno stato di allerta continuo e incrementando l’intensità dell’ansia. Sassaroli (2019) e altri autori sottolineano come in pensieri ipotetici e preoccupazioni orientate al futuro, il rimuginio agisce da freno a mano sulle attività del presente, non permettendo di raggiungere uno stato di sicurezza, poiché tiene in vita la minaccia nella mente focalizzando l’attenzione su di essa.

La seconda conseguenza negativa del rimuginio associato a questi disturbi è l’ingente richiesta al sistema cognitivo, impattando sulla memoria di lavoro. La capacità di concentrarsi o di svolgere contemporaneamente un secondo compito è danneggiata dal momento in cui parte della memoria di lavoro è occupata nell’attività del rimuginio.

Secondo Freeston (2000) diviene anche un ostacolo anche nelle capacità di problem-solving, dal momento che molte persone lo utilizzano a questo scopo.

Inoltre, a differenza dei disturbi d’ansia, nei disturbi di panico tende a instaurarsi in più anche la paura della paura che condiziona l’orientamento al futuro. Le sensazioni somatiche del panico, spesso improvvise e inspiegabili, sono seguite da un’interpretazione catastrofica (“non respiro… e se mi sento male? Mi sta venendo un infarto?”) che a sua volta aumenta i sintomi generando il “vortice del panico” in cui la persona provando ansia anticipatoria per la paura di avere nuovi attacchi di panico, innesca di nuovo tutto il meccanismo, come si può vedere dall’immagine.

Disturbi d ansia panico e rimuginio effetti negativi del riflettere sul futuro IMM1

Imm. 1 – Meccanismo alla base del panico

Immaginare il futuro può divenire un ostacolo per vivere bene il presente?

Per molte persone il rimuginio ha uno scopo funzionale (es: mantenimento di una condizione di sicurezza) mentre per altri abbandonarlo significa perdere dei punti di riferimento, sentendosi vulnerabili ad eventuali minacce future. La maggior parte degli psicologi, tra cui Sassaroli e Ruggiero (2019), sia per i disturbi di ansia che per i disturbi di panico, sottolineano come preoccuparsi eccessivamente per eventi futuri, ritenuti come catastrofici, non sempre porta a strategie funzionali per fronteggiarli. Oltre a non rappresentare un efficace metodo di soluzione di un problema che potrebbe ipoteticamente presentarsi, non permette di rimanere concentrati e vivere a pieno le attività del presente.

I contenuti di pensiero tipici di ansia e panico tendono ad essere astratti e privi della capacità di portare avanti un’azione: spesso si estendono a contenuti distanti dalla tematica principale, costruendo un processo di problem solving che esige un grande dispendio di tempo e di energie mentali, portando a un conseguente abbassamento del tono dell’umore o un’amplificazione del vissuto di paura e minaccia, e ciò tende a influire notevolmente sulla qualità del presente, in particolare sui disturbi di panico nei quali l’ansia anticipatoria nei confronti delle situazioni che si affrontano tende ad essere quasi sempre presente, non permettendo che le diverse attività possano essere condotte con serenità e inficiando a volte sulle relazioni sociali.

Molti studiosi si interrogano su come separarsi da questi stili di pensiero, che rappresentano un fattore di mantenimento di questi disturbi, correndo il rischio che la persona non riesca a vivere con tranquillità il normale trascorrere del tempo.

Innanzitutto bisogna fare alcune distinzioni: una cosa è vivere e sentire pienamente i propri stati d’animo e le proprie emozioni spiacevoli, con consapevolezza, accogliendole positivamente ed accettandole per quelle che sono; altra cosa è passare tanto tempo del presente rimuginando continuamente sui propri pensieri, al fine di individuare soluzioni o alternative a problemi che forse non si presenteranno mai, o nel tentativo di cambiare o modificare un evento futuro immaginato.

Si mette quindi in evidenza l’importanza di riuscire a tollerare alcuni stati spiacevoli, nonostante ciò possa risultare complesso, ricordandoci di tornare nel presente e agendo su di esso prima che possa sfuggire di mano, vivendolo in uno stato di piena consapevolezza.

 

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Andrea Coluccia
Andrea Coluccia

Psicologo - Specializzando Psicoterapeuta presso Studi Cognitivi

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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