La VR ha dimostrato di essere efficace nell’indurre reazioni di stress e ansia che sono paragonabili a quelle osservate in analoghe situazioni di vita reale. Questa caratteristica ha contribuito all’implementazione della VR come metodo per il trattamento del Disturbo da Stress Post Traumatico.
LO PSICOLOGO DEL FUTURO – (Nr. 8) La realtà virtuale per il trattamento del Disturbo da Stress Post Traumatico
La prevalenza del Disturbo da Stress Post Traumatico (PTSD) negli Stati Uniti è di circa l’8,7%. È stato riscontrato che i tassi di PTSD sono più alti tra i veterani e altre persone la cui scelta lavorativa aumenta il rischio di esposizione traumatica (es. vigili del fuoco) e tra i sopravvissuti allo stupro. Questa patologia, inoltre, è più diffusa nelle donne (Botella, Serrano, Baños & Garcia-Palacios, 2015).
Il disturbo da stress post-traumatico (PTSD) affligge fino ad un terzo di coloro che affrontano un evento traumatico (Cusack et al., 2016; APA, 2013) e la natura debilitante di tale disturbo pone alla luce la necessità di implementare un intervento tempestivo ed efficace. Esiste un’ampia gamma di trattamenti psicologici per il disturbo da stress post-traumatico, tra questi il trattamento di Esposizione Prolungata si è rivelato altamente efficace nel ridurre i sintomi del disturbo da stress post-traumatico ed è considerato una procedura di prima linea per il trattamento di tale disturbo secondo numerose linee guida (APA, 2017; International Society for Traumatic Stress Studies ISTSS, 2018).
I meccanismi alla base del trattamento di Esposizione Prolungata possono essere spiegati dalla teoria dell’elaborazione emotiva, che afferma che una struttura di paura fobica viene attivata al confronto con informazioni rilevanti per il trauma. Di conseguenza, i meccanismi per la riduzione dei sintomi implicano l’attivazione della struttura della paura mediante il confronto ripetuto con uno stimolo temuto (immaginale o in vivo) per ottenere l’abitudine e l’estinzione della reazione ansiosa (Foa e Kozak, 1986). Quindi, le componenti principali del trattamento di Esposizione Prolungata sono l’esposizione in vivo e l’esposizione immaginativa a stimoli correlati all’esperienza traumatica, oltre alla psicoeducazione e alla respirazione controllata. L’esposizione in vivo consiste nell’approccio graduale e sistematico a situazioni che i pazienti evitano. L’esposizione immaginativa, invece, implica la rivisitazione della memoria nell’immaginazione e il racconto dell’evento traumatico (Foa, Gillihan & Bryant, 2013; Foa, Hembree & Rothbaum, 2007).
Sebbene il coinvolgimento emotivo sia la chiave per il risultato del trattamento, questo è particolarmente difficile da ottenere nel contesto dell’esposizione immaginativa, poiché molti pazienti mostrano problemi nella visualizzazione dell’evento traumatico o dei dettagli correlati (Foa, Huppert e Cahill, 2006; Rizzo & Shilling, 2018). L’esposizione in vivo, a sua volta, pone la sfida di fornire stimoli di vita reale che siano adatti per un’esposizione sistematica e graduata (Bohil, Alicea, & Biocca, 2011).
Oltre le sfide delle esposizioni in vivo: la realtà virtuale
Un approccio praticabile per superare questi problemi è fornito dalla tecnologia della realtà virtuale (VR).
La VR ha dimostrato di essere efficace nell’indurre reazioni di stress e ansia che sono paragonabili a quelle osservate in analoghe situazioni di vita reale (Kothgassner et al., 2016; Dibbets, 2019).
Tutte queste caratteristiche hanno contribuito all’implementazione della VR come metodo per il trattamento di Esposizione Prolungata.
Attualmente, esistono già alcuni sistemi VR per il trattamento del PTSD; dalla pubblicazione del primo caso di studio che utilizzava la Virtual reality exposure-based therapy (VR-EBT) per trattare questo problema nel 1999, il numero di studi è aumentato notevolmente (Rothbaum et al., 1999).
In letteratura, sono chiaramente identificati due tipi di ambienti VR per il trattamento del PTSD:
Un ambiente VR con situazioni molto specifiche e realistiche (Rothbaum et al., 1999; Cárdenas-López & de la Rosa, 2011).
Un ambiente VR flessibile che utilizza il simbolismo per rappresentare qualsiasi evento traumatico (Baños et al., 2009).
Gli ambienti VR specifici e realistici sono stati sviluppati per trattare eventi traumatici specifici. Il loro principale punto di forza è il loro iperrealismo perché ricreano la situazione traumatica con dettagli ben precisi. Il loro principale punto debole è che lo scopo di questi ambienti VR è quello di trattare gli eventi traumatici per i quali sono stati sviluppati. Poiché le forze che causano eventi traumatici possono differire ogni evento traumatico richiederebbe un ambiente VR specifico (Rothbaum et al., 1999; Cárdenas-López & de la Rosa, 2011).
Il secondo tipo di ambiente VR è un sistema flessibile e adattabile in cui qualsiasi evento traumatico può essere rappresentato “simbolicamente” utilizzando diversi strumenti. Questo ambiente VR potrebbe essere una buona soluzione per i limiti degli ambienti VR che possono essere usati solo per trattare uno specifico evento traumatico.
Esposizione prolungata in realtà virtuale per PTSD
Tra i molti approcci che sono stati utilizzati per trattare le persone con PTSD, la terapia per esposizione prolungata (EP) ha un significativo supporto scientifico per la sua efficacia terapeutica (Maples-Keller et al., 2017). L’EP è una forma di psicoterapia individuale basata sulla teoria dell’elaborazione emotiva di Foa e Kozak (1986), la quale postula che i disturbi fobici e il disturbo da stress post-traumatico coinvolgano strutture di paura patologica che si attivano quando si incontrano situazioni analoghe a quelle precedentemente esperite. Un trattamento efficace richiede l’elaborazione emotiva delle strutture della paura al fine di modificare gli elementi patologici, in modo che gli stimoli non invochino più livelli così elevati di stress e paura, all’interno di un ambiente sicuro e controllato. Sebbene l’efficacia della EP immaginativa sia stata stabilita in molteplici studi con diverse situazioni traumatiche, molti pazienti non sono disposti o non sono in grado di visualizzare in modo efficace l’evento vissuto, e questo può provocare il fallimento del trattamento (Difede & Hoffman, 2002).
Per affrontare questo problema, i ricercatori hanno esplorato l’uso della VR come strumento per fornire la terapia dell’esposizione attraverso la Virtual reality exposure therapy – VRET, con lo scopo di immergere gli utenti in simulazioni di ambienti di rilevanza traumatica in cui l’intensità emotiva delle scene può essere controllata con precisione dal medico per personalizzare il ritmo e la rilevanza dell’esposizione per il singolo paziente. In questo modo, la VRET offre un modo per aggirare la naturale tendenza all’evitamento fornendo direttamente segnali multisensoriali e rilevanti per il contesto che aiutano nel recupero, nel confronto e nell’elaborazione delle esperienze traumatiche. I risultati hanno indicato un miglioramento post-trattamento su tutte le misure di PTSD e il mantenimento della stabilità emotiva a un follow-up di sei mesi, con una diminuzione del 34% dei sintomi di PTSD valutati dal medico e una diminuzione del 45% dei sintomi auto-riportati di PTSD. Esemplare è stato uno studio, condotto da Rothbaum nel 2001, con veterani del Vietnam. In questa ricerca, 16 veterani maschi con PTSD sono stati esposti a due ambienti virtuali forniti da HMD, una radura virtuale circondata da uno scenario della giungla e un elicottero virtuale Huey, in cui il terapeuta controllava vari effetti visivi e uditivi (ad esempio razzi, esplosioni, giorno / notte). Dopo una media di 13 sessioni di terapia di esposizione, effettuate in 5-7 settimane, c’è stata una significativa riduzione del disturbo da stress post-traumatico e dei sintomi correlati.
Ciò che rende l’uso clinico della VR così distintamente importante è che rappresenta più di una semplice estensione lineare della tecnologia informatica esistente per uso umano. Grazie alla capacità della VR di immergere un utente all’interno di una simulazione interattiva generata dal computer esistono nuove possibilità che possono andare oltre la semplice automazione dei precedenti approcci di valutazione e intervento clinico. Inoltre, i continui progressi nelle tecnologie abilitanti sottostanti per la creazione e la fornitura di applicazioni VR hanno portato alla sua recente disponibilità diffusa come prodotto di consumo, a volte a un costo molto basso. Ciò è particolarmente rilevante se si considerano le esperienze emotivamente evocative e cognitivamente stimolanti che ora possono essere prodotte negli utenti di VR. La ricerca è necessaria per comprendere l’impatto e l’efficacia di questa nuova tecnologia per specificare la misura in cui la VR è applicabile e aggiunge valore nel trattamento di disturbi di carattere traumatico (Maples-Keller et al., 2017).
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