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Speranza, consapevolezza e cambiamento

Mai come in questo periodo parliamo di speranza, ma cosa significa da un punto di vista psicologico sperare? Qual è il suo impatto sulla qualità di vita?

Di Loredana Buonaccorso, Silvia Salese

Pubblicato il 24 Nov. 2020

Aggiornato il 30 Nov. 2020 18:26

Speranza è una delle parole più frequentemente menzionate nelle conversazioni di tutti i giorni: le persone sperano nel raggiungimento di un bene o nell’evitamento di un male, quasi come tendenza naturale. Che cosa significa da un punto di vista psicologico sperare? La speranza può aiutare ad avviare azioni che migliorino il nostro stato d’animo e il modo di porsi nella Vita?

 

Dunque c’è la luce
e ogni foglia è attaccata al ramo
con esatto amore
e ogni foglia in orario
lascia il ramo
con audace resa
e ogni uscire dalla soglia
del corpo è ricevuto
con unanime benvenuto
da quella scienza della gioia
che proprio ora proprio qui
riempie il foglio di ghirigori
per dirti che dunque
la luce c’è.
(Chandra Livia Candiani)

Negli ultimi mesi, la letteratura scientifica sta mostrando gli effetti legati al confinamento per il Covid-19 e alla gestione dell’emergenza sul benessere delle persone. Tali effetti erano stati considerati preventivamente da gruppi di professionisti ad inizio dell’evento pandemico, sulla scia di alcuni primi dati già pubblicati sulla popolazione cinese ed ora confermati dalle numerose evidenze scientifiche.

Dagli studi e dalle osservazioni rilevate, emerge che in molti siano stati colpiti nelle dimensioni vitali per l’essere umano, quale quella fisica, psicologica, sociale. Tra i disturbi maggiormente rilevati, e sovente intrecciati tra loro, sono stati individuati:

Infine, non meno importanti, le domande legate al senso e al significato sulla propria identità, sulle relazioni, sul lavoro, sull’ambiente, sulla Vita, la malattia e la morte. Alcuni tra i disagi sopra riportati sono stati evidenziati anche tra la popolazione infantile, che ha subito di riflesso la gestione dell’emergenza e le problematiche ad esse associate da parte dei familiari.

Nelle conversazioni quotidiane dei mesi passati ed odierne, spesso sentiamo frasi come:

“Spero di stare meglio”

“Spero che le cose vadano meglio”

“Spero che si risolva tutto per il meglio”

“Spero che vada, davvero, tutto bene…”

Pensieri che sovente ci accompagnano nel nostro percorso di vita, quasi un augurio che in automatico nasce spontaneo, da dentro, soprattutto nei momenti di crisi. Riflessioni molto attuali e vive, che hanno camminato insieme a noi in questi mesi, che si sono visti negli sguardi della gente per strada e che faticosamente ha ripreso le attività, o che ha dovuto fare i conti con cambiamenti importanti sul versante familiare, finanziario, lavorativo, amicale.

Secondo Shimanoff il termine speranza è una delle parole più frequentemente menzionate nelle conversazioni di tutti i giorni: le persone sperano nel raggiungimento di un bene o nell’evitamento di un male, quasi come tendenza naturale.

L’etimologia stessa della parola speranza ci rimanda a un tendere verso: dal latino “spes= speranza”, a sua volta collegato alla radice sanscrita “spa= tendere verso una meta”. Tendere verso un miglioramento, a partire da una condizione di malessere, frustrazione, insoddisfazione, anche paura e angoscia. La definizione di speranza contiene quindi nozioni individuali, orientamenti futuri, implica partecipazione attiva da parte dell’individuo e rappresenta la possibilità di un risultato positivo.

Che cosa significa da un punto di vista psicologico sperare? La speranza può aiutare ad avviare azioni che migliorino il nostro d’animo e il modo di porsi nella Vita?

Alcuni primi studi sulla dimensione della speranza sono stati condotti in situazioni di minaccia alla vita ed associati pertanto alla capacità della persona di trovare un senso all’evento avverso. Ad esempio Korner e McGee hanno documentato la relazione tra la speranza e la sopravvivenza degli ebrei nei campi nazisti. Sulla scia di quei primi studi, la dimensione della speranza è stata considerata come fattore fondante la relazione di cura e pertanto approfondita nelle sue componenti e qualità dal punto di vista delle persone malate. Una delle definizioni che ne deriva è:

forza vitale dinamica multidimensionale caratterizzata da un’aspettativa fiduciosa, ma incerta, di raggiungere un bene futuro che, per la persona che spera, è realisticamente possibile e personalmente significativo. 

In particolare è stato mostrato che vivere con speranza è un fattore significativo che aiuta le persone ad adattarsi alla malattia, a ridurre lo stress e a migliorare il benessere psicologico e la qualità della vita. La mancanza di speranza, definita come percezione di una situazione insormontabile dove nessun obiettivo sembra raggiungibile, è associata invece a depressione e al desiderio di affrettare la propria morte.

In uno studio condotto da Johnson su un gruppo di persone malate di tumore sono stati delineati 10 attributi della speranza, riassunti nella tabella sottostante.

  • Aspettative positive: una previsione positiva con speranza di un domani migliore, nonostante la malattia.
  • Qualità personali: una forza interiore, un approccio alla vita volto a risolvere i problemi e il raggiungimento di importanti obiettivi.
  • Spiritualità: fede verso un Essere superiore; speranza di una vita dopo la morte dove rincontrare i propri cari trovando uno scopo per vivere quello che resta della vita.
  • Obiettivi: fissare e raggiungere obiettivi di breve termine.
  • Confort: essere liberi dal dolore.
  • Assistenza: il comportamento degli altri per i contatti fisici, attenzione all’umore e  avere un’onesta informazione.
  • Relazioni interpersonali: relazioni ricche di affetto con amici e famigliari, relazioni oneste verso coloro che danno assistenza.
  • Controllo: possibilità di decidere sulle proprie cure.
  • Eredità: lasciare qualcosa di valore agli altri.
  • Rassegna della propria vita: riconoscere gli obiettivi raggiunti e i contributi dati per migliorare le vite degli altri.

Un altro studio ha evidenziato i fattori che invece ledono la speranza nelle persone malate:

  • Abbandono e isolamento: sia da parte della rete famigliare e sociale, che da parte degli operatori (percezione di una scarsa comunicazione con gli operatori).
  • Dolore: e disagio incontrollabili.
  • Svalutazione: della personalità.

Esiste uno strumento che aiuta a comprendere come la persona sta vivendo la speranza in un percorso legato alla malattia, composto da alcune domande che rimandano nella maggior parte dei casi agli attributi sopra descritti. Ad esempio:

  • Ho una profonda forza interiore?
  • Posso ricordare tempi felici e gioiosi?
  • Mi sento di dare e ricevere cura/amore?

Queste domande evidenziano l’importanza della qualità della relazione con se stessi e gli altri significativi (famigliari e amici) per poter nutrire in modo positivo la speranza.

Gli studi citati, anche se relativi ad un gruppo specifico – persone malate – orientano a riflessioni che ciascuno può porsi, a prescindere da una condizione di malattia, per poter iniziare a portare attenzione alla propria vita e alla speranza di darle valore e di renderla ogni giorno migliore:

  • Che cosa significa per me stare meglio?
  • In che modo posso prendermi cura del mio benessere?
  • Lo desidero veramente?
  • Mi interessa?
  • Che cosa sto cercando di fare affinché questo si possa realizzare?
  • Che tipo di relazione ho con la mia quotidianità?
  • Come la vivo?

Spesso tendiamo a delegare al di fuori di noi la risposta a queste domande, per molteplici ragioni:

  • per via delle aspettative degli altri su di noi;
  • per le aspettative che noi abbiamo su noi stessi;
  • per il non sentirci capaci;
  • per la sfiducia che abbiamo in noi stessi e negli altri;
  • per la paura di sbagliare;
  • per i giudizi che tendiamo a dare a noi stessi e agli altri;
  • per scarsa assunzione di responsabilità.

L’esperienza legata al lockdown e al Covid-19 ha fatto emergere l’importanza della consapevolezza di se stessi e delle relazioni con gli altri, alla quale non siamo quasi mai educati. Spesso, spinti da ritmi frenetici, siamo portati fuori da noi, alla ricerca di qualcuno o qualcosa che speriamo apporti un miglioramento nella nostra vita, allontanandoci dalla possibilità che abbiamo in ogni momento di partire da noi stessi per comprendere cosa ci fa stare bene, che cosa condiziona il nostro sentire e il nostro agire e che cosa possiamo fare per agire un cambiamento. Questo tipo di consapevolezza si costruisce gradualmente ogni giorno a partire dalle cose quotidiane della vita, ad esempio ogni volta che siamo presenti a ciò che facciamo, ogni volta che nutriamo un pensiero bello su di noi o sentiamo affetto per noi stessi e per qualcuno al quale vogliamo bene, quando portiamo attenzione alla motivazione di un nostro agire o ci prendiamo cura di una sofferenza che stiamo provando. In sostanza ogni volta che non deleghiamo ciò che siamo, rivolgendo lo sguardo dentro noi stessi per comprendere che il cambiamento non è qualcosa che altri possono darci ma è qualcosa che appartiene alle nostre capacità.

Un possibile parallelismo con questi significati è costituito dalla prevenzione e dagli stili di vita salutari, rispetto ai quali sono disponibili molte ricerche che ne evidenziano il ruolo centrale per la salute. La prevenzione in una delle sue accezioni è prima di tutto conoscenza di sé, in relazione ai pensieri, alle emozioni, alle relazioni e a come le viviamo. Ad esempio mangiare sano o fare attività fisica sono alcune delle principali indicazioni degli stili di vita salutari, ma se deleghiamo il nostro benessere a queste indicazioni, comprovate scientificamente, non considereremo una parte importante della salute: come ci sentiamo? Quali emozioni mettiamo nel piatto che mangiamo? Che cosa impedisce di prenderci l’impegno di fare attività fisica?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la salute come stato di completo benessere fisico, sociale e mentale e non soltanto l’assenza di malattia e infermità. In questa ottica la salute non è una condizione astratta, ma un mezzo finalizzato ad un obiettivo, quello di costruire il proprio benessere. Negli ultimi anni, diversi documenti di integrazione sottolineano anche l’importanza della spiritualità per la tutela e la promozione della salute, in quanto essa può aiutare a sostenere le cure, a gestire le difficoltà della vita e a migliorare la condizione di benessere che a sua volta aumenta il piacere di vivere.

I mesi precedenti hanno fatto emergere l’importanza di pensare alla salute ogni giorno, a partire dalla consapevolezza di che cosa ci aiuta a stare bene non solo dal punto di vista fisico, ma anche delle emozioni, delle relazioni, delle domande che possiamo farci nello stare nella Vita e nel comprendere quali significati può avere per noi. Per riprendere alcune domande relative alla speranza:

  • Ho una profonda forza interiore?
  • Posso ricordare tempi felici e gioiosi?
  • Mi sento di dare e ricevere cura/amore?

Portare attenzione a questi aspetti aiuta a discriminare che cosa ci condiziona e che cosa invece può essere fatto a partire da noi in modo attivo e responsabile, non giudicando quello che percepiamo di non riuscire a fare, ma dando valore all’azione che compiamo, anche una sola. Infine ‘farci accompagnare’ da queste riflessioni e agire in modo coerente ad esse, sostiene nel discriminare le informazioni veramente attendibili rispetto alla propria salute, limitando le paure che condizionano spesso la messa in atto di comportamenti che non tutelano realmente se stessi, ma sono adottati proprio perché inscindibilmente legati a stati d’animo che amplificano il bisogno di controllo.

 

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