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Il Disturbo Borderline di Personalità e Il Disturbo da Uso di Sostanze: evidenze scientifiche di efficacia del trattamento DBT

La DBT non si focalizza solo sul ridurre l'abuso e gestire il craving ma anche sull’individuare valori e caratteristiche di una vita degna di essere vissuta

Di Ornella Lastrina

Pubblicato il 19 Giu. 2020

Numerosi studi hanno mostrato una comorbilità tra disturbo da uso di sostanze e disturbo borderline di personalità. Quale sarà con questi pazienti l’efficacia del trattamento DBT e DBT-DUS, un adattamento del trattamento DBT standard?

Ornella Lastrina, OPEN SCHOOL Studi Cognitivi Modena

 

La DBT e il modello bio sociale

La DBT (Dialectical Behavior Therapy, DBT), è un trattamento cognitivo-comportamentale originariamente sviluppato per soggetti a grave rischio suicidario che soffrono di disturbo borderline di personalità.

La DBT basa il suo fondamento teorico sulla teoria biosociale della personalità, marcando il ruolo della disregolazione emotiva sia nei comportamenti suicidari, in generale, sia come fattore eziopatogenetico, nello specifico, del disturbo di personalità borderline (Linehan M., 1993).

Secondo tale formulazione teorica, l’individuo si trova in una condizione di interdipendenza e mutua reciprocità con l’ambiente che lo circonda, l’ambiente e l’individuo si adattano reciprocamente e si influenzano. L’esistenza di una relazione bidirezionale tra disfunzione biologica del sistema di regolazione emotiva e disfunzionalità della comunicazione con l’ambiente sociale di riferimento, definita invalidazione, viene individuata come responsabile della caratteristica disregolazione emotiva di questi pazienti (Linehan M., 2015).

L’ambiente invalidante può infatti contribuire all’insorgenza della disregolazione emotiva: il bambino in tali condizioni, sperimenta maggiore difficoltà a regolare le risposte emotive e spesso tende ad autoinvalidarle perché le percepisce come inappropriate.

Per disregolazione emotiva si intende perciò l’incapacità, malgrado gli sforzi, di regolare o riportare entro la norma le reazioni emotive ai trigger emotigeni.

Alcune delle caratteristiche principali della disregolazione emotiva sono un’incapacità di controllare intensi stati di attivazione emotiva, un eccesso di esperienze emotivamente dolorose, scarso controllo degli impulsi comportamentali, difficoltà a organizzare obiettivi in modo indipendente dal proprio stato emotivo, difficoltà a concentrarsi (LinehanM.,&Dimeff, 1997).

La disregolazione emotiva viene considerato come un importante costrutto transdiagnostico (Gratz et al., 2015); è individuabile, infatti, alla base di diversi comportamenti disfunzionali, quali i comportamenti aggressivi auto e etero diretti, l’uso di sostanze, i comportamenti sessuali a rischio, e presente in differenti forme di psicopatologia.

Comorbilità tra DBP e disturbo da uso di sostanze

Numerosi studi hanno mostrato una comorbilità tra disturbo da uso di sostanze e disturbo borderline di personalità (Akiskal, Chen, & Davis, 1985; Dulit, Fyer, Haas, Sullivan, & Frances, 1990; Links, Heslegrave, Mitton, & van Reekum, Patric, 1995; Loranger & Tulis, 1985; Oldham et al., 1995; Trull, Sher, Minks-Brown, Durbin, & Burr, 2000; Zanarini, Gunderson,Frankenburg, & Chauncey, 1989; Zimmerman & Coryell, 1989).

Alcuni autori hanno ipotizzato una comune eziologia tra il DBP e il disturbo da uso di sostanze, individuando come fattore comune la disregolazione emotiva (Linehan M., 1993) o il discontrollo degli impulsi (Siever & Davis, 1991; Zanarini, 1993). Molti autori considerano, inoltre, il disturbo da uso di sostanze come una manifestazione dell’impulsività che è anche una delle caratteristiche centrali del DBP (Links, Heslegrave, & van Reekum, 1999). Uno studio del 2004 (Darke et al., 2004), condotto in Australia, ha rilevato il 42 per cento di prevalenza del DBP in un campione di 615 abusatori di eroina. Al contrario, una review del 2000 (Trull et al., 2000) ha esaminato gli studi pubblicati dal 1986 al 1997, mostrando una percentuale di disturbo da uso di sostanze, tra il 26 e l’84 per cento, nei pazienti che ricevevano un trattamento per il DBP.

Il Trattamento DBT dei pazienti con comorbilità tra DBP e disturbo da uso di sostanze

Il trattamento DBT prevede una strutturazione gerarchica dei comportamenti target della terapia, dove al primo posto troviamo la diminuzione dei comportamenti suicidari, successivamente la diminuzione dei comportamenti che interferiscono con la terapia, seguiti dai comportamenti che interferiscono con la qualità di vita del paziente, per proseguire con l’incremento delle abilità comportamentali, la diminuzione dello stress-postraumatico, l’incremento del rispetto per se stessi ed infine, il raggiungimento degli obiettivi individuali.

In questa organizzazione gerarchica, l’uso problematico di sostanze si colloca nei comportamenti che interferiscono con la qualità di vita e che quindi ostacolano il raggiungimento di una vita degna di essere vissuta.

Gli obiettivi che il trattamento DBT si pone per agire sul comportamento di dipendenza sono (Linehan, & Dimeff, 2002):

  • ridurre l’uso della sostanza, compreso l’uso di sostanze illegali e di farmaci non prescritti;
  • diminuire la sofferenza fisica data dall’astinenza dalla sostanza e/o dalle crisi di astinenza;
  • diminuire il craving e il desiderio di uso della sostanza;
  • evitare le circostanze e i trigger che sono collegati all’abuso, per esempio, nello specifico viene utilizzata la tecnica del “bruciare i ponti” con persone, posti e oggetti associati con la sostanza di cui si è fatto abuso (si raccomanda anche il cambio di numero di telefono e l’eliminare tutti i contatti telefonici delle persone con cui solitamente si abusava ed eliminare tutti gli strumenti che venivano utilizzati per l’uso della sostanza);
  • ridurre tutti i comportamenti che conducono all’uso della sostanza, come per esempio momentanei ripensamenti rispetto all’obiettivo di astinenza e il credere che non sia possibile evitare l’uso della sostanza;
  • incrementare comportamenti salutari e di supporto, come allargare la rete di amicizie, iniziare nuove attività e privilegiare ambienti che supportano l’astinenza dalla sostanza, piuttosto che ambienti che ne favoriscono l’uso.

Il trattamento DBT prevede come obiettivo l’astinenza dialettica, questa è una sintesi tra: astinenza, ovvero l’abbandono completo dei comportamenti di dipendenza e la riduzione del danno, cioè riconoscere che ci saranno dei cedimenti e riduzione al minimo dei danni. Nel trattamento con il paziente ci si pone come obiettivo il mettere in atto tutte le abilità per rimanere astinenti, ma contemplando la possibilità che ci saranno cedimenti che saranno gestiti insieme con specifiche skills.

L’astinenza dialettica è un processo suddiviso in tre fasi: in prima fase, i pazienti devono trovare un modo per impegnarsi fortemente nell’astinenza. In secondo luogo, l’obiettivo è individuare le modalità per rimanere astinenti e in terza fase, devono avere un piano per la riduzione del danno in caso di ricaduta occasionale.

E’ utile stilare già in prima fase un piano ben strutturato e condiviso che indichi cosa fare nel momento in cui si potrà verificare una ricaduta occasionale.

Il paziente è introdotto ad uno stato di “mente chiara” che è una modalità intermedia tra “mente dipendente” in cui quello che ci governa è la dipendenza e “mente pulita”, condizione nella quale non è più presente la preoccupazione e la dipendenza dalla sostanza. Essere in mente chiara significa perciò non fare più uso della sostanza, ma essere comunque consapevoli dei pericoli di recidiva, per questo si mettono in atto strategie per prevenire una possibile ricaduta occasionale o una recidiva.

Alcune strategie di prevenzione sono:

  • fare surf sull’impulso (Marlatt, Witkiewitz,et al., 2004), ovvero osservare in modo mindful impulsi, craving e preoccupazioni, senza reagire, giudicarli e agire in base ad essi.
  • ribellione alternativa (Safer, Telch, Chen, 2009), il comportamento di dipendenza può essere, a volte, una modalità di ribellione, è utile perciò individuare modalità alternative per ribellarsi in modo efficace e non distruttivo.

Nel trattamento DBT la ricaduta occasionale è considerata come un problema da risolvere, piuttosto che come un’evidenza di inadeguatezza del paziente o di scarsa efficacia del trattamento. Si impara perciò ad analizzare insieme la ricaduta attraverso la catena comportamentale per individuare i fattori di vulnerabilità in quella circostanza, gli eventi che hanno preceduto e seguito l’uso della sostanza ed esplorare quindi quali sono gli elementi che potranno essere utili per prevenire o affrontare le eventuali successive ricadute (Dimeff & Linehan, 2008).

Le strategie strutturali del trattamento DBT si bilanciano tra strategie di cambiamento (problem solving) e strategie di accettazione. In quest’ottica, il trattamento DBT prevede l’insegnamento di skills per la regolazione emotiva e tolleranza della sofferenza che risultano essere particolarmente efficaci per il comportamento target di abuso di sostanze. Spesso, infatti, i pazienti con disturbo da uso di sostanze hanno difficoltà a individuare i trigger del comportamento di abuso e le conseguenze negative di quest’ultimo, il trattamento DBT prevede un modulo di mindfulness che può essere dunque un utile strumento per una maggiore consapevolezza e per avere una modalità di reazione diversa agli stimoli trigger (Stotts, 2015).

Inoltre, il trattamento DBT non si focalizza solo sul ridurre il comportamento di abuso e gestire il craving, ma anche sull’individuare insieme al paziente i valori e le caratteristiche di una vita che per lui sia degna di essere vissuta. Questo permette di ampliare il trattamento non solo ad una gestione contingente del comportamento problematico, ma di fornire al paziente un più ampio repertorio di strategie e strumenti per facilitare comportamenti più funzionali (Dufrene T. e Wilson K., 2012).

Efficacia del trattamento DBT per pazienti con comorbilità con disturbo da uso di sostanze

Il primo studio che ha esplorato se vi fosse una minore efficacia del trattamento DBT, per pazienti con comorbilità con disturbo da uso di sostanze è quello di van den Bosch e colleghi, del 2002. Lo studio RCT ha messo infatti in evidenza che sia nei pazienti che presentavano comorbilità con disturbo da uso di sostanze che nei pazienti senza tale comorbilità, il trattamento DBT aveva la stessa efficacia. Gli autori suggeriscono inoltre un’implementazione dei programmi DBT con focus specifico su ciascun comportamento target, in particolare quello dell’abuso di sostanze, soprattutto considerando i risultati del trattamento DBT-SUD, un adattamento del trattamento DBT standard per pazienti con disturbo da uso di sostanze. Gli esiti di tale trattamento (Koerner & Linehan, 2000), mettono in evidenza come il trattamento DBT abbia avuto risultati significativi nella riduzione dell’uso di sostanze, in corso di trattamento e ad un follow-up a 16 mesi, questi risultati erano, inoltre, migliori, se confrontati con un gruppo di pazienti sottoposti a trattamento standard.

Le principali modifiche apportate al trattamento standard DBT erano le seguenti:

  • aggiunta di target specifici per l’uso di sostanze;
  • incremento di strategie per favorire l’aderenza del paziente al trattamento individuale e a quello in team;
  • un programma di sostituzione per la sostanza:
  • analisi delle urine tre volte a settimana;
  • case management (Linehan & Dimeff, 1997).

Uno studio di follow-up (Linehan et al., 2002) ha comparato un gruppo di pazienti con diagnosi BPD e dipendenza da oppiacei con un gruppo di controllo sottoposto a differente trattamento, i risultati hanno messo in evidenza che in entrambi i gruppi si verificava una riduzione dell’uso di sostanza, sebbene il gruppo di controllo avesse una migliore risposta al trattamento (64% vs 100%). Ulteriori risultati dimostrano come il trattamento DBT-SUD fosse più efficace a lungo termine nella riduzione dell’uso della sostanza, comparandolo ai risultati ottenuti con counseling di gruppo o individuale, focalizzato sulla dipendenza da sostanza (Mercer D. & Woody G., 2000). Ulteriori evidenze di effetti a lungo termine nella riduzione dell’uso della sostanza sono stati individuati in pazienti sottoposti al trattamento DBT-SUD, considerando gli ultimi 4 mesi di trattamento (Linehan et al., 2002).

E’ indicato utilizzare il trattamento DBT per pazienti che hanno un disturbo da uso di sostanze, ma non una diagnosi di DBP? In linea generale, viene consigliato di utilizzare un trattamento meno complesso di quello DBT come scelta di primo trattamento e soprattutto considerare quanto per il caso singolo del paziente, la disregolazione emotiva abbia peso nel disturbo da uso di sostanza, (Dimeff & Linehan, 2008). Il trattamento DBT è stato infatti pensato e strutturato soprattutto per pazienti che presentano una pervasiva disregolazione emotiva e sarebbe perciò indicato per coloro che presentano un disturbo da uso di sostanze fortemente correlato ad un discontrollo di tipo affettivo.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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