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Strategie di coping e sintomi somatici

Strategie di coping disfunzionali riducono il disagio momentaneo, ma avrebbero severe conseguenze sulla qualità di vita nel lungo termine.

Di Giovanni Casanova

Pubblicato il 22 Giu. 2020

Pochi sono gli studi che hanno esaminato la relazione tra strategie di coping e sintomi somatici. In generale, dalla letteratura emerge che il coping ricopre un ruolo importante nell’influenzare i comportamenti legati alla salute e gli esiti di disturbi con sintomi psicologici e fisici come i disturbi somatoformi (Rasmussen et al. 2010).

 

La ricerca ha mostrato che i sintomi somatici non spiegabili dal punto di vista medico sono associati ad alti livelli di disagio psicologico, povertà, bassa scolarizzazione, difficoltà sul piano interpersonale, disoccupazione ed elevati costi sanitari a causa delle frequenti visite mediche (Shaw e Creed, 1991; Burton, 2003; Terluin et al. 2001; Kroenke, 2003; Mai, 2004; Barsky et al. 2005; So, 2008; Grabe et al. 2009).

Diversi autori sostengono che alcune strategie di coping possono favorire il mantenimento o il peggioramento dei sintomi non spiegabili dal punto di vista medico (De Gucht e Maes 2006; Panayiotou et al. 2014). Il modo in cui una persona fronteggia le difficoltà quotidiane potrebbe innescare il manifestarsi di sintomi somatici e psicologici, e successivamente, influenzarne la durata e la gravità (Nezu et al. 2001; SeiffgeKrenke, 2000).

Uno studio condotto da Beasley et al. (2003) ha riportato che l’utilizzo di strategie di coping emotion focused, come il distanziamento o il rifiuto, che mirano ad evitare le emozioni e i pensieri sgradevoli è associato con livelli più alti di sintomi somatici e sofferenza.

Alcuni studi (Rachman, 2012; Van De Heuvel et al. 2014) hanno sottolineato la similarità tra i disturbi caratterizzati da sintomi somatici senza una spiegazione esauriente dal punto di vista medico e i disturbi d’ansia, enfatizzando il ruolo della ricerca di rassicurazioni e dell’evitamento come fattori di mantenimento dei sintomi. Kashdan et al. (2006) hanno identificato il coping centrato sull’evitamento come un fattore generale di vulnerabilità psicologica chiamata evitamento esperienziale. Questo è risultato essere di impedimento al miglioramento del benessere psicologico in soggetti con disturbi depressivi, ansiosi, e di somatizzazione (Hayes et al. 2006; Tull et al. 2004). Dalla ricerca è emerso che l’ansia per la salute e le preoccupazioni ipocondriache correlano positivamente con l’evitamento cognitivo (Fergus e Valentiner, 2010), il rimuginio e la ruminazione, la catastrofizzazione (Bailey e Wells, 2015; Görgen et al. 2013; Marcus et al. 2008), i sensi di colpa e l’inibizione dell’espressione delle emozioni (Görgen et al. 2013; Hall et al. 2011; Rasmussen et al. 2010): tutti fenomeni orientati alla riduzione delle emozioni negative, piuttosto che a cercare di agire per modificare la causa dello stress (Penley et al. 2002).

Le strategie di coping disengagement possono ridurre il disagio nel breve termine, ma si traducono in un numero maggiore di sintomi psicologici, compromissione del funzionamento e minore qualità di vita nel lungo termine (Eftekhari et al. 2009; Gross e John, 2003; Saxena et al. 2011; Sempertegui et al. 2016). Modalità di coping engagement, che mirano invece ad affrontare la situazione stressante, come il problem solving e la rivalutazione cognitiva, sono associate ad una migliore qualità di vita, benessere e minore intensità della sintomatologia sia nei disturbi d’ansia sia nei soggetti con sintomi di somatizzazione (Fergus e Valentiner, 2010; Görgen et al. 2013; Sempertegui et al. 2016).

Circa la metà dei pazienti con disturbo depressivo maggiore presenta sintomi somatici e disturbi somatoformi (Ohayon, 2004). La letteratura ha mostrato che i fenomeni depressivi possono intensificare i sintomi somatici ma anche che questi ultimi possono portare alla depressione (Hotopf et al. 1998; Magni et al. 1994; Ohayon, 2004; Schatzberg, 2004). I soggetti depressi utilizzano frequentemente strategie di coping come la ruminazione o incolpare sé stessi per la situazione stressante, che possono mantenere o peggiorare i sintomi somatici non spiegabili dal punto di vista medico (Garnefski et al. 2001; 2004; Kraaij et al. 2002; Ravindran et al. 2002). In un altro studio è emerso che una minor tendenza alla ruminazione e un maggiore senso di controllo sulla situazione sono associati a livelli bassi di sintomatologia somatica e depressiva (Jensen et al. 2001; 2006). Contrariamente a queste ricerche, Ruiter et al. (2008) sostengono che, sebbene sia evidente la relazione tra sintomi depressivi e somatici, nei pazienti depressi la messa in atto di strategie di coping problem e emotion focused non sembra avere nessuna influenza sui sintomi somatici.

Il costrutto di flessibilità psicologica ha origine dalla terapia ACT e descrive l’abilità di vivere coscientemente il momento presente, con consapevolezza e apertura e di agire guidati dai propri valori (Hayes et al. 2012; Kashdan e Rottenberg, 2010). Studi recenti hanno suggerito che anche la flessibilità psicologica, che comprende la capacità di usare specifiche strategie di coping in relazione alla situazione, è benefica per il benessere (Bonanno et al. 2004; Karekla e Panayiotou, 2011; Panayiotou et al. 2014; Thompson, 1994). La flessibilità nelle risposte di coping infatti è associata ad un funzionamento più adattivo, migliore salute mentale e fisica e maggiore soddisfazione con la propria vita (Eftekhari et al. 2009; Haga et al. 2009; Hu et al. 2014) ed a più bassi livelli di emozioni negative, ansia e sintomi somatici (Masuda e Tully, 2012).

Diverse ricerche hanno approfondito la relazione tra coping e sintomi non spiegabili dal punto di vista medico nei bambini in età scolare e negli adolescenti. Si ritiene che tra il 2 e il 4% di tutte le visite pediatriche riguardi la presenza di sintomi non spiegabili dal punto di vista medico (Campo e Reich, 1999). Questo comporta non solo elevati costi per la famiglia e per la sanità, ma può tradursi in procedure mediche non necessarie (Campo e Fritsch, 1994; Campo e Reich, 1999). Come per gli adulti, la presenza di sintomi somatici non spiegabili dal punto di vista medico è associata a compromissione del funzionamento e a sintomi ansiosi e depressivi (Garber et al. 1990; Walker e Greene, 1989). Evidenze empiriche suggeriscono che bambini e adolescenti con questi sintomi prediligono strategie di coping meno adattive e più centrate sull’emozione rispetto a bambini con malattie organiche e a bambini sani (Aromaa et al. 2000; Bandell-Hoekstra et al. 2002; Rauste-von Wright et al. 1981; Rocha et al. 2003; Ruchkin et al. 2000; Thomsen et al. 2002; Walker et al. 1997). Esse includono diverse forme di disengagement coping, ruminazione riguardo al dolore, evitamento e reazioni di rabbia.

 

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