
Elena Maggio – OPEN SCHOOL Studi Cognitivi Milano
L’emicrania è strettamente collegata al pensiero psicosomatico e alla diade inscindibile mente-corpo, aventi validità scientifica dimostrata da ampie ricerche in neuroscienze ed in ambito clinico.
L’emicrania dal greco hemikranion, un lato del capo, è una cefalea primaria episodica caratterizzata dalla combinazione di sintomi psicologici, gastrointestinali e neurovegetativi, è un tipo di mal di testa, spesso molto intenso. Una prima differenziazione è quella tra cefalee primarie e secondarie.
Le forme primarie vengono suddivise in 4 grandi assi diagnostici:
Cefalee di tipo emicranico:
Sono quelle vascolari e hanno un’incidenza del 34%. Le più comuni forme di cefalea vascolare sono l’emicrania classica, l’emicrania comune, l’emicrania emiplegica e quella oftalmoplegica. Durante una crisi di emicrania classica si può avere la cosiddetta ‘aura’ che è caratterizzata da una serie di sintomi neurologici focali (disturbi visivi, senso di intorpidimento, debolezze in un lato del corpo, tremori, brividi, afasia transitoria, difficoltà di parola, vertigini e pallore), i quali scompaiono in 15-30 minuti e che sono generalmente premonitori della crisi anche se talvolta compaiono durante la fase della cefalea. Comprendono anche sintomi neurologici transitori che precedono la comparsa del dolore (disturbi visivi quali luci lampeggianti, figure che si muovono nel campo visivo e linee parallele zigzaganti, e disturbi sensitivi come i formicolii). Gli attacchi emicranici si presentano con una frequenza molto variabile (da pochi attacchi in un anno ad attacchi 2-3 volte alla settimana).
Si differenzia dall’emicrania comune, perché in quest’ultima la fase di vasocostrizione non è apparentemente abbastanza intensa da provocare un’aura o deficit neurologici focali, che possono però presentarsi come ‘equivalenti emicranici’ negli intervalli tra le crisi. L’emicrania oftalmoplegica è meno comune ed è caratterizzata dalla paralisi dei nervi oculomotori. L’emicrania emiplegica, invece, è data oltre che dal sintomo, da un deficit motorio a carico di un arto.
Nella dinamica clinica dell’attacco cefalgico si hanno modificazioni sia nei vasi intracranici che periferici, corrispondenti a tre momenti: l’iniziale vasocostrizione (che nell’ emicrania classica provoca i sintomi dell’aura), la vasodilatazione e l’infiammazione sterile (che provocano dolore), l’edema e l’abnorme sensibilità durante la fase post cefalgica. L’attacco di emicrania può essere associato a vari disturbi quali nausea, vomito, inappetenza, intolleranza alla luce e al rumore, brividi e pallore e può a volte essere preannunciato da disturbi, come irritabilità, stanchezza, sonnolenza e tendenza a cambiare umore. Gli attacchi sono di solito unilaterali e associati con anoressia, nausea e vomito.
Cefalee di tipo tensivo:
sono un disturbo molto comune, spesso definito anche cefalea muscolare o da tensione. Si possono distinguere le forme acute, in genere occasionali, causate da episodi sporadici di cefalee da contrazione che possono anche non venir mai sottoposti all’attenzione del medico, ed essere controllati facilmente con i farmaci da banco. Le forme subacute sono, invece, caratterizzate da attacchi della durata di un giorno anche 2 o 4 episodi settimanali. Molto spesso queste acquistano con il tempo un andamento cronico, divenendo così cefalea quotidiana. Questa cefalea muscolo – tensiva cronica determina un dolore diffuso costante, non pulsante, una sensazione di costrizione bitemporale, occipitale, una morsa che stringe la testa a casco, il famoso ‘cerchio’, di irrigidimento del collo o della parte superiore del dorso. E’ la forma più diffusa di mal di testa. Può essere episodica (meno di quindici giorni al mese) oppure cronica (per più di quindici giorni al mese). Il dolore che caratterizza la cefalea tensiva si localizza spesso nella parte posteriore, media e inferiore del cranio ed è bilaterale. Generalmente è di lieve intensità e non pregiudica le normali attività. Così come l’emicrania, anche la cefalea tensiva interessa, in genere, più le donne che gli uomini. Affligge le persone che trascorrono molte ore sedute in posizioni scorrette o accumulano stress e tensione. Questo tipo di cefalea viene raramente associato a nausea, vomito o fastidio per la luce e il rumore.
Cefalea a grappolo:
non è comune, è tipica del sesso maschile, inizia nell’età matura. Non dura più di due ore, ma può manifestarsi con attacchi ravvicinati. Il dolore è molto intenso, localizzato intorno agli occhi e allo zigomo, può essere accompagnato da arrossamenti, lacrimazioni, chiusura della narice della parte colpita, generalmente monolaterale. E’ una forma di mal di testa abbastanza rara ma molto dolorosa. L’espressione a grappolo si riferisce a crisi che avvengono in determinati periodi dell’anno (primavera, autunno e periodi di cambiamento climatico) separati da periodi con assenza di crisi, raggruppati in ben definiti periodi del giorno. Durante il grappolo si possono avere da un minimo di una crisi ogni due giorni, ad un massimo di otto crisi nelle 24 ore. L’attacco inizia in maniera rapida, raggiungendo la massima intensità entro 15 minuti e può durare fino a tre ore.
Cefalee: Le forme non associate a lesioni strutturali.
Le cefalee secondarie, così come classificate dall’IHS (International Headache Society),sono invece sintomo di un’altra malattia. Si manifestano come conseguenza di: traumi cranici o lesioni del capo; malattie o disfunzioni dei vasi sanguigni della circolazione celebrale,per esempio ischemia, trombosi, aneurisma ed emorragia cerebrale; malattie del cervello o delle strutture circostanti, come tumori o meningiti; assunzione di sostanze come alcool, caffeina, oppiacei; infezioni virali o batteriche; malattie del metabolismo, come diabete o malattie renali; dolori facciali legati a patologie del cranio, del collo, delle orecchie, del naso, dei denti, della bocca; nevriti e nevralgie craniche.(G.C.Manzoni, P.Torelli)
Le cause dell’emicrania non si conoscono del tutto, nell’anamnesi di pazienti emicranici è presente di frequente una familiarità per il disturbo in uno o in entrambi i genitori con percentuali che vanno dal 50-60% (Lance Anthony, 1966) al 73% di uno studio effettuato da Dalsgaard-Nielsen nel 1965 su pazienti di sesso femminile. La ricerca fra i parenti di primo grado con sintomatologia e storia naturale similare a quella del paziente cefalgico ha fatto sospettare la trasmissione genetica del disturbo. L’ipotesi di una familiarità genetica è sostenuta da diversi autori, sebbene questa ipotesi non trovi molto accredito. E’ possibile infatti che esista un terreno biologico predisponente che, in particolari condizioni ed in risposta a certi stimoli, possa facilitare l’insorgenza del disturbo. L’emicrania presenta un’elevata predisposizione familiare (circa nel 50% dei casi) e colpisce più le donne che gli uomini, in un rapporto dì circa 3 a 1. Di contro, recenti studi condotti su popolazioni infantili sembrerebbero indicare che la trasmissione del disturbo non è, in alcuni casi, tanto genetica, quanto comportamentale (Pisani R.,Arzilli A., 1994).
La difficoltà nel rintracciare con sicurezza le cause del mal di testa risiede nel fatto che la cefalea può configurarsi essa stessa come vera e propria malattia oppure come sintomo di altre patologie. È perciò importante distinguere tra cause e fattori scatenanti: mentre per cause si intendono quelle alterazioni di fattori fisiologici interni al nostro organismo (alterazioni di tipo vascolare, nervoso, muscolare, ormonale) che sono responsabili dell’insorgere del dolore, i fattori scatenanti sono rappresentati dall’insieme di elementi e situazioni in grado di indurre le modifiche funzionali che causano il dolore, quali stress, l’esercizio fisico, l’insonnia, il cioccolato, il glutammato monosodico, il vino rosso e altri alimenti, la disidratazione, la fame, le allergie, i cambiamenti meteorologici, l’altitudine, una postura scorretta (specie al computer), l’esposizione alle luci al neon, l’esposizione a particolari fattori ambientali, il fumo, l’alimentazione inadeguata, il consumo eccessivo di alcool.
Emicranie e cefalee sono un incubo per milioni di individui, che si trovano a fronteggiare una malattia sottovalutata e spesso mal curata. In uno studio basato sulla popolazione in Svezia, Anu Molarius, Ake Tegelberg et all nel 2006 spiegano perché i disturbi di emicrania costituiscano un notevole problema di salute pubblica, abbiano conseguenze diffuse tra coloro che ne soffrono e rappresentino i sintomi più frequentemente riportati nella popolazione generale.
E’ stato provato che i disturbi di emicrania sono associati ad un peggioramento della qualità di vita, all’aumentata incidenza della depressione, al dolore muscolo-scheletrico, all’inabilità, così come all’incremento dell’uso dei farmaci. Anche se i disturbi di emicrania conducono al ricorso frequente delle cure mediche, ad una grande percentuale di coloro che ne soffrono non è mai diagnosticata o curata regolarmente. Il tipo di farmaco più delle volte usato è l’analgesico. E’ stato rilevato che meno del 20% dei sofferenti di emicrania e circa il 40% delle persone affette da cefalea da tensione ha segnalato che la loro emicrania è stata completamente alleviata dal farmaco usato, mentre, per la maggioranza di coloro che soffrivano di mal di testa, il dolore è stato alleviato solo parzialmente. Notevole è l’effetto dei disturbi di emicrania sulla prestazione a lavoro nella popolazione generale. In questo studio, il 43% degli impiegati con emicrania e il 12% dei soggetti impiegati con cefalea da tensione risultavano assenti da lavoro per uno o più giorni a causa del mal di testa, la maggior parte di essi perdevano 1 su 7 giorni lavorativi all’anno. Lo studio sulla distribuzione demografica della popolazione per genere e età ha rilevato che la diffusione generale di mal di testa ricorrente/emicrania era il 10% fra gli uomini e il 23% fra le donne e che la diffusione dell’emicrania era più alta fra la fascia che comprendeva i 35 e i 49 anni.
Inoltre, i soggetti con mal di testa ricorrente/emicrania riportavano più spesso di aver avuto bisogno di assistenza medica senza poi cercarla. Il motivo più comune era non ottengo comunque alcun aiuto. Per quanto riguarda il carico socio-economico dei disturbi di emicrania, viene spiegato che essa comprende entrambi i costi diretti connessi all’utilizzo delle cure mediche ed i costi connessi al mancato lavoro dovuto all’ assenza per malattia. Notevoli, quindi, sono i costi che gravano sulla società, costi dovuti all’alta prevalenza dei disturbi di emicrania nella popolazione generale.
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