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Lasciamo il virus fuori dalla mente: la pratica mindfulness ed i consigli dal Santacittarama

La tradizione a cui si ispira la meditazione basata sulla minfulness riflette da secoli sull’importanza della presenza mentale.

Di Elena Dall`Olio

Pubblicato il 26 Mag. 2020

Lo stato di emergenza attuale vede lo sviluppo e la crescita di numerosi e sgraditi sintomi psicofisici. Può la pratica della consapevolezza essere efficace nella riduzione di tale sintomatologia? Un’analisi della letteratura e la prospettiva della comunità buddhista del Santacittarama cercano una risposta al quesito.

 

La pratica mindfulness. implicazioni e risvolti scientifici

Gli ultimi anni hanno testimoniato l’emergere della meditazione basata sulla mindfulness come un intervento efficace nell’alleviare i sintomi connessi alla malattia ed al distress (Brown, 2003). Jon Kabat-Zinn, pioniere dell’applicazione terapeutica della mindfulness, la definisce come

la consapevolezza che emerge prestando intenzionalmente attenzione, nel momento presente e in modo non giudicante, al dispiegarsi dell’esperienza, momento per momento (Kabat-Zinn, 1994).

La pratica si è diffusa originariamente nel contesto delle malattie fisiche come il dolore cronico, ma negli ultimi trent’anni ha evidenziato significativi benefici per la salute e per il benessere e viene oggi utilizzata come strumento di supporto per la cura e per la prevenzione di patologie come, ad esempio, disturbi del sonno, dell’alimentazione, da attacchi di panico, e stati depressivi (Kabat-Zinn, 2006).

Attraverso la meditazione mindfulness gli individui imparano metodi più adattivi di risposta agli stati mentali avversivi, focalizzandosi sul momento presente, senza giudicarsi, fino all’accettazione di essi. Dal punto di vista dei processi mentali essa si sostanzia nel prestare, nel momento presente, attenzione a quattro elementi: il proprio corpo, le proprie percezioni sensoriali, le formazioni mentali (ad es. la rabbia, il dolore o la compassione) e gli oggetti della mente. L’osservazione di questi elementi della propria esperienza soggettiva avviene in uno stato di autentica calma non reattiva, consentendo ai cambiamenti di avvenire naturalmente, senza ostacolarli né promuoverli ed evitando la solita resistenza o il solito giudizio che causano ulteriore sofferenza.

La pratica costante della meditazione basata sulla mindfulness si è dimostrata efficace nella riduzione dello stress e delle patologie ad esso correlate, nel sollievo da sintomi fisici connessi a malattie organiche e, in generale, nella promozione di profondi e positivi cambiamenti dell’atteggiamento, del comportamento e della percezione di se stessi, degli altri e del mondo (Chiesa, 2009). Altri cambiamenti sono ravvisabili inoltre in un maggiore potere di gestione dei conflitti e dei problemi ordinari e straordinari ed una nuova competenza, nel sostituire le emozioni distruttive con modi di essere più costruttivi che promuovono l’equanimità, l’amore e la saggezza (Rainone, 2012).

Questi cambiamenti si riscontrano anche a livello cerebrale: Taren e colleghi nel 2015 hanno evidenziato come soli tre giorni intensivi di meditazione mindfulness possano abbassare il livello di stress, riducendo l’attivazione del circuito neurale amigdala destra-corteccia cingolata anteriore, che agisce sul sistema precoce di avvertimento del cervello. Cambiamenti significativi in chi pratica mindfulness da molti anni sono stati ravvisati in termini di aumento di spessore e di girificazioni corticali (Haselkamp, 2012).

Una scarsa consapevolezza riferita al momento presente sembra non appartenere unicamente a persone che presentano alti livelli di stress o psicopatologie: secondo un recente studio infatti le persone mediamente dedicano mentalmente il 43% del loro tempo durante la veglia a pensare al futuro, il 26% al passato e solamente il 15 % al presente (più un 16% è di collocazione temporale incerta) (Hauswald 2013).

E oggi, in questo momento di emergenza collettiva provocata dalla pandemia, quali saranno le percentuali? Analizzando gli studi sugli effetti psicologici delle pandemie passate ed i primi dati su quella attuale, si può stimare che anche in questo periodo molte persone soffrano di tensione emotiva, senso di impotenza, frustrazione, insonnia, ansia e paura, e che alcune possano sviluppare vere e proprie sindromi psicopatologiche. Può la mindfulness risultare efficace nell’alleviare i sintomi sopra riportati? C’è la possibilità, per ognuno, di imparare a focalizzarsi sul momento presente, in modo non giudicante? Abbiamo rivolto questi ed altri interrogativi alla comunità del monastero buddhista di Santacittarama.

La situazione attuale dalla prospettiva del Santacittarama

Chiamato anche “Il giardino del cuore sereno”, il monastero si trova sulle colline Sabine a circa 50 km da Roma ed ospita stabilmente una dozzina di monaci, oltre a visitatori ed aiutanti laici che vi si recano per brevi o lunghi periodi. Sebbene l’Associazione Santacittarama sia riconosciuta come Ente Religioso dal 1995, la tradizione del buddhismo Theravada su cui si fonda suscita grande interesse anche tra i laici, grazie al carattere di attualità, trasversalità ed accessibilità dei suoi insegnamenti e riflessioni.

La comunità ha accolto con entusiasmo i nostri quesiti; in particolare, hanno risposto alle nostre domande Mahapanyo, un monaco anziano, Santhidaro, un monaco novizio, e Marco, un aiutante laico della comunità.

Intervistatore (I): Su quali pilastri fondamentali si fonda la vostra comunità? E come si articola la vostra quotidianità?

Mahapanyo (Mah): La vita monastica si basa su due insegnamenti fondamentali: Dhamma e Vinaya, rispettivamente la dottrina e la disciplina entro cui è possibile realizzare il risveglio ed incontrare la libertà del cuore e della mente. La giornata per noi inizia alle 5 del mattino e termina alle 19, in corrispondenza degli incontri spirituali. Ci dedichiamo ai lavori manuali fino alle 12, ora dell’ultimo pasto, dopo di che ci ritiriamo in silenzio nei nostri alloggi fino a sera. Il monastero inoltre offre sempre accoglienza ad ospiti e visitatori, tranne nei periodi di ritiro dove rimangono solo pochi ospiti selezionati.

I: L’emergenza che stiamo vivendo ha modificato le vostre abitudini o vi ha spinto a nuove riflessioni?

Mah: Fondamentalmente no, stiamo continuando il ritiro spirituale. Da marzo abbiamo sospeso le visite, ma fortunatamente era già presente un gruppo di ospiti che sono rimasti ad aiutarci nelle attività che noi monaci per disciplina non possiamo svolgere, come cucinare o gestire denaro. Non abbiamo dovuto affrontare perciò cambiamenti sostanziali. La nostra tradizione è basata sulla contemplazione dell’incertezza, sul rendersi conto che tutto è mutevole e non c’è nulla a cui aggrapparsi. Stiamo quindi confermando la bontà di questa riflessione, che le persone attorno a noi purtroppo devono ora forzatamente apprendere, non per scelta o come pratica spirituale, ma come constatazione di ciò che sta accadendo.

Santhidaro (S): Quello che ha attirato la mia attenzione, da questo che è inevitabilmente un osservatorio privilegiato, è la caparbietà con cui gli esseri si ostinano a perseguire il proprio interesse personale a discapito delle esigenze altrui, perdendo un enorme occasione di crescita personale. Con ciò non mi riferisco solamente alla possibilità di meditare ed osservare la transitorietà dei fenomeni, ma anche al valore che nell’emergenza si smette di dare a ciò che possediamo. È importante sorvegliare la mente, senza lasciare che vaghi in zone dove ora, tanto più vessata, potrebbe perdersi.

I: C’è qualche indicazione o pratica che consigliereste di seguire in questa situazione?

Mah: Sicuramente il cercare di tornare con il pensiero al presente ed avere il coraggio di aprirsi all’incertezza. Non sappiamo cosa accadrà in futuro, ci possono essere visioni ottimiste o pessimistiche, ma la verità è che dobbiamo imparare ad accettare il ‘non lo so’. Inizierei quindi con l’accettare il fatto che non tutto è sotto controllo e con il coltivare le nostre abilità spirituali, con la fiducia di poter agire in maniera corretta e che le nostre parole ci aiuteranno a lasciare andare gli attaccamenti.

Marco (Mar): Praticando regolarmente la meditazione, ci mettiamo nella condizione di accettare i nostri pensieri e le nostre sensazioni, ci addestriamo a restare con tutto questo senza reagire compulsivamente, osservandone l’impermanenza, caratteristica che accomuna tutti i fenomeni condizionati. Impariamo a restare con quello che c’è, semplicemente, in ogni istante.

I: Quali sono i maggiori benefici che la pratica della mindfulness può apportare al corpo e alla mente? E chi può praticarla?

Mar: Il praticare la Mindfulness, ovvero la consapevolezza, ci permette di non perderci in proiezioni future, spesso erronee, e di restare ancorati all’infinito presente, nel ‘qui ed ora’ in cui possiamo riconoscere quanto siamo fortunati. In questa chiarezza mentale quindi, ci possiamo ritagliare momenti di gioia. Proteggiamo il corpo fin dove è possibile, ma soprattutto proteggiamo la mente, l’unica finestra sulla realtà.

S: La consapevolezza del momento presente e la quiete profonda sono caratteristiche innate della mente, siamo noi che perturbiamo la suddetta condizione con ansie, paure e incertezze di ogni grado. La presenza mentale si può richiamare in ogni istante ed allenandosi con pazienza diventerà un’abitudine.

Tornando agli interrogativi iniziali, può la pratica mindfulness essere efficace nel ridurre lo stress derivante dal lockdown? C’è la possibilità, per ognuno, di imparare a focalizzarsi sul momento presente, in modo non giudicante? La risposta dal Santacittarama è chiara: sì e sì. L’esperienza di chi ha fatto della presenza mentale una disciplina da osservare per tutta la vita testimonia che è possibile spostare l’attenzione sul presente, accettandosi, e che questo ci possa avvicinare alla felicità. Persino in questo momento, anzi soprattutto ora, che i più fortunati hanno tempo per fermarsi e riflettere.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Brown, K. W., & Ryan, R. M. (2003). The benefits of being present: Mindfulness and its role in psychological well-being, Journal of Personality and Social Psychology, Vol. 84, No. 4, 822–848.
  • Chiesa, A., & Serretti, A. (2009). Mindfulness-Based Stress Reduction for Stress Management in Healthy People : A Review and Meta-Analysis, Vol. 15, No. 5, 593–600.
  • Haselkamp, W., Barsalau, L. W. (2012). Effects of meditation experience on functional connectivity of distributed brain networks. Frontiers in Human Neuroscience, Vol. 6, Issue38.
  • Hauswald, A., Ubelacker, T., Leske, S., Weisz, N. (2015). What it means to be zen: Marked modulations of local and interareal synchronization during open monitoring meditation. Neuroimage, Vol. 108, pp. 265-273.
  • Kabat- Zinn J. (1994). Dovunque tu vada, ci sei già. Una guida alla meditazione, TEA libri.
  • Kabat-Zinn, J. (2006). Riprendere i sensi. Corbaccio – Milano.
  • Rainone A. (2012). La mindfulness. Il non fare, l’accettare, e il fare consapevole. Cognitivismo Clinico, Vol. 9, no. 2, pp. 135-150.
  • Taren A., Giaros P., Greco C. et al. (2015). Mindfulness Meditation training alters stress- related amygdala resting state functional connectivity: a randomized controlled trial. Social Cognitive and Affective Neuroscience, Jun 5.
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