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Mindfulness per la de-automatizzazione dei processi di pensiero maladattivi

Mindfulness: ovvero consapevolezza, attenzione sostenuta, concentrarsi sul momento presente e accettazione non giudicante per i processi di pensiero dannosi

Di Paola Allegro

Pubblicato il 06 Feb. 2019

Aggiornato il 27 Ago. 2019 12:19

Gran parte della nostra vita mentale è supportata da processi inconsci, spontanei e apparentemente istintivi, cioè automatici. Spesso si sente dire che le persone utilizzano una sorta di “pilota automatico” nell’attuare i loro comportamenti e durante i processi decisionali, mentre le loro menti sono occupate con altri pensieri (Kang, Gruber, Gray, 2014).

 

L’automaticità è un meccanismo adattivo in quanto ci permette di conservare le nostre risorse attentive che di fatto sono limitate e che altrimenti sarebbero impegnate continuamente nei procedimenti di autoregolazione.

Mindfulness e altre tecniche per la de-automatizzazione

Tuttavia, le reazioni mentali automatizzate possono anche portare a risultati negativi per la salute. Ad esempio, quando un evento esterno è seguito dalle nostre reazioni inconsapevoli e automatiche, può diventare difficile separare l’evento stesso dai pensieri o dalle emozioni che esso suscita. Le reazioni automatiche e istintive possono portare alla mancanza di controllo percepito e questo, così come il senso di impotenza, sono comunemente associati ad una serie di problemi mentali, tra cui i disturbi d’ansia, la depressione, e alcune tipologie di dipendenze (Kang et al., 2014). Vi è consenso tra gli studiosi nel ritenere che le reazioni automatiche siano difficili o addirittura impossibili da controllare.

Tuttavia, alcune recenti scoperte suggeriscono che la de-automatizzazione è possibile. In uno studio di Moskowitz & Li, (2011) ad esempio è stato possibile de-automatizzare un processo considerato ad alto livello di automaticità e di inconsapevolezza che riguardava gli stereotipi, attivando preventivamente degli stereotipi egualitari tra i partecipanti alla ricerca. Durante la sperimentazione, quando venne chiesto ai partecipanti di contemplare un periodo in cui ritenevano di essere stati ingiusti nei confronti di una persona di colore nel passato (stereotipi egualitari attivati), i partecipanti mostravano meno stereotipi impliciti. Altre ricerche suggeriscono che anche l’ipnosi è risultata efficace nei processi di de-automatizzazione; tuttavia, entrambi questi metodi tendono ad avere effetti di breve durata (Dasgupta & Greenwald, 2001). Per questo, stimolare la consapevolezza consentendo l’introspezione e la percezione di controllo è risultato il mezzo più idoneo ed efficace ai fini dell’interruzione di processi di pensiero automatici.

La presenza mentale e consapevole, può indebolire le categorie associative stabilite in precedenza in modo automatico così come alcuni stili di comportamento routinari. Un crescente filone di risultati empirici suggerisce che la pratica della Mindfulness può portare a de-automatizzazione e che questa, può essere uno dei vantaggi centrali risultante dai meccanismi della consapevolezza di Mindfulness (Kang et al., 2014). Tuttavia, la funzione de-automatizzatrice della Mindfulness non è stata ancora adeguatamente elaborata in letteratura. L’attenzione si sposta invece sul tema della Mindfulness come possibile cura per diminuire la gravità dei sintomi e aumentare il benessere nel corso del tempo. Per questo, di seguito vengono riportati i meccanismi sottostanti il processo della Mindfulness al fine di comprendere meglio i passaggi necessari a realizzarla e che intervengono nei processi di de-automatizzazione.

Il modello di Kang et al. propone una struttura che descrive il modo in cui la Mindfulness facilita la de-automatizzazione in termini di processi specifici, portando a risultati desiderabili. Sono quattro i componenti della Mindfulness (consapevolezza, attenzione sostenuta, concentrazione sul momento presente, e l’accettazione non giudicante) che contribuiscono a creare l’ambiente necessario affinché si verifichi la de-automatizzazione. A loro volta, le caratteristiche o componenti di Mindfulness che descriveremo portano a realizzare quattro processi mentali successivi: ridurre le inferenze di pensiero automatiche, valorizzare il controllo cognitivo, facilitare una comprensione metacognitiva, e prevenire la soppressione e la distorsione dei pensieri. Questa funzione di de-automatizzazione della Mindfulness promuove strategie di autoregolazione adattive ed effetti desiderabili sulla salute.

Mindfulness e de-automatizzazione: la consapevolezza

La consapevolezza significa avere una conscia conoscenza della propria esperienza, incluso delle proprie sensazioni corporee, dei pensieri e delle emozioni, così come degli eventi esterni, ad esempio di immagini e suoni (Brown & Ryan, 2003). Questo stato di presenza nelle cose, è in contrasto con le reazioni mentali automatizzate che spesso si verificano quando la mente non è cosciente. Gli stereotipi impliciti ad esempio, avvengono al di fuori della propria consapevolezza. Un individuo consapevole può essere più propenso a notare il formarsi delle categorizzazioni implicite, avendo precisa consapevolezza dei meccanismi di distorsione.

Essere consapevoli aiuta a liberarsi da alcuni processi di inferenze automatiche a cui la mente è esposta quando è in uno stato di non consapevolezza: l’effetto priming e la formazione di stereotipi. L’effetto priming, accade quando uno stimolo precedente, o stimolo “prime”, stimola e influenza la risposta a uno stimolo successivo. Spesso lo stimolo prime viene presentato per un brevissimo periodo proprio per far si che il partecipante non sia consapevole di tale innesco. Dunque la presenza di Mindfulness, attraverso consapevolezza degli stimoli, delle sensazioni e dei pensieri che occorrono momento per momento, contribuendo ad aumentare l’allerta sul qui ed ora, può fare si che la mente sia meno influenzata da questo effetto (priming). Anche gli stereotipi, come abbiamo detto, sono il riflesso di una categorizzazione automatica, necessaria al nostro sistema cognitivo per dare significato all’ambiente conservando le risorse limitate delle sue facoltà. Questo processo inconscio, se da un lato può servire all’adattamento nell’ambiente, dall’altro ci porta a dare giudizi frettolosi, non consapevoli e quindi errati. Una delle caratteristiche di Mindfulness è la capacità di riconoscere non solo il proprio punto di vista ma altresì quello dell’altro grazie ad una molteplice presa di prospettiva riducendo così gli automatismi del comportamento che portano alla formazione di stereotipi.

Mindfulness e de-automatizzazione: attenzione sostenuta

Avere un’attenzione sostenuta significa prestare la propria concentrazione sul flusso continuo di stimoli interni ed esterni. Numerosi training di Mindfulness promuovono l’abilità di sostenere un’attenzione focalizzata verso il respiro e le proprie sensazioni corporee ma si possono utilizzare anche altri stimoli per mantenere l’attenzione. Quando sono consapevoli, gli individui portano la loro attenzione verso l’oggetto d’osservazione e, quando la mente si allontana dall’oggetto da osservare o è distratta, la Mindfulness riporta l’attenzione all’origine delicatamente, ma allo stesso tempo, in maniera ferma. Questa caratteristica di mantenere un’attenzione sostenuta e focalizzata, è stata associata ad effetti positivi di salute mentale, tra cui la riduzione dei processi di ruminazione e di ansia (Kang et al., 2014) e questo processo è alla base dei meccanismi che favoriscono il controllo cognitivo per ridurre gli automatismi che portano alla distrazione e agli effetti di una mente distratta. Le pratiche Mindfulness, promuovono anche la flessibilità cognitiva e la capacità di interrompere processi abituali per la categorizzazione delle informazioni. Evidenze indicano che la Mindfulness può ridurre l’interferenza dell’effetto Stroop (Alexander e co., 1989) favorendo appunto la capacità attentiva e la flessibilità dal punto di vista cognitivo.

Mindfulness e de-automatizzazione: concentrarsi sul momento presente significa non aumentare il dolore

Focalizzare la propria attenzione nel momento presente significa indirizzare la propria mente con o senza sforzo verso i fenomeni interni ed esterni che si verificano in ogni momento di consapevolezza (Baer, 2003). Questa pratica contrasta gli stati in cui la mente si preoccupa di pensieri passati o futuri, come i ricordi, i progetti, o le fantasie.

La ruminazione, che è associata ad una maggiore gravità dei sintomi depressivi, è un esempio di come la perdita di attenzione al momento presente, faccia spazio a preoccupazioni e pensieri automatici ricorrenti del passato, visti come causa e conseguenza dei sentimenti percepiti (Nolen-Hoeksema, 1991). Teasdale (1999) usa il termine “intuizione meta-cognitiva” per indicare il processo di consapevolezza in cui si riconoscono i pensieri come elementi facenti parte della mente e questo meccanismo è alla base del processo di de-centramento (tradotto dall’inglese de-centering) che è di fondamentale importanza nella comprensione che ciò che noi pensiamo è solo un prodotto della mente e non corrisponde necessariamente alla realtà. La de-centralizzazione permette all’individuo di prendere Non Reattività dai pensieri e dalle emozioni che spesso conducono a ruminazioni e preoccupazioni eccessive e libera la mente da quello che seguirebbe come processo secondario, ovvero l’elaborazione dei pensieri. Una prospettiva de-centrata infatti, sospende i processi automatici e involontari e questo processo è ritenuto di particolare importanza negli studi di Mindfulness sul dolore fisico e psicologico. Spesso la sofferenza fisica, porta alla sofferenza psicologica in un meccanismo automatico di risposte affettive tali per cui diventa difficile per chi ne è coinvolto, separare il dolore dalla sofferenza.

La tradizione Buddista, nel rispetto del dolore fisico, fa una differenza tra questo e la sofferenza che avviene quando i pensieri negativi e le paure vengono proiettate nelle sensazioni di dolore. Studi sulla percezione del dolore, dimostrano che l’aspettativa di dolore, può amplificare la sensazione di dolore stesso (Kang et al., 2014). La promozione di Mindfulness può portare a interrompere questo ciclo cronico di dolore, permettendo all’individuo di riconoscere che una certa parte dell’esperienza di dolore è generata dal sé; identificando quindi la sorgente di dolore, è possibile giungere al cambiamento. Questo processo vale anche per la ruminazione in cui pensieri disadattavi e continui portano ad un ciclo di reazione automatica e disfunzionale. La consapevolezza che tutti questi meccanismi hanno origine nella mente, permette ad essa di scegliere di eliminarli.

Mindfulness e de-automatizzazione: l’accettazione non giudicante

L’accettazione non giudicante permette di osservare i pensieri che si stanno vivendo, così come le sensazioni e gli eventi per quello che sono nel momento in cui entrano nella propria coscienza, senza giudicarli come buono o cattivo, desiderabile o indesiderabile, importante o inutile. L’accettazione permette a tutte le esperienze, siano esse piacevoli, neutre o dolorose, di sorgere senza cercare di cambiarle, di controllarle, o di evitarle. L’accettazione vale sia per le esperienze concrete (ad esempio, il dolore sensoriale) sia per quelle astratte (ad esempio, sentimenti di rifiuto). Accettare consente alle persone di apprezzare l’esperienza nel momento in cui si verificano le auto-valutazioni che condannano in maniera severa il proprio sé (ad esempio, “Io sono un fallimento”). Quando queste valutazioni si verificano, l’accettazione consente alle persone di abbracciarle così come esse giungono, senza sopprimerle o distorcerle (ad esempio, “Al momento mi sento come se io fossi un fallimento”).

L’accettazione è anche alla base degli interventi di alcune terapie (ACT; Hayes, Strosahl, & Wilson, 1999) in cui essa si propone come stimolo per osservare i pensieri senza valutarli, giudicarli o cercare di avere un controllo su di essi. La Mindfulness incoraggia l’esposizione graduale agli stimoli che causano paura, senza identificarsi eccessivamente con essi, esplorandoli con accettazione. L’esposizione riduce la reattività che potrebbe generare difese cognitive automatiche e disfunzionali (Baer, 2003) L’accettazione non giudicante verso l’esperienza personale può funzionare da elemento di esposizione e ridurre ad esempio l’ansia incoraggiando la presa di consapevolezza degli stimoli senza necessariamente cercare di controllarli (Kabat Zinn, e co., 1994).

La Mindfulness si differenzia dalla pratica dell’esposizione in quanto non include nella terapia la presentazione di stimoli di panico o altri stimoli con il fine di superarli; essa semplicemente accoglie gli stimoli che giungono indipendentemente e liberamente. Inoltre non è focalizzata sul raggiungimento di un risultato e sul superamento di una situazione ma accoglie ciò che la mente osserva, naturalmente e senza giudizio.

Mindufulness non è seguire gli impulsi

Tutti e quattro questi elementi di Mindfulness sono importanti affinché si verifichi la piena consapevolezza di ciò che succede. Non è possibile raggiungere la Mindfulness quando l’attenzione e la consapevolezza non sono accompagnate da una presenza verso il momento presente, come ad esempio quando ci si sofferma su ricordi del passato o preoccupazioni per il futuro. Cosi, se attenzione e consapevolezza sono presenti, ma senza accettazione, come ad esempio nel sentirsi arrabbiati per uno sbaglio commesso, ma senza essere in grado di accettare gli errori del passato e le emozioni ad essi legate, possono insorgere sentimenti di rabbia. Allo stesso modo, concentrarsi sul momento presente, senza consapevolezza, può portarci ad una sensazione di ebbrezza, accompagnata da lacune e vuoti che possono sensibilizzare le intenzioni. Se mancano uno o più componenti della Mindfulness possono insorgere “comportamenti irragionevoli” (Kang et al., 2013). Una persona che non ha consapevolezza sull’esperienza che vive nel momento attuale rischia di seguire ciecamente la routine quotidiana degli impulsi. Quando la mente non è in controllo attivo, è maggiormente dominata da processi inconsci. Così ad esempio quando siamo inconsapevoli, è probabile che le nostre percezioni e i giudizi sugli altri siano influenzati da etichette superficiali e stereotipi. Al contrario, una persona deliberatamente attenta e cosciente con un atteggiamento di Mindfulness aperto e flessibile, accede ad un’accettazione non giudicante di molteplici prospettive che fanno parte del contesto. Questa accettazione permette al soggetto di poter distinguere i pensieri e le emozioni dagli eventi che le evocano. Per questo, un individuo consapevole riesce a notare che alcuni eventi sono incontrollabili, mentre le risposte agli stessi, possono essere controllate con la pratica della Mindfulness e questo fa sì che il soggetto riesca a considerare meglio la presenza del controllo, fornendo una maggiore consapevolezza di ciò che è controllabile e ciò che non lo è.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Alexander, C. N., Langer, E. J., Newman, R. I., Chandler, H. M., & Davies, J. L. (1989). Transcendental meditation, mindfulness, and longevity: An experimental study with the elderly. Journal of Personality and Social Psychology, 57, 950–964.
  • Baer, R. A. (2003). Mindfulness training as a clinical intervention: A conceptual and empirical review. Clinical Psychology: Science and Practice, 10, 125–143.
  • Brown, K. W., & Ryan, R. M. (2003). The benefits of being present: Mindfulness and its role in psychological well-being. Journal of personality and social psychology, 84, 822-848.
  • Dasgupta, N., & Greenwald, A. G. (2001). On the malleability of automatic attitude: Combating automatic prejudice with images of admired and disliked individuals. Journal of Personality and Social Psychology, 81, 800–814.
  • Hayes, S. C., Strosahl, K. D., & Wilson, K. G. (1999). Acceptance and commitment therapy: An experiential approach to behavior change. New York, NY: Guilford Press.
  • Kabat-Zinn, J. (1994). Wherever you go, there you are: Mindfulness meditation in everyday life. New York: Hyperion.
  • Kang, J., Gruber, J., & Gray, J. R. (2013). Mindfulness and De-Automatization. Emotion Review, 5(2), 192–201.
  • Nolen-Hoeksema, S. (1991). Responses to depression and their effects on the duration of depressive episodes. Journal of Abnormal Psychology, 100, 569–582.
  • Moskowitz, G. B., & Li, P. (2011). Egalitarian goals trigger stereotype inhibition: A proactive form of stereotype control. Journal of Experimental Social Psychology, 47, 103–116.
  • Teasdale, J. D. (1999). Metacognition, mindfulness and the modification of mood disorders. Clinical Psychology and Psychotherapy, 6, 146–155.
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