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Esperienza di trattamento psicoterapeutico all’interno della Casa di reclusione di Modena sugli aggressori sessuali

Dinnanzi al dilagarsi di reati sessuali vi è la necessità di applicare non solo pene ma anche programmi di recupero nei confronti degli aggressori sessuali

Di Manuela Cammarata

Pubblicato il 27 Giu. 2017

Aggiornato il 09 Set. 2019 15:25

Il fenomeno dei reati sessuali è da sempre presente nella nostra società, cosi come in altre culture più distanti dalla nostra, ma ad oggi tale tipologia di crimine è sicuramente tra quelle che suscitano un maggiore allarme a livello sociale.

Manuela Cammarata – OPEN SCHOOL, Studi Cognitivi Modena

 

Il fenomeno dei reati sessuali è da sempre presente nella nostra società, cosi come in altre culture più distanti dalla nostra, ma ad oggi tale tipologia di crimine è sicuramente tra quelle che suscitano un maggiore allarme a livello sociale soprattutto per la ferocia con cui viene commesso e per l’aumentata visibilità, che deriva da una maggior attenzione dei media sull’argomento, che fa percepire all’opinione pubblica un suo crescente aumento. Ad aumentare, poi, la complessità del caso vi è il rapporto che spesso unisce la vittima all’autore del reato stesso, rapporto che molto spesso è di tipo parentale e che pertanto rischia spesso di nascondere l’abuso dietro ad atteggiamenti di omertà e segreto all’interno del nucleo familiare.

Reati sessuali: l’importanza della prevenzione e del recupero

A fronte di questo sempre più frequente dilagarsi di reati sessuali, dunque, vi è la necessità, da un lato, di salvaguardare la vittima e, dall’altro, di applicare non solo delle pene ma anche dei programmi di recupero nei confronti degli aggressori sessuali (sex offenders) in modo da ridurre al minimo il rischio di recidiva futura.  Tuttavia, nonostante il sempre crescente interesse verso questo tema, attualmente sono ancora poche le iniziative volte sia alla prevenzione dei reati sessuali che al sostegno e al recupero degli attori, e con ciò si rischia poi di promuovere e sostenere la cultura della stigmatizzazione e dell’esclusione che, invece di permettere un’adeguata prevenzione dell’abuso e un successivo reinserimento nella società dell’abusante, favorisce e alimenta il reato stesso.

Se molta attenzione, dunque, si dedica, giustamente, alle vittime di reati sessuali, poca invece ne viene concessa, in termini trattamentali e di recupero, all’aggressore sessuale che, una volta condannato, sconta la propria pena presso sezioni protette degli Istituti Penitenziari, con scarse possibilità di adeguato trattamento psicoterapeutico e successivo reinserimento nella società.

Chi sono gli aggressori sessuali?

Ma chi sono gli autori di reato a sfondo sessuale? E quali sono le loro possibilità di recupero?

Autori di reati a sfondo sessuale: art. 609 bis c.p. : violenza sessuale, art. 609-ter c.p. : circostanze aggravanti, art 609 quater c.p. : atti sessuali con minorenne, art 609 quinquies c.p. : corruzione di minorenne,  art. 609 octies c.p. : violenza sessuale di gruppo.

Contrariamente a ciò che si potrebbe pensare, gli aggressori sessuali non costituiscono una tipologia omogenea di pazienti, in quanto si diversificano per età, classe sociale, storia pregressa, tipo di aggressione, modalità di operare il reato, comportamenti e desideri e/o tendenze sessuali. Tuttavia è riconosciuto in letteratura che, in generale, da un punto di vista clinico è possibile per questi pazienti effettuare una diagnosi psicopatologica; quella più diffusa è legata ai disturbi di personalità classificati nel DSM-IV. Tra questi , in particolare, emergono:

  • Il disturbo antisociale di personalità: caratterizzato da aspetti di ostilità e aggressività; si tratta di personalità inclini ad agire in maniera aggressiva e imprevedibile. Comprende molti dei deficit che gli aggressori sessuali presentano come ad esempio la carenza di empatia e di considerazione dei sentimenti altrui, irresponsabilità, impulsività, relazioni interpersonali povere, abilità sociali ed affettive scarse o insufficienti; (Fernandez, Marshall. 2003), (Covell, Scalora,M. 2002)
  • Il disturbo narcisistico: il quale evidenzia un quadro pervasivo di grandiosità, mancanza di empatia e manipolazione allo scopo di raggiungere la gratificazione immediata dei propri bisogni (tra questi anche quello sessuale);
  • Il disturbo bordeline di personalità: caratterizzato da una modalità pervasiva d’instabilità delle relazioni interpersonali e dell’immagini di sé, allo scopo di evitare costantemente l’abbandono e che porta il soggetto ad una continua ricerca di conferme e considerazione.

Inoltre, nelle biografie degli artefici di reati sessuali, ritroviamo spesso traumi ed episodi di maltrattamenti subiti in età infantile. E’ altresì importante sottolineare, in ogni caso, come non sia del tutto corretto attribuire la causa dei reati sessuali alla presenza costante di componenti patologiche. In numerosi casi, infatti, questi comportamenti sono propri di persone, senza particolari problemi psicologici o comunque con problemi non superiori a quelli della maggior parte delle persone.

Gli aggressori sessuali, pertanto, rappresentano un gruppo eterogeneo, e anche dietro comportamenti simili si incontrano tratti psicopatologici differenti. A complicare lo scenario si aggiunge il fatto che essi presentano spesso parafilie multiple, oppure una comorbilità tra diversi disturbi. (Aubut  1993b), (Dettore, Fuligni  2006), (Marshall, 2007)

Aggressori sessuali e mancanza di empatia

Al di là di questo aspetto poi, ciò che si mette in evidenza in questi pazienti è la loro limitata, o a volte addirittura assente, capacità empatica, capacità cioè di riconosce le emozioni altrui e di assumere una prospettiva diversa rispetto alla propria.

La crescente attenzione al fenomeno relativo ai reati sessuali, pone la società e le istituzioni di fronte alla necessità di promuovere misure legislative volte alla sicurezza sia della società stessa ma soprattutto del singolo, e di promuovere anche interventi mirati sia alla prevenzione del reato che al trattamento degli aggressori sessuali.

Appare ovvio, in questo senso, che il trattamento debba essere rivolto alla riduzione significativa del rischio di recidiva da parte dei sex offenders una volta scontata la propria misura detentiva. Per tale motivazione, il carcere non può e non deve avere una finalità esclusivamente punitiva, ma deve diventare anche una opportunità per accedere ad una riflessione su di sé e sui proprio meccanismi. Tale obiettivo è raggiungibile attraverso una presa in carico del paziente che porti l’autore di reato sessuale a:

  • Un lavoro di presa di coscienza del reato commesso;
  • Un lavoro di acquisizione o rinforzo delle capacità empatiche;
  • Una presa di coscienza delle proprie difficoltà e dei propri limiti;
  • Un lavoro di modificazione delle distorsioni cognitive;
  • L’identificazione delle fantasie sessuali devianti e dei fattori che hanno concorso alla messa in atto dell’abuso;
  • Lo sviluppo di strategie di coping e gestione dello stress più funzionali.

Reati sessuali e interventi per gli aggressori sessuali: l’esperienza della Casa Circondariale di Modena

Nell’ottobre del 2013, in seguito alla richiesta da parte della Direzione della Casa Circondariale di Modena, si sono svolti incontri di coordinamento e programmazione tra il Direttore dell’Istituto, l’area educativa del carcere, il referente del programma carcere del Dipartimento Cure Primarie e il Direttore del servizio di Psicologia Clinica dell’Azienda USL di Modena per definire un progetto d’intervento per i detenuti autori di reati a sfondo sessuale presenti all’interno dell’Istituto (attualmente presenti 90) che sono stati condannati o sono in attesa di una condanna definitiva.

Opportunamente, si potrebbe pensare che per queste persone l’ambiente penitenziario potrebbe costituire la prima meditata e reale occasione di incontro con figure professionali a valenza terapeutica ed educativa e che ciò potrebbe favorire una presa di contatto, in un momento esistenziale particolare come la detenzione, per l’inizio di un percorso di potenziale cambiamento.

Nello specifico il trattamento ha come obiettivi:

  • Promozione della consapevolezza, motivazione e responsabilità rispetto al proprio agito.
  • Acquisizione di strategie di contrasto nei confronti degli impulsi sessuali patologici.
  • Riconoscimento e prevenzione dei comportamenti a rischio di recidiva.
  • Definizione di percorsi alternativi alla detenzione o fine pena.

Vale la pena osservare come il trattamento degli aggressori sessuali si basa oltre che sulla scelta delle tecniche, anche sul delicato equilibrio tra empatia e distanziamento, che serve ad evitare sia la collusione ma anche il rifiuto. In sintesi una sorta di equilibrio tra pena e trattamento.

Il lavoro di recupero dei sex offenders svolto presso la Casa Circondariale di Modena inizia con una fase di selezione e valutazione preliminare dei pazienti che nasce dal confronto con gli Educatori dell’Istituto Penitenziario, referenti del caso, e lo Psicologo dell’ASL, formato e competente sul tema, i quali condividono insieme l’idea di un possibile intervento.

A questo primo momento segue poi una fase di assessment individuale svolta dallo psicologo.

In particolare ci sono almeno 3 fattori che devono essere indagati per permettere al detenuto di essere inserito nel percorso di trattamento:

  1. Ammissione, o parziale ammissione, del reato commesso e della propria responsabilità;
  2. Riconoscimento del proprio problema e del proprio disagio;
  3. Volontà di partecipare ad un percorso di trattamento psicoterapeutico.

Successivamente, sempre in questa seconda fase, viene somministrato al paziente del materiale testistico (MMPI-II; MCMI-III; CORE) che permette di ottenere un quadro abbastanza chiaro e coerente del proprio funzionamento e dei tratti che ne caratterizzano la personalità, e che permette quindi di poter valutare l’effettiva trattabilità del paziente stesso.

A questa fase di assessment, dopo un’adesione spontanea al programma che prevede l’accettazione delle condizioni anche in forma scritta, segue poi il trattamento vero e proprio che consiste sia in colloqui individuali con lo psicologo, che permettono al paziente di poter lavorare su aspetti più personali che riguardano il proprio vissuto e la propria storia personale, sia in una terapia di gruppo che permette di poter lavorare invece su aspetti più condivisi. Il lavoro di gruppo con gli aggressori sessuali si svolge con cadenza settimanale e tratta tematiche come prevenzione della recidiva, stili di attaccamento, genitorialità, riconoscimento del concetto di violenza, acquisizione di nuove strategie di coping e gestione dello stress, acquisizione di nuove modalità comunicative più funzionali dei propri bisogni.

Obiettivo fondamentale in tutte queste fasi è che il paziente autore di reati sessuali cominci a  prendere coscienza del reato commesso, questo perché, nella maggior parte dei casi vi è una sottovalutazione o addirittura la negazione del reato stesso da parte dell’aggressore.

Le problematiche relative a questo intervento psicoterapeutico, tuttavia, sono diverse poiché riguardano aspetti clinici che si intrecciano con aspetti di tipo sociale e culturale, spesso difficili da mettere in discussione nel paziente stesso.

È chiaro che un lavoro psicoterapeutico con i sex offenders è necessario ed importante proprio perché l’espiazione della pena intesa come semplice detenzione punitiva non ha alcuna utilità se non si riduce attraverso la propria messa in discussione anche il rischio che il reato venga commesso nuovamente in futuro.

Affinché questo tipo di lavoro svolto abbia dunque significato, una volta scontata la pena (o nel momento in cui vengano concesse le misure alternative previste dall’Ordinamento Penitenziario), sarebbe opportuna una presa in carico da parte dei Servizi Sanitari competenti per Territorio di residenza per la continuità del percorso psicoterapeutico, cosi come avviene per altri tipo di reato o problematiche (es: tossicodipendenza). Tuttavia al momento emergono diverse difficoltà per la presa in carico esterna del paziente presso i Servizi territoriali.

Tra le difficoltà che emergono, maggiormente rappresentativa è quella di una non adeguata preparazione rispetto al tema ed al suo trattamento. Questo probabilmente perché ancora oggi si fatica a riconoscere che il comportamento sessuale aggressivo sia solo uno tra i diversi aspetti della vita del paziente e che tale persona invece, con un adeguato tipo di intervento, possa essere in grado di acquisire nuovi strumenti e nuovi stili di comportamento più funzionali.

In sintesi con questa esperienza si è evidenziato come vi sia ancora oggi:

  • Carenza di una cultura del trattamento per gli autori di reati sessuali e la necessità di interventi di sensibilizzazione in questa direzione;
  • Carenza di strutture e servizi sul territorio che garantiscano la continuità del trattamento e della presa in carico in un tempo successivo all’esecuzione di pena in carcere ed all’intervento trattamentale intra-murario;
  • Carenza di una rete o connessione che permetta la conoscenza reciproca, lo scambio ed il confronto.

In questi due anni e mezzo in quattro occasioni, su circa 30 pazienti trattati, è stato possibile realizzare un invio ed una successiva presa in carico del paziente da parte di un Servizio Sanitario pubblico.

In conclusione, come ci dicono gli stessi dati ufficiali Istat, la maggior parte dei reati sessuali sono reati relazionali. Questo comporta una problematica rispetto alla gestione del fenomeno, che non può solo essere deputata al settore penitenziario, ma che deve coinvolgere i servizi con competenze specifiche in questa direzione.

Deve essere chiaro che gli uomini che entrano nel circuito penitenziario non rimarranno per sempre rinchiusi tra le mura del carcere, così come non lo rimarranno le nostre paure. Un giorno non troppo lontano infatti torneranno ad essere cittadini liberi. La sfida, l’obiettivo è dunque quello di cercare di renderli liberi anche dalle passate azioni violente attraverso una messa in discussione di se stessi in un delicato momento esistenziale com’è la privazione della libertà, perché solo cosi si può evitare il perpetuarsi di una storia già, purtroppo, tristemente nota.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • M. L. Fadda (Magistrato di Sorveglianza di Milano), Relazione su “Il trattamento dell’autore di reato con vittima vulnerabile”, Roma 31 gennaio - 2 febbraio 2011;
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  • P. De Pascalis, “Le fasi di un percorso di cambiamento: riflessioni a partire da un esempio clinico”, tratto da “Il centro LDV di Modena. Primi esiti di una scommessa” a cura di Marco Deriu, 2014
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