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Gioco d’azzardo patologico, shopping compulsivo e accumulo compulsivo: esistenza di una possibile relazione

Recenti studi hanno indagato l'eventuale co-occorenza tra gambling, shopping compulsivo e accumulo compulsivo: i risultati sembrano interessanti.

Di Guest

Pubblicato il 08 Giu. 2017

Aggiornato il 11 Apr. 2018 09:35

Varie ricerche presenti in letteratura si sono occupate di indagare l’esistenza di una possibile relazione tra i comportamenti di gamblinggioco d’azzardo patologico, shopping compulsivo e accumulo compulsivo. Ciò potrebbe generare importanti implicazioni teoriche e cliniche utili allo sviluppo e al miglioramento delle strategie di prevenzione e di trattamento delle patologie in questione. 

Elena Rizzi – OPEN SCHOOL Psicoterapia Cognitiva e Ricerca, Milano

 

Nell’ambito della ricerca psicologica clinica, è sempre di notevole interesse l’indagine dell’esistenza di relazioni tra diverse manifestazioni psicopatologiche. La ragione di tale interesse risiede nella possibilità di generare importanti implicazioni teoriche e cliniche utili allo sviluppo e al miglioramento delle strategie di prevenzione e di trattamento delle patologie in questione. Varie ricerche presenti in letteratura si sono occupate di indagare l’esistenza di una possibile relazione tra i comportamenti di gambling o gioco d’azzardo patologico, shopping compulsivo e accumulo compulsivo.

 

Gambling, shopping compulsivo e accumulo compulsivo

Il gambling, o gioco d’azzardo patologico, viene definito come un comportamento problematico persistente o ricorrente legato al gioco d’azzardo che porta a disagio o compromissione clinicamente significativi (DSM-5; APA, 2013).

Lo shopping compulsivo consiste in una “cronica, anormale forma di shopping e di spesa caratterizzata principalmente da un irresistibile, incontrollabile e ripetitivo impulso/desiderio di acquistare” (Edwards, 1992, pp. 54), il quale viene reiterato fino a determinare effetti dannosi per l’individuo e le persone che gli stanno vicine (Pani & Biolcati, 2006).

L’accumulo compulsivo è caratterizzato dalla persistente difficoltà di gettare via o separarsi dai propri beni a prescindere dal loro reale valore, che comporta l’ingombro degli spazi vitali compromettendone l’uso previsto e causa disagio o compromissione del funzionamento della persona (DSM-5; APA, 2013).

Le prime due manifestazioni cliniche vengono convenzionalmente incluse nella macrocategoria delle dipendenze comportamentali, mentre la terza viene definito un disturbo correlato al Disturbo Ossessivo-Compulsivo.

 

Cosa sono le dipendenze comportamentali?

Il concetto di dipendenza comportamentale (behavioural addiction) nasce con l’intento di classificare quei comportamenti che rispecchiano i sintomi e le conseguenze delle dipendenze correlate all’uso di sostanze, pur non prevedendo l’assunzione delle stesse.

Negli ultimi anni, la crescente attenzione di ricercatori e clinici per l’argomento è stata mossa anche dalla proposta dell’inserimento all’interno della sezione dei Disturbi correlati a sostanze del DSM-5 (APA, 2013) di una sottocategoria appositamente dedicata a questo tipo di dipendenze. Se da una parte molti autori hanno sostenuto tale la proposta, dall’altra, molto più controversa e dibattuta è stata la scelta delle patologie da inserirvi (Black, 2013). Sono stati presi in considerazione diversi comportamenti patologici tra cui: il gambling o gioco d’azzardo patologico, l’uso compulsivo del computer (compulsive computer use), il comportamento sessuale compulsivo (compulsive sexual behavior) e lo shopping compulsivo (compulsive buying) (Grant, Brewer & Potenza, 2006).

Tuttavia, con la pubblicazione del DSM-5, si osserva che la categoria delle dipendenze comportamentali (Disturbi non correlati a sostanze), per ora, include soltanto una delle patologie considerate dagli studiosi: il Gioco d’Azzardo Patologico (gambling). Il mancato raggiungimento di un punto di vista condiviso e la conseguente impossibilità di formulare criteri diagnostici univoci anche per altri comportamenti patologici (come lo shopping compulsivo), sono probabilmente dovuti alla minore presenza di studi riguardanti tali comportamenti disfunzionali (Chiri, Gorrini & Sica, 2010). Ad ogni modo, nella pratica clinica, lo shopping compulsivo viene a tutti gli effetti riconosciuto come una dipendenza comportamentale e conseguentemente trattato.

 

Cosa sono i disturbi correlati al Disturbo Ossessivo-Compulsivo?

I disturbi correlati al Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC) sono quelle patologie che la ricerca ha identificato come aventi i tratti che caratterizzano i disturbi dello spettro ossessivo compulsivo, ovvero la presenza di pensieri ossessivi e comportamenti ripetuti (Mannelli, 2013). Tra di essi vi è il Disturbo d’Accumulo (Hoarding) che per la prima volta viene identificato come un’entità diagnostica a se stante e distinta dal Disturbo Ossessivo-Compulsivo, al quale, in precedenza, veniva ricondotto (DSM-5; APA, 2013). Numerose ricerche, hanno infatti rilevato che un’elevata percentuale dei pazienti con una diagnosi principale di accumulo compulsivo non soddisfaceva i criteri per un’ulteriore diagnosi di Disturbo Ossessivo-Compulsivo e che l’Hoarding è clinicamente, neurobiologicamente e geneticamente distinto dal DOC (An et al., 2009; Frost, Steketee, Tolin & Glossner, 2010; Mataix-Cols et al., 2010; Saxena et al., 2004).

 

Comportamenti normali vs comportamenti patologici

Tutti e tre i comportamenti in esame (gambling, shopping e accumulo) sono, in realtà, presenti normalmente nella gamma di azioni compiute dagli uomini; sono abitudini diffuse, quotidiane e socialmente accettate, ben lontane dall’apparire come un sintomo clinico. In questi casi, infatti, la psicopatologia si situa all’estremità di un continuum in cui al limite opposto vi è un comportamento normale ed equilibrato, il quale, potenzialmente, può addirittura aumentare il benessere psicologico dell’individuo (Pani & Biolcati, 2006).

Le motivazioni per le quali un soggetto può decidere di intraprendere e continuare tali attività sono molteplici. Il gioco d’azzardo, ad esempio, potrebbe costituire uno spazio magico in cui fantasticare sulla ricchezza e sui conseguenti cambiamenti della propria vita; oppure un’attività con la quale riempire o cancellare momentaneamente momenti di noia, mancanza di senso, di insoddisfazione o, peggio, di depressione e solitudine; o, ancora, un’attività per provare eccitazione e piacere (Croce, 2001; Pani & Biolcati, 2006).

Nel caso dello shopping, invece, di pari passo con l’affermazione della “cultura del consumo”, l’acquisizione di beni materiali ha assunto sempre di più una posizione centrale per l’individuo in quanto influenza il suo status sociale, contribuisce alla regolazione del suo umore ed all’espressione della propria identità e del proprio sé (Dittmar, 2001).

Infine, nel caso del comportamento di accumulo, sembra che esso esista persino per una ragione evolutiva (è riscontrabile anche in alcune specie animali), con la funzione di prevenire la scarsità di cibo e beni tipica di certi periodi dell’anno o di certe annate (Frost, 2010). Traslato nella società odierna, le ragioni che spingono gli individui a “conservare” sono, ad esempio, la paura di perdere qualcosa di importante oppure l’idea che gli oggetti possano servire in futuro (Frost, Kim, Morris, Bloss, Murray-Close & Steketee, 1998).

Questi tre comportamenti, tuttavia, possono in certe condizioni essere messi in atto in  maniera problematica e disfunzionale con gravi conseguenze per la salute dell’individuo (sia mentale che fisica) e con derive dannose riscontrabili in diverse aree: sociale, familiare, occupazionale, economica e legale.

Nel comportamento di gioco d’azzardo è presente un’intrinseca pericolosità potenziale dovuta sia a fattori individuali che ambientali, tra i quali l’aumento e la diversificazione dell’offerta delle possibilità di gioco degli ultimi decenni che consente un accesso al gioco più immediato, prevede giochi caratterizzati da un maggior rischio di additività e induce sempre di più alla messa in atto del comportamento in maniera solitaria ed asociale (Croce, 2001). Per quanto riguarda lo shopping, esso può diventare un comportamento patologico quando assume il ruolo di azione compensatoria di una mancanza, non materiale ma emotiva, per esempio per alleviare o sopprimere uno stato emotivo negativo, spesso depressivo (Fiore, 2015). Il comportamento di accumulo, invece, può in certi casi sfociare in un comportamento compulsivo che rappresenta unicamente un costo in termini di accumulo piuttosto che un effettivo beneficio: la funzionalità viene surclassata dall’eccesso (Frost, 2010).

 

Esistenza di una possibile relazione tra i tre comportamenti patologici

Le indagini svolte fino ad oggi indagano principalmente l’eventuale sussistenza di una co-occorenza tra le manifestazioni cliniche. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, le ricerche sono state svolte indagando alternativamente una coppia dei tre comportamenti e raramente si sono occupate dello studio dei tre comportamenti patologici in un unico campione.

 

Gambling e shopping compulsivo

I risultati disponibili in letteratura sono concordi nel rilevare la presenza di una comorbidità tra le due manifestazioni cliniche, gambling (ovvero gioco d’azzardo patologico) e shopping compulsivo (Black, Monahan, Schlosser & Repertinger, 2001; Frost, Meagher & Riskind, 2001; Kausch, 2003; Lesieur & Rosenthal, 1991; Netemeyer et al., 1998; Specker, Carlson, Christenson & Marcotte, 1995). In aggiunta alla condivisone delle peculiarità delle dipendenze comportamentali, il motivo della stretta relazione tra i due comportamenti patologici potrebbe essere la condivisione di caratteristiche di attenzione focalizzata, gratificazione monetaria e scambio di denaro (Black & Shaw, 2008; Specker et al., 1995). Esistono, inoltre, delle preliminari evidenze a sostegno di un substrato neurobiologico condiviso. È stata, infatti, proposta l’ipotesi di un’origine serotoninergica comune, supportata da una piccola indagine pilota che mostra che i due disturbi rispondono al trattamento con gli SSRI (inibitori del “reuptake” della serotonina) con miglioramenti realmente promettenti (Alexander, 1996).

 

Shopping compulsivo e accumulo compulsivo

L’accostamento dei due comportamenti patologici, shopping compulsivo e accumulo compulsivo, è meglio comprensibile e giustificabile se si considera lo shopping compulsivo come una componente dell’acquisizione compulsiva, la quale costituisce un elemento cardine del più ampio fenomeno dell’ accumulo compulsivo (DSM-5; APA, 2013; Frost & Hartl, 1996).

Dalla comparazione dei deficit e delle manifestazioni cliniche emergono, in entrambe le patologie, difetti nel processo di presa delle decisioni e un ridotto controllo sull’attività mentale (Kyrios, Steketee, Frost & Oh, 2002). Queste difficoltà possono, in entrambi i casi, derivare da un’inadeguata gestione degli stati emotivi negativi (come ansia e depressione) oppure possono essere il risultato di credenze disfunzionali (ad esempio formulate in maniera perfezionistica). Un’ulteriore caratteristica comune, che spinge gli hoarders ad accumulare e gli acquisitori compulsivi a comprare, è la preoccupazione per la perdita di un’opportunità, ovvero di un bene che potrebbe essere utile in futuro (Frost et al., 1998). La co-occorenza delle due patologie è ampiamente provata (Frost, Tolin, Steketee, Fitch, & Selbo-Bruns, 2009; Hayward & Coles, 2009). Alcuni autori, tuttavia, precisano che un’attenta analisi dei risultati disponibili sull’argomento suggerisce che quasi tutti gli hoarders mostrano in associazione anche il comportamento di acquisto compulsivo, ma anche che non tutti gli acquirenti compulsivi soffrono di accumulo compulsivo (Mueller et al., 2007).

 

Gambling e accumulo compulsivo

I dati presenti in letteratura sul legame tra gambling e accumulo compulsivo sono minori e discordanti (Hayward & Coles, 2009). Tuttavia, il fatto che alcuni autori abbiano rilevato una maggiore presenza di tratti ossessivi/compulsivi in giocatori patologici rispetto a giocatori nella norma (Blanco et al., 2009; Blaszczynski, 1999), ha spinto altri ricercatori ad avanzare ed indagare l’ipotesi che anche nel gambling o gioco d’azzardo patologico (come nello shopping compulsivo e nell’ accumulo compulsivo) vi possa essere un pensiero intrusivo o una paura ossessiva di perdere un’opportunità (Frost, Meagher & Riskind, 2001). Nel loro studio, infatti, essi rilevano che giocatori patologici ottengono punteggi significativamente più alti nelle scale misuranti l’hoarding (e in quelle misuranti l’acquisto compulsivo) rispetto ai giocatori non patologici. Gli autori, inoltre, contribuiscono a delineare un’importante differenza nella relazione tra shopping compulsivo e gambling rispetto a quella tra shopping compulsivo e hoarding: nel primo caso, infatti, esiste soltanto in relazione all’acquisto compulsivo di beni (necessariamente attraverso il denaro); mentre, nel secondo caso, è presente anche considerando l’acquisizione di beni gratuiti.

La letteratura sembrerebbe, quindi, evidenziare la presenza di una relazione tra i tre comportamenti patologici, decisamente più evidente e supportata nel caso di gambling e shopping compulsivo e nel caso di shopping compulsivo e accumulo compulsivo, meno significativa (ma anche meno indagata) nel caso di gambling e accumulo compulsivo.

I risultati ottenuti in un’indagine preliminare svolta con un campione di giocatori d’azzardo tratto dalla popolazione italiana sono in linea con queste evidenze (Rizzi, 2014). Sono state, infatti, rilevate una forte correlazione tra comportamento di gioco d’azzardo patologico e comportamento di shopping compulsivo e delle differenze significative tra giocatori non patologici e giocatori patologici negli indici inerenti all’acquisizione compulsiva (più alti nei giocatori patologici), ad eccezione degli indici relativi all’acquisizione di beni gratuiti. È stata poi evidenziata la presenza di un’importante correlazione tra shopping compulsivo e accumulo compulsivo, supportata anche dal fatto che tutti i partecipanti identificati come hoarders sono risultati essere anche acquisitori compulsivi. Anche in questa ricerca, tuttavia, non vale il contrario, ovvero non tutti gli acquisitori compulsivi sono risultati essere anche hoarders. Infine, come in letteratura, i risultati relativi alla relazione tra gambling e accumulo compulsivo sono meno chiari, poiché evidenziano la presenza di una correlazione tra i due comportamenti patologici (seppur non per tutti gli indici inerenti l’hoarding) e la presenza di una differenza negli indici dell’ accumulo compulsivo tra giocatori non patologici e giocatori patologici ma non statisticamente significativa. L’indagine compiuta rappresenta un’importante punto di partenza che tuttavia necessita di essere ampliato e integrato, al fine di confermare le evidenze emerse e colmare le lacune conoscitive.

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