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Anomalisa ovvero l’arte del contatto umano nelle differenze individuali

In Anomalisa viene trattato il tema dell'ideale della perfezione cercato negli altri e nella conseguente delusione nel momento in cui essa non viene trovata

Di Mauro Bruni

Pubblicato il 12 Lug. 2016

Anomalisa è un film di animazione molto originale. E’ stato definito “il film più umano dell’anno” anche se, pensate un po’, di umani non ne compaiono affatto. Ed è una occasione utile per discutere dell’incapacità di amare dal momento che regala a chi lo guarda, a patto di essere spettatori attenti e pazienti, la chiave per l’interpretazione di quella tragica cecità relazionale che va sotto il nome di narcisismo.

Anomalisa: la trama del film

Micheal Stone è un oratore motivazionale, placidamente sconcertato da ciò che vede attorno a sé: le persone hanno tutte lo stesso volto. La sua famiglia, moglie e figlio, la stessa voce. All’interno dell’albergo in cui soggiorna per lavoro conosce una donna, un’anomalia di nome Lisa che gli regala la capacità di tornare a giocare il gioco più importante della vita: l’arte di conoscersi.

L’ideale di perfezione e l’inevitabile delusione in Anomalisa

Quando perdiamo interesse verso le altre persone, dopo che l’ideale salvifico di perfezione che vi avevamo scorto lascia il posto agli umani difetti, tutto crolla, e l’idea di avere avuto a che fare con un essere speciale che poteva riempire il nostro vuoto lascia il posto a un mito da cestinare. E’ un modo per dirlo, per descrivere ciò che succede alle persone che hanno bisogno di utilizzare gli altri per riportare l’autostima a livelli di sopravvivenza. Ma si sa, l’idealizzazione ha il suo mortale nemico nella realtà psicologica della persona che è di fronte a noi e prima o poi tutto cessa. Ci ritroviamo soli, in una terra desolata dove nessun altro può raggiungerci. Non contenti, ci ripetiamo che la colpa è degli altri. Prima o poi smettiamo di cercare. Ci sentiamo condannati a vivere una affollata solitudine. La realtà diventa una tela dipinta da gente noiosa che non smette di deluderci.

Nell’esperienza dell’infelicità narcisistica, se iniziando a conoscere qualcuno ci sembrerà di cogliere qualcosa di negativo (diciamo pure il chiaro segno di qualcosa che non ci piace) potremmo automaticamente iniziare a credere (grazie a un vero e proprio pensiero automatico che opera al di fuori della coscienza, ma che nondimeno è in grado di guidarci nelle azioni) di essere di fronte proprio a quel tipo di persona che tanto odiamo, lo stesso tipo di persona che ci ha fatto soffrire in passato e che prima o poi si rivelerà una delusione proprio come tanti altri. E questo è un modo per difendersi dall’intimità. Ma vale anche al contrario: quante volte, sulla base di qualche indizio di circostanza ci sforziamo di vedere nella novità che abbiamo di fronte proprio quel tipo di persona che tanto desideravamo? E quante volte in seguito ci ritroviamo inevitabilmente delusi? Profondamente risentiti. “Sono tutti uguali” recita la cantilena che infliggiamo al nostro migliore amico che non riesce a consolarci.

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Riconoscere le differenze individuali nel rapporto con le persone

Le differenze individuali, le anomalie, creano il valore intrinseco dell’esistenza sociale ma per qualcuno evitarle può essere rassicurante. La scarsa differenziazione dei personaggi di Anomalisa, tutti uguali, sembra suggerire che nel vuoto relazionale del narcisismo patologico, il mondo diventa una estroflessione delle nostre difficoltà a comunicare; gli altri il bersaglio di proiezioni intense che ne cancellano l’individualità.

La soluzione, la chiamata per il cambiamento sta nell’ascolto, sta nelle anomalie. Nella capacità di capirle come se fossero le nostre. I circuiti specchio fanno il loro dovere e finalmente la “magia” si compie. Siamo abituati a pensare che solo impronte digitali e volti siano unici e non replicabili. Ma al mondo non esistono due cuori anatomicamente uguali per forma e per dimensione, e magari neanche per tono di rosso. Non esistono due risate identiche o due pensieri uguali. Ascoltarli sarebbe la soluzione. D’altronde gli esperti insistono: non esiste altra cura che l’empatia per il narcisismo.

Ogni giorno, anche mentre si fa la spesa, quando intravediamo un’anomalia sul volto di qualcun altro, nella sua voce, in una cicatrice, nel modo in cui fa qualcosa, abbiamo già iniziato a vederlo nella sua individualità, perché [blockquote style=”1″]ogni persona che incontrate è un individuo. Proprio come voi. Ogni persona a cui parlate ha avuto la sua giornata. Ogni persona a cui parlate ha avuto un’infanzia. Tutti hanno un corpo, e ogni corpo..ha sofferto.[/blockquote]

In sostanza, quando ci accorgiamo degli altri, gli altri ce ne sono grati. Se rimaniamo nel presente senza attaccare nè fuggire, l’ansia presto sparirà. E saremo finalmente artisti della relazione e dell’incontro.
Micheal Stone questa lezione pare conoscerla bene, dal momento che la insegna agli altri, perché il suo lavoro è capire i bisogni degli altri. Ma i suoi errori sono imperdonabili. E se a parlare si fa presto (o a scrivere), mettere in pratica è tutta un’altra storia.

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Mauro Bruni
Mauro Bruni

Psicologo Psicoterapeuta

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