Giampalolo Salvatore e Nadia Di Sturco
Centro di Terapia Metacognitiva Interpersonale
Nel tentativo di fornire una descrizione originale dei fattori che conducono al delirio persecutorio nella fase acuta della schizofrenia, proponiamo un modello teorico che considera tale sintomo il risultato dell’interazione di tre fattori: disfunzione della capacità di mentalizzazione, rappresentazione del sé come vulnerabile, threat/self protection system iperfunzionante.
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Gran parte dell’esperienza psicotica è contrassegnata dall’ “eccesso”, ovvero dalla presenza di ciò che normalmente è assente.
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Il delirio, e nello specifico quello a contenuto persecutorio, ne è un esempio rappresentativo e corrisponde alla falsa credenza secondo la quale le altre persone focalizzerebbero la loro attenzione sul soggetto, con un’attitudine malevola e piani volti a danneggiarlo.
Nel tentativo di fornire una descrizione originale dei fattori che conducono al delirio persecutorio nella fase acuta della schizofrenia, proponiamo un modello teorico che considera tale sintomo il risultato dell’interazione di tre fattori.
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Il primo consiste in una peculiare disfunzione della capacità di mentalizzazione, ossia della capacità di riflettere su pensieri, emozioni e intenzioni altrui. Più specificamente, questa disfunzione comporterebbe un’alterazione della capacità di sintonizzazione pre-riflessiva con conseguente inabilità nella comprensione e disambiguazione dei segnali comunicativi che vengono scambiati nell’arena sociale.
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Il secondo fattore contempla una rappresentazione del sé come vulnerabile, plausibilmente connessa con eventi traumatici. La condizione più temuta è quella di subordinazione e inferiorità rispetto all’altro percepito più forte, dominante o motivato a escludere, sottomettere, umiliare il sé.
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L’incapacità di comprensione delle intenzioni altrui, associata al senso basico di vulnerabilità, fa in modo che il soggetto si senta esposto alla minaccia proveniente dagli altri individui; ciò determina un incremento di arousal negativo nel contesto di un threat/self protection system iperfunzionante, terzo fattore del nostro modello. Si tratta di un sistema necessario negli individui per identificare prontamente i segnali di pericolo e proteggersi da una minaccia incombente. Esso
riduce lo stato soggettivo di confusione e ambiguità di fronte agli atti comunicativi intrinsecamente ambigui (come espressioni facciali, sguardi, risate/sorrisi), fornendo al soggetto una spiegazione chiara e soddisfacente, anche se delirante, per i comportamenti altrui (“Che cosa vuole? Sta per attaccarmi!”) e preparandolo a reagire attraverso un viraggio aggressivo che genera un senso di forza efficace verso il nemico (“Me la pagherà!”) e riduce la percezione di sé come vulnerabile.I fattori che promuovono il ricorso ad una singola e inconfutabile lettura della totalità degli eventi sono uno stato di ipervigilanza e i bias cognitivi (ad esempio, saltare alle conclusioni sulla base di pochi dati a supporto, attribuire all’esterno la causa di stati interni negativi), entrambi attivati dal threat system, che conducono il soggetto a concentrarsi solo sulle informazioni che confermano l’intenzione malevola degli altri.
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Questo, a sua volta, conduce il soggetto ad agire con modalità (ad esempio, sospettosità, aggressività) che elicitano
nell’altro risposte comportamentali, quali aggressività o disingaggio dalla relazione, che confermano e rinforzano la percezione soggettiva dell’altro come ostile. Si creerebbero, in tal modo, dei cicli interpersonali disfunzionali che contribuiscono alla stabilizzazione e al mantenimento del delirio.
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Riteniamo che il nostro modello, oltre ad offrire una comprensione più sofisticata del ruolo giocato dai diversi fattori nella genesi e nel mantenimento del delirio, abbia importanti implicazioni per la psicoterapia.
Esso, infatti, suggerisce quanto sia importante non tentare di confutare e modificare la credenza delirante nelle prime fasi del trattamento, in quanto questa costituisce per il paziente l’unica forma di organizzazione delle informazioni; piuttosto, il terapeuta deve focalizzare l’attenzione sulla difficoltà di comprensione delle intenzioni altrui e sul senso di vulnerabilità.
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DELIRIO – PSICOSI – SCHIZOFRENIA – MENTALIZZAZIONE – TRAUMA – ESPERIENZE TRAUMATICHE – BIAS – EURISTICHE – CICLI INTERPERSONALI
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FOCUS SULLA DIMENSIONE DELIRANTE:
VALUTAZIONE E TRATTAMENTO TRA SCHIZOFRENIA E DISTURBO BIPOLARE
2 LUGLIO 2013 – ROMA
BIBLIOGRAFIA:
- Salvatore G., Lysaker P.H., Popolo R., Procacci M., Carcione A. & Dimaggio G. (2012). Vulnerable self, poor understanding of others’ mind, threat anticipation and cognitive biases as triggers for delusional experience in schizophrenia: a theoretical model. Clinical Psychology and Psychotherapy, 19: 247-259.