In un recente studio condotto dal Centre for Addiction and Mental Health (CAMH), è stata dimostrata una maggiore attivazione neurale, in pazienti affetti da schizofrenia, durante alcuni test in grado di indurre un lieve forma di delirio di riferimento.
La ricerca è stata pubblicata in Dicembre sulla rivista Biological Psychiatry e costituisce un importante punto di partenza per le future ricerche sul trattamento delle psicosi, di cui ancora poco si conosce sia sul piano dell’eziopatogenesi che della cura.
I ricercatori si sono occupati di approfondire una particolare forma di delirio, chiamato appunto delirio di riferimento: si tratta di una forma di delirio caratterizzato dalla tendenza dei pazienti a considerare stimoli esterni quali giornali, articoli, conversazioni di estranei, come riferite a loro. Anticamera del vero e proprio delirio paranoide, il delirio di riferimento costituisce una forma difficile da trattare e soggetta a continuo rischio di “ri-attivazione” proprio perché legata a stimoli esterni “reali”.
A differenza delle voci o di altri fenomeni allucinatori, il delirio di riferimento parte da una percezione corretta della realtà, che viene però letta in modo rigido e “autoriferito”, tale da rendere il disputing sulle credenze praticamente impossibile. 2/3 dei pazienti affetti da schizofrenia presenta questa forma di delirio e il meccanismo neurale coinvolto sembra essere un’eccessiva attivazione dei recettori della dopamina in specifiche aree cerebrali deputate ad identificare nell’ambiente informazioni rilevanti per se stessi e la propria sopravvivenza.
I ricercatori del CAMH, guidati dal Dr. Mahesh Menon, hanno cercato di individuare tramite risonanza magnetica funzionale (fMRI), i pattern di attivazione specifici del delirio di riferimento, con l’obiettivo di somministrare terapie e farmacoterapie più mirate a ridurre questo sintomo, spesso presente anche nei periodi intercritici e capace di condizionare negativamente un buon funzionamento sociale e lavorativo.
A tutti i partecipanti all’esperimento, pazienti affetti da schizofrenia e soggetti di controllo, era richiesto di valutare se 60 frasi sottoposte loro durante la risonanza, fossero riferite o meno a loro: 20 frasi erano in effetti riferite a loro poiché includevano dettagli raccolti durante lo screening iniziale, 40 erano generiche (20 neutre “Lui colleziona CD”, 20 a valenza emotiva “tutti la odiano”).
I risultati hanno evidenziato la tendenza dei pazienti a riferire a loro stessi anche le frasi generiche, mostrando un maggior tempo di risposta nel decidere se queste fossero o meno riferite a loro; l’fMRI ha mostrato un’attivazione delle specifiche aree cerebrali (corteccia mediale pre-frontale e corteccia cingolata anteriore) in tutti i partecipanti quando riconoscevano le frasi realmente riferite a loro, mentre solo i pazienti affetti da schizofrenia hanno mostrato lo stesso pattern di attivazione anche quando rispondevano “no” alle frasi generiche. I ricercatori hanno attribuito questo pattern di attivazione, assente nei controlli, ad una difficoltà specifica per i pazienti schizofrenici nel differenziare tra stimoli rilevanti o non-rilevanti per loro stessi.
Una volta replicati e confermati, questi risultati possono portare alla messa a punto di terapie mirate ad intervenire su queste aree cerebrali in modo indiretto attraverso l’Attentional Retraining Therapy, una terapia mirata alla riabilitazione di funzioni cognitive legate all’attenzione, in grado di migliorare le capacità di intercettare e comprendere gli stimoli esterni, o in modo diretto attraverso la somministrazione di cicli ripetuti di Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS), una forma non invasiva di stimolazione cerebrale, in grado di inibire o aumentare l’attivazione di specifici circuiti neurali.
Siamo in un ambito “futuristico” (almeno per l’Italia!) ma di enorme rilevanza se si pensa alla possibilità di ridurre le terapie farmacologiche e migliorare il generale funzionamento sociale e lavorativo, che rischia di essere gravemente compromesso dalla lettura frettolosa di una notizia di cronaca sul quotidiano locale, che improvvisamente appare allarmante per una casuale e improbabile attinenza con la propria vita!
BIBLIOGRAFIA:
- Mahesh Menon, Taylor W. Schmitz, Adam K. Anderson, Ariel Graff, Michele Korostil, David Mamo, Philip Gerretsen, Jean Addington, Gary Remington, Shitij Kapur. Exploring the Neural Correlates of Delusions of Reference. Biological Psychiatry, 2011; 70 (12): 1127 DOI: 10.1016/j.biopsych.2011.05.037
- Centre for Additcion and Mental Health (CAMH) http://www.camh.net/