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Attacchi di panico: la paura è reale, il pericolo non lo è

Gli attacchi di panico possono verificarsi in modo inaspettato procurando una risposta soggettiva di paura o impotenza. All'interno di una relazione terapeutica si può acquisire maggior consapevolezza di sé, dei pensieri e delle paure irrazionali (morire, svenire, imbarazzarsi) che emergono durante un attacco di panico

Di Mariagrazia Capillo

Pubblicato il 23 Ott. 2018

Aggiornato il 25 Giu. 2019 12:53

Non è raro, ancora oggi, che i disturbi mentali siano posti in secondo piano rispetto a quelli fisici, ma qualsiasi persona abbia vissuto uno o più attacchi di panico sa quanto possano essere spaventosi e invalidanti.

 

Saper riconoscere le emozioni

Quello che maggiormente contraddistingue la specie umana è l’incredibile naturalezza nella modalità d’interazione sociale e le emozioni ne rappresentano un aspetto basilare, permettendo la comunicazione degli stati d’animo, la classificazione e la valutazione delle situazioni. Nel corso dell’evoluzione, l’uomo ha imparato a manifestare le proprie emozioni mediante il linguaggio verbale pur mantenendo modalità espressive più arcaiche.

La paura e l’ansia possono essere esperite nello stesso momento, i sintomi si sovrappongono ma l’esperienza di tali emozioni si differenzia in base alla situazione. Sperimentiamo la paura di fronte una minaccia conosciuta o compresa, mentre l’ansia deriva da una minaccia sconosciuta o poco definita. Di fronte a un segnale di pericolo o di allerta il nostro corpo si prepara a fuggire o a rimanere per combattere. La paura genera ansia che a sua volta causa la paura (Siegel, 2013). In realtà, l’ansia può definirsi una forma più elaborata di paura, che fornisce all’individuo una maggiore capacità di adattamento e pianificazione per il futuro.

E quindi, quando l’ansia può definirsi patologica? Se interferisce con la capacità di fronteggiare al meglio le sfide quotidiane: se ci troviamo di fronte un ghepardo, l’istinto alla sopravvivenza ci fa mettere al sicuro o scappiamo; in ugual modo se proviamo la paura di fallire possiamo essere spinti a fare meglio, ma se la sensazione è troppo forte, possiamo persino smettere di provare (Steimer, 2002).

Come capire se si tratta di un disturbo di panico

Vi è mai capitato di provare all’improvviso un’intensa ansia e paura, in assenza di una vera minaccia esterna? Se la risposta é affermativa, probabilmente avete sperimentato un attacco di panico, il quale si verifica quando il normale meccanismo del cervello per reagire a una minaccia viene usato impropriamente.

Secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM 5), un attacco di panico è caratterizzato da quattro o più dei seguenti sintomi: palpitazioni, battito cardiaco accelerato; sudorazione; tremori fini o grandi scosse; dispnea o senso di soffocamento; sensazione di asfissia; dolore o fastidio al petto; nausea o disturbi addominali; vertigine o svenimento; brividi o forte calore; sensazioni di torpore o di formicolio; sensazione di irrealtà o distacco da se stessi; paura di perdere il controllo o di impazzire; paura di morire. In seguito ad un attacco di panico, per un mese o più, il timore di poter rivivere tali sensazioni può indurre a una significativa variazione del comportamento abituale e/o all’evitamento di situazioni ritenute non familiari, quindi potenzialmente rischiose. Gli attacchi di panico possono essere attesi o situazionali se abbinati a un evidente elemento scatenante o al contrario essere inaspettati quando non è possibile rintracciare una chiara causa scatenante.

In generale, è possibile sperimentare anche un singolo attacco di panico isolato tale da non determinare un disturbo di panico (Asmundson et Al., 2014). La diagnosi di disturbo di panico deve poter escludere altre possibili cause mediche di sintomi quali il dolore toracico, la frequenza cardiaca elevata o la difficoltà a respirare senza trascurare il panico come una potenziale causa.

Attacchi di panico: le terapie

La perdita di sicurezza e protezione conseguente al disturbo di panico possono far sentire l’individuo privato della propria libertà.

Come per altri disturbi è importante comprendere lo sviluppo evolutivo del soggetto, al fine di avere un quadro diagnostico esaustivo.

Il trattamento raccomandato per gli attacchi di panico comprende la psicoterapia e i farmaci. Questi ultimi devono essere assunti in modo assiduo per almeno dodici mesi prima della riduzione, per evitare una possibile ricaduta (Locke et Al., 2015).

Come menzionato, gli attacchi di panico possono verificarsi in modo del tutto inaspettato procurando una risposta soggettiva di paura o impotenza. All’interno di una relazione terapeutica è possibile acquisire una maggiore consapevolezza di sé, dei pensieri e delle paure irrazionali (morire, svenire, imbarazzarsi) che emergono durante un attacco di panico. La psicoterapia è uno spazio mentale e fisico che permette la rielaborazione delle informazioni, dei pensieri e dei ricordi non elaborati. Le nostre emozioni e i nostri pensieri come le onde del mare sono in continuo movimento, provare a controllarli può essere un enorme dispendio di energia che di rado fornisce effettivi benefici. Possiamo, piuttosto, imparare a navigare ovvero a monitorare i nostri stati psichici mentre si presentano, mantenendo una piena consapevolezza (Chambless D. et Al, 2017).

Anche il camminare può avere un effetto positivo sull’ansia, sull’umore in generale e favorisce la riflessività. Uno studio giapponese ha scoperto che passeggiare nei boschi, farebbe diminuire i livelli di cortisolo e la frequenza cardiaca. Il tempo all’aperto può modificare il modo in cui percepiamo noi stessi e per usufruire di tali benefici non è necessario essere degli esperti escursionisti. Persino il guardare il verde attraverso una finestra, favorisce la produttività, diminuisce lo stress e l’aggressività (Yamaguchi et Al., 2006).

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