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I trattamenti non necessari alla nascita. Effetti sul vissuto delle donne e delle famiglie – Report dal Convegno di Palermo

L' 8 marzo si è tenuto a Palermo un convegno sugli effetti della medicalizzazione della gravidanza sulle donne e sulle loro famiglie sostenendo, invece, l'idea del parto come un evento naturale, fisiologico e gratificante.

Di Angela Ganci

Pubblicato il 26 Mar. 2018

Demedicalizzazione, benessere della donna nel delicatissimo momento del parto e lungo tutto il percorso nascita, considerazione del parto quale evento naturale, fisiologico, in cui la donna detiene un ruolo attivo, partecipato, informato, nell’ottica del contrasto alla violenza ostetrica.
Questo, in sintesi, il messaggio forte del Convegno svoltosi a Palermo “I trattamenti non necessari alla nascita. Effetti sul vissuto delle donne e delle famiglie” in occasione della Festa della Donna e organizzato dall’Ordine degli Ostetrici di Palermo, in collaborazione, tra gli altri, con l’Assessorato alla Salute.

 

Un convegno per sensibilizzare al tema della violenza ostetrica

Questo convegno è pensato per sensibilizzare al tema della violenza ostetrica, in cui un ruolo importante ha l’abuso di medicalizzazione, secondo la definizione ufficiale di violenza ostetrica risalente al 2007. Chi denuncia deve essere attenzionato, al fine di garantire alla donna quel benessere psicologico ottimale per vivere il parto nel miglior modo possibile” apre i lavori Elio Lo Presti, Ostetrico con Funzioni di Coordinamento Area Ostetrica/Ginecologica ASP Palermo e Presidente del Comitato Scientifico del Convegno.

Rispetto alla medicalizzazione del parto segue quindi la dettagliata relazione di Patrizia Quattrocchi, antropologa e ricercatrice, che illustra i paradigmi culturali legati alla nascita, tra cui quello scientifico rappresenta il più diffuso, ma, non per questo, esclusivo.

Il modello biomedico guarda alla nascita come un evento patologico, legato al concetto di rischio/sicurezza. Questo modello riduce lo sguardo sulle possibilità Altre, in cui instaurare un dialogo tra medicina e antropologia – sottolinea Quattrocchi – Se infatti intendiamo il parto come evento medico l’ospedale sarà luogo di eccellenza, ma se la donna è in salute perché standardizzarla come malata in un luogo di cura? Ecco il modello che ispira il parto a domicilio, avviato in Emilia Romagna fin dal 1999, in cui il parto, letto in chiave fisiologica, naturale, è riferito all’ostetrico e il ginecologo interviene solo nelle emergenze. In definitiva concepire il corpo della donna come corpo-macchina, come avviene nell’eccesso di ecografie, è un abuso vero e proprio, una limitazione all’autonomia e alla partecipazione, poiché spersonalizza la donna, la rende passiva, diviene fonte di stress, paura e impotenza per lei e i familiari”. Alta tecnologia che si traduce in basse relazioni umane ed è proprio nella relazione di fiducia che si gioca la riuscita di un parto e la soddisfazione percepita dalla donna e dalla famiglia.

I trattamenti non necessari alla nascita. Effetti sulle donne e le famiglie

In quanto esperta della sua gravidanza, impegnata e responsabile nel processo che darà vita al suo bambino, la donna deve essere coinvolta nel processo del parto, creando intesa e alleanza tra lei e l’équipe medica, attraverso una buona comunicazione e informazione sia con la neomamma che all’interno della stessa équipe – spiega Marco Braghero, docente di educazione fisica e pedagogista – L’assenza di informazione e fiducia determina violenza percepita dalla donna, al punto che la violenza si può definire istituzionale. Esemplificando, se devo adottare una tecnica salvavita, anche se brusca, se ho informato preventivamente la donna sulla possibilità di utilizzo e ho creato prima un rapporto di fiducia con la partoriente, il suo uso non sarà percepito come abuso, come coercizione. Questo è molto importante poiché un parto vissuto negativamente può determinare nella donna la drastica decisione di non avere più figli in futuro”.

Come vivere l’esperienza del parto in maniera positiva e gratificante

Un’informazione sulle tecniche che si affianca a un’attenzione ai vissuti emotivi nel rapporto con il nascituro e che guarda al futuro, al figlio del desiderio.
È importante puntare al dialogo creativo, chiedendo alla partoriente come immagina la gravidanza nei nove mesi, coinvolgere i familiari e prevedere altresì incontri entro il secondo anno, nell’ottica di un dialogo aperto e della continuità assistenziale. Perché il servizio non si esaurisce con il parto, in quanto servizio alla persona” continua Braghero.

Autonomia decisionale, partecipazione, presa di consapevolezza, soddisfazione della neomamma, che si traducono in un’esperienza del parto positiva e gratificante, diritto inalienabile per ogni donna.

Un diritto che comprende diverse modalità come la possibilità di scegliere la presenza del compagno durante il travaglio e le strategie di gestione del dolore, così come la libertà di movimento durante il parto. Un diritto che rappresenta un passaggio di visione, dal parto come pericolo, al parto come gratificazione, un diritto che riconosce il potenziale delle madri nella gestione di un momento fondamentale nella condizione di ogni donna, in grado di condizionare il rapporto con il figlio, il partner, la visione stessa della donna mamma come efficace portatrice di vita e sviluppo.

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Angela Ganci
Angela Ganci

Psicologia & Psicoterapeuta, Ricercatrice, Giornalista Pubblicista.

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