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La dopamina influenza le decisioni che prendiamo?

Uno studio ha indagato il ruolo svolto dalla dopamina nei processi decisionali e nelle scelte in relazione al trascorrere del tempo.

Di Filomena Propato

Pubblicato il 19 Ott. 2017

Aggiornato il 03 Lug. 2019 12:06

In che maniera la dopamina ci informa che non vale la pena aspettare per fare qualcosa? I risultati della ricerca suggeriscono una sua implicazione nel processo decisionale.

 

La dopamina influenza le nostre decisioni

Come facciamo a sapere se vale la pena aspettare in coda per ottenere un pasto al nuovo ristorante in città? Per fare questo il nostro cervello deve essere in grado di segnalare quanto sia buono il pasto e associare questa sensazione al ristorante. Questo avviene grazie ad un piccolo gruppo di cellule profonde nel cervello che rilasciano dopamina. La quantità di dopamina rilasciata da queste cellule può influenzare le nostre decisioni, è infatti un predittore della ricompensa futura. Ad esempio, viene rilasciata più dopamina sentendo il profumo di una torta in cottura rispetto all’odore degli avanzi.

Le azioni comportamentali appetitive sono influenzate dalla presenza di segnali associati a ricompense attraverso processi neurobiologici che coinvolgono il sistema dopaminergico mesolimbico (Salamone e Correa, 2012). I neuroni dopaminergici rispondono agli stimoli per segnalare informazioni prospettiche relative alla ricompensa, come la grandezza della ricompensa (Gan et al., 2010, Roesch et al., 2007, Tobler et al., 2005), la probabilità della ricompensa (Fiorillo et al. 2003, Hart et al., 2015), e l’attesa prima che una ricompensa venga consegnata (Day et al., 2010, Fiorillo et al., 2008, Roesch et al., 2007).

Durante l’attesa cambia il modo in cui viene rilasciata la dopamina?

Un nuovo studio pubblicato su Cell Reports, da Matthew Wanat, assistente di biologia presso The University of Texas a San Antonio (UTSA), fa luce sul funzionamento dei segnali dopaminergici cerebrali in relazione al trascorrere del tempo.

Nello studio di Wanat è stata utilizzata una tecnica chiamata voltammetria per registrare il rilascio della dopamina nel nucleo accumbens, in roditori addestrati mediante il condizionamento Pavloviano. Per questa registrazione sono state utilizzate due cue distinte con la funzione di segnalare il tempo trascorso dalla ricompensa alimentare precedente. Una cue è stata presentata dopo una breve attesa (15-20 sec.) mentre l’altra è stata presentata dopo un’attesa maggiore (65-75 sec.). Se il rilascio della dopamina evocata dalle cue trasmettesse solo informazioni sulle aspettative, non ci sarebbe alcuna differenza nella risposta dopaminergica tra una breve attesa e una lunghissima attesa perché entrambi i segnali indicherebbero la consegna di una ricompensa identica.

Ma Wanat e colleghi hanno scoperto che avveniva un maggior rilascio di dopamina dopo il periodo d’attesa più breve e hanno evidenziato due componenti della risposta dopaminergica: una diminuzione dei livelli di dopamina per tutto il tempo di attesa e un aumento del rilascio della dopamina con lo stimolo condizionato.

Lo studio si è focalizzato sull’identificazione dei segnali cerebrali che influenzano le decisioni che prendiamo. Wanat afferma che molte decisioni si basano sulla comparazione del valore tra stimoli associati a ricompense diverse. Ci sono molte prove che suggeriscono che questi segnali dopaminergici insieme agli stimoli esterni forniscono utili segnali, correlati al valore, che potrebbero influenzare le nostre decisioni e indurci ad attuare un determinato comportamento.

In sintesi, dai risultati della ricerca, si evince che la risposta dopaminergica  evocata dalle cue può riflettere un’integrazione di informazioni retrospettive e prospettive relative alla ricompensa per segnalare il tasso della ricompensa stessa.

Mentre Wanat ed i suoi collaboratori sono interessati a studiare come il rilascio della dopamina è coinvolta nell’innesco di un determinato comportamento, il loro lavoro potrebbe anche essere utile nella comprensione della tossicodipendenza, strettamente intrecciata con la dopamina.

Attraverso la comprensione del funzionamento del sistema dopaminergico in circostanze normali e anomale, si potrebbero identificare importanti cambiamenti e la maniera in cui poter intervenire, attraverso il sistema dopaminergico, nel rettificare le conseguenze di determinati comportamenti.

In generale la ricerca di Wanat si concentra sui rapporti del cervello con la memoria, lo stress e la tossicodipendenza e come queste componenti interagiscono tra loro. Egli è membro della UTSA Neurosciences Istitute, un’organizzazione di ricerca multidisciplinare per studi cerebrali integrati con la missione di promuovere una comunità collaborativa di scienziati impegnati a studiare le basi biologiche dell’esperienza e del comportamento umano e l’origine e il trattamento delle malattie del sistema nervoso.

Wanat è uno dei 40 ricercatori della Brain Healt dell’UTSA, un gruppo che comprende esperti in malattie neurodegenerative, circuiti cerebrali e segnali elettrici, lesioni cerebrali traumatiche, medicina rigenerativa, terapie delle cellule staminali, neuroinfiammazioni e psicologia. Insieme, stanno collaborando su complesse ricerche, su vasta scala, che forniscono una maggiore comprensione della complessità del cervello e dei fattori che causano il suo declino.

 

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