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Elettroencefalografia (EEG): caratteristiche e modalità di funzionamento – Introduzione alla Psicologia

L' elettroencefalografia o elettroencefalogramma è un esame che consente la misurazione dell'attività elettrica del cervello attraverso degli elettrodi.

Di Francesca Fiore

Pubblicato il 13 Lug. 2017

L’esame di Elettroencefalografia, comunemente chiamato elettroencefalogramma o EEG, non è altro che la misurazione, attraverso l’applicazione di un certo numero di elettrodi sullo scalpo, dell’attività elettrica del cervello, che a sua volta è la somma dell’attività elettrica di ogni singolo neurone. 

Realizzato in collaborazione con la Sigmund Freud University, Università di Psicologia a Milano

 

Il voltaggio dell’attività elettrica cerebrale è molto piccolo, e per questo il segnale deve essere amplificato un milione di volte, attraverso l’ausilio di una determinata strumentazione, che lo tradurrà in una traccia scritta, detta elettroencefalogramma, per essere misurato e registrato. Si ottiene, di conseguenza, un tracciato costituito da onde di frequenza e ampiezza diverse, che mostra in quali aree cerebrali è presente una determinata attività.

Quindi, è una tecnica di indagine neurofisiologica funzionale che consente un’esplorazione funzionale, dinamica, in tempo reale, del cervello da cui si ottiene una registrazione grafica continua nel tempo, secondo una precisa distribuzione spaziale dell’attività elettrica, ottenuta dallo scalpo.

Storia

L’ elettroencefalografia fu sviluppata da Hans Berger tra il 1924 ed il 1938 e fu utilizzata per la prima volta alla fine degli anni ’20 alla Friedrich Schiller Universität di Jena.

Berger scoprì che l’attività dei neuroni della corteccia cerebrale è coordinata in modo tale da indurre variazioni del campo elettrico e gli elettrodi, posizionati opportunamente sullo scalpo, registrano eventi di natura elettrica che si verificano nella corteccia sottostante. Quindi, la differenza di potenziale elettrico che si verifica tra aghi posizionati nello scalpo oppure tra due piccoli dischi di metallo (elettrodi) quando essi sono posti a contatto con il cuoio capelluto, corrisponde all’attività elettrica dell’area studiata.

Questa tecnica fu, in seguito, utilizzata per comprendere le diverse fasi del sonno e per rilevare l’attività cerebrale degli animali, scoprendo che anche essi sognano o rallentano la loro attività cerebrale durante la notte.

L’attività elettrica della corteccia cerebrale, generata soprattutto dai neuroni corticali, è data dalla somma dei potenziali post-sinaptici sincronizzati con i dendriti dei neuroni corticali.

L’ elettroencefalografia  è, in sostanza, un bioritmo influenzato dall’ambiente esterno e interno del soggetto, che varia nel corso del ciclo nictemerale e si modifica in funzione dell’età. Si relaziona direttamente con il funzionamento dell’encefalo e, quindi, con il comportamento e le modificazioni dello stato di coscienza dell’individuo.

L’ elettroencefalografia restituisce una rappresentazione grafica della registrazione, caratterizzata da onde più o meno alte e ampie, ed è definita elettroencefalogramma (EEG). L’EEG deve sempre essere letto riferendosi all’età, alle condizioni fisiologiche e al grado di vigilanza del soggetto. Esso si registra su carta termica o millimetrata, su monitor collegati ad Hard Disk, CD o DVD, consentendo una visione in tempi successivi del grafico.

Funzionamento dell’ elettroencefalografia

I neuroni corticali sono organizzati in modo da formare colonne a orientamento perpendicolare alla superficie della corteccia cerebrale, di cui costituiscono le unità funzionali elementari. L’EEG è l’espressione e la rilevazione dei processi sinaptici, ovvero potenziali elettrici pre e post sinaptici, derivanti dai dendriti e della neuroglia.

I potenziali rilevati attraverso l’EEG sono associati a correnti, verificatesi all’interno dell’encefalo, che fluiscono perpendicolarmente rispetto allo scalpo.

Con l’elettroencefalografia si rileva l’attività elettrica cerebrale durante la veglia, il sonno, e in particolari condizioni mediche. L’elettroencefalografia consente il monitoraggio nel tempo della funzione cerebrale e può evidenziare anomalie anche in assenza di lesioni strutturali documentabili.

Caratteristiche

L’EEG è costituita da un caschetto in plastica dal quale fuoriescono elettrodi che si applicano sullo scalpo secondo il posizionamento standard chiamato sistema internazionale 10-20, rispettando la distanza tra due punti di repère cranici inion, prominenza alla base dell’osso occipitale, nasion, attaccatura superiore del naso e trago, punta superiore della testa. Si collocano da 10 a 20 elettrodi e una massa, seguendo cinque linee: P1: longitudinale esterna, P2: longitudinale interna destra, centrale, P1: longitudinale esterna, P2: longitudinale interna sinistra.
Gli elettrodi sono posti simmetricamente sulle due metà del capo assumendo diverse combinazioni: bipolare, lineari, trasversali e longitudinali (superiore e inferiore).

La posizione che ogni elettrodo occupa sullo scalpo si identifica attraverso una/due lettere, che permettono di identificare la regione della corteccia esplorata e da un numero.

Onde dell’EEG

L’EEG è caratterizzato da onde, ognuna con diverse peculiarità. L’attività di fondo, ovvero l’andamento di base del tracciato, rappresenta la base da cui si differenzia un certo quadro normale o patologico. L’attività si può presentare in maniera continua, detta ritmo, in maniera occasionale e sporadica, cioè a intervalli di tempo incostanti, in intervalli approssimativamente regolari, costituita da attività periodiche, o in maniera parossistica. I parossismi sono una serie di onde che appaiono e spariscono improvvisamente, nettamente distinte dall’attività di fondo. Il complesso, invece, è un gruppo di due o più onde, chiaramente distinguibili dall’attività di fondo, che può apparire anche in maniera ricorrente. Essi si distinguono in. complessi punta-onda, polipunta-onda, complessi K, combinazione di punte al vertice e di attività sigma che appare in genere nel sonno come risposta a stimoli improvvisi. Mentre, il ritmo sono una serie di onde con una certa costanza nel periodo, l’intervallo di tempo in millisecondi tra l’inizio e la fine di un’onda, nella forma e nella frequenza.

I ritmi possono essere rapidi, ovvero avere una frequenza superiore ai 14 cicli per secondo e un voltaggio basso. Questo ritmo si verifica principalmente nelle regioni rolandiche e prerolandiche. Esistono diversi ritmi rapidi, tra cui il più regolare è il ritmo beta. Esso è distinto in beta lento (13.5-18 c/s) e beta rapido (18.5-30 c/s), e presenta un voltaggio medio di 19 microVolt (8-30 microVolt). Le onde beta si rilevano in un soggetto ad occhi aperti o in stati di allerta. Il Ritmo alfa, invece, è il principale componente del tracciato del soggetto normale adulto a riposo sensoriale. Risulta da oscillazioni di frequenza comprese tra 8 e 12 cicli per secondo, con voltaggio di circa 50 microvolts e di aspetto sinusoidale, per lo più radunati in fusi.

Oltre ai ritmi rapidi esistono anche i ritmi lenti caratterizzati da onde theta che hanno una frequenza tra 4 e 7 cicli per secondo e possono avere voltaggio vario, in genere inferiore all’alfa. La localizzazione preferenziale è temporo-parietale. Nell’adulto, quando si manifestano, indicano la presenza di patologia. Questo ritmo segue la fase Theta durante il sonno, quando cominciano a comparire piccoli treni di onde, dette Sigma a frequenza di 12-14 Hz e tensione elettrica di 5-50 µV, sotto forma di fusi, chiamati così per la loro forma grafica, e grafoelementi detti complessi K. Le onde delta, inoltre, hanno una frequenza tra 0 e 3 cicli al secondo; il voltaggio è variabile e può raggiungere e superare i 200 microvolts. Le onde delta caratterizzano il sonno non R.E.M. detto anche sonno ad onde lente si manifesta dai 20 ai 40 minuti circa dall’inizio dell’addormentamento e si ripete diverse volte durante il sonno. Nei diversi stadi di sonno sono presenti principalmente onde theta e onde delta, a cui si aggiungono picchi di attività alfa e, raramente, di attività beta. Inoltre, si manifestano anche le onde PGO (ponto-genicolo-occipitali), l’attività dell’ippocampo si sincronizza con la comparsa di onde theta.

In condizioni patologiche che interessano direttamente o indirettamente la corteccia cerebrale, l’EEG può presentare onde patologiche come punte, complessi punta-onde, onde delta e theta ecc. Queste anomalie possono essere localizzate, in modo che le alterazioni eegrafiche corrispondano usualmente alla sede della lesione, o diffuse, dove le alterazioni dei centri sottocorticali influenzano l’elettrogenesi corticale.

Utilizzo dell’ elettroencefalografia

L’EEG si utilizza in presenza di epilessia in cui si rilevano onde anomale come punte, punte-onda o per segnalare la presenza di alterazioni che possono indurre il neurologo a chiedere approfondimenti diagnostici come TAC oppure RM per rilevare la presenza di ascessi, calcificazioni, cisti, ematomi, emorragie, infiammazioni, malformazioni oppure tumori del cervello benigni o maligni. Inoltre, è usata nei pazienti comatosi, per accertare lo stato di morte cerebrale, caratterizzato dal tracciato dell’EEG piatto, detto silente, corrispondente ad un potenziale elettrico cerebrale inferiore ai 2 microvolt, per la durata di almeno 30 minuti. Inoltre, è usato in casi di malattie degenerative, alterazioni metaboliche, cefalee, traumi cranici, effetti del consumo di droghe sul funzionamento cerebrale. L’EEG è utilizzato negli studi sul sonno, per poter discriminare tra vari tipi di disturbi come le apnee nel sonno, l’epilessia notturna, le dissonnie (insonnia, ipersonnia, narcolessia) e le parasonnie (bruxismo, enuresi notturna, pavor nocturnus, sonnambulismo).

Tracciato EEG normale e patologico

L’EEG di un soggetto sano, adulto, vigile, in riposo sensoriale, rilassato, con gli occhi chiusi presenta un’attività di fondo in banda alfa che occupa i 2/3 posteriori del capo, regione parieto-temporo-occipitale bilaterale, simmetrica, sincrona e stabile. I ritmi beta si registrano sulle regioni frontali e centrali, i ritmi theta si possono osservare sulle regioni temporali spesso frammisti all’alfa, e si osserva la reattività del ritmo alfa che viene interrotto dall’apertura degli occhi in modo sincrono e asimmetrico sui due emisferi e sostituito bilateralmente da ritmi rapidi.

L’EEG patologico mostra anomalie diffuse sui due emisferi che consistono sia in onde lente sia figure parossistiche, con inizio e fine improvvisi. Questi eventi devono essere interpretati tenendo conto di età, vigilanza, condizioni di registrazione, e del quadro clinico generale. Le anomalie possono essere localizzate o focali, e riflettono un’alterazione cerebrale circoscritta che potrebbe dipendere da una lesione che interessa una struttura profonda, proietta su quella regione della corteccia, o lente e diffuse che possono dipendere da un’anomalia non lesionale nel quadro di un’ encefalopatia diffusa. Mentre le anomalie lente diffuse bilaterali più o meno sincrone sui due emisferi possono dipendere da un’ alterazione lesionale delle strutture centrali profonde che controllano normalmente la modulazione dei ritmi corticali.

L’elettroencefalografia è l’unica tecnica che permette un monitoraggio nel tempo della funzione cerebrale e può evidenziare anomalie anche in assenza di lesioni strutturali documentabili. L’EEG rappresenta un valido strumento d’indagine nelle patologie in grado di modificare ed alterare l’attività elettrica cerebrale.

Una tecnica complementare all’EEG è la magnetoencefalografia (MEG), che permette di misurare le correnti che fluiscono parallelamente allo scalpo e le fluttuazioni del campo magnetico che l’organismo produce. La MEG consente, dunque, di rilevare la funzionalità cerebrale tramite la misura di un campo magnetico generato dall’attività elettrica cerebrale. L’EEG solitamente è eseguita insieme ad altre analisi per orientare e completare al meglio il quadro diagnostico.

 

Realizzato in collaborazione con la Sigmund Freud University, Università di Psicologia a Milano

Sigmund Freud University - Milano - LOGORUBRICA: INTRODUZIONE ALLA PSICOLOGIA

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Pennisi, P., Sarlo M. (1998). Indici elettrofisiologici in psicologia. CLEUP Editrice, Padova Kandel, E.R., Schwartz, J. H., Jessell, T. M. (2003). Principi di neuroscienze CEA.
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