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L’Approccio Metacognitivo Evoluzionista alla Musicoterapia (MEM)

L’approccio Metacognitivo Evoluzionista alla Musicoterapia: Un modello strutturato, cognitivista ed evoluzionista di Musicoterapia.

Di Redazione

Pubblicato il 13 Nov. 2012

Aggiornato il 19 Nov. 2012 16:53

 di Sebastiano Alaimo*

L’Approccio Metacognitivo Evoluzionista alla Musicoterapia (MEM). - Immagine: © Gianni - Fotolia.com

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La musicoterapia oggi non è più considerabile come “scienza debole”, possedendo quei presupposti che l’accosterebbero alle “scienze forti” o comunque a quelle forme di intervento dimostrabili sperimentalmente.

La musicoterapia ha trovato, in questi ultimi anni, sempre più spazio all’interno di percorsi di cura con pazienti difficili. Negli ultimi quindici anni, il ruolo della musica come forma di terapia (o co-terapia) ha subito un viraggio radicale soprattutto grazie agli sviluppi degli studi di brain imaging, che hanno permesso di osservare il processamento dell’informazione da parte del cervello nel corso dell’ascolto di un brano musicale (Schon, Akiva-Kabiri & Vecchi, 2007).

Secondo una prospettiva evidence-based, la musicoterapia oggi non è più considerabile come “scienza debole”, possedendo ormai quei presupposti che l’accosterebbero alle “scienze forti” o comunque a quelle forme di intervento che possono dimostrare sperimentalmente gli obiettivi raggiunti.

In accordo con le più recenti acquisizioni scientifiche, da alcuni anni presso l’ISPEM (Istituto Scientifico di Psicologia “Edgar Morin”) di Caltanissetta, sono state realizzate una serie di esperienze e ricerche sulla percezione ed elaborazione delle produzioni sonoro-musicali ed il funzionamento correlato della mente umana (Alaimo in Barbagallo,  2010; Alaimo, 2008a, 2008b; Alaimo, Carollo & Costanza, 2008). Studi che si sono avvalsi anche della Elettroencefalografia ed Elettroencefalografia quantitativa (studiando soprattutto l’attività delle onde alfa, beta e teta) e del Monitoraggio della attività elettrotermica (Alaimo, 2008b).

L’ISPEM si è da sempre occupato dello studio delle capacità riflessive, portando avanti delle ricerche mirate proprio sui processi metacognitivi ed in modo particolare sui deficit metacognitivi e le organizzazioni di personalità patologiche, sviluppando una serie di strumenti per l’assessment delle funzioni metecognitive e individuando nuove strategie di cura per soggetti afflitti da Disturbi di personalità.

All’interno dell’ISPEM, le nostre prime esperienze di musicoterapia sono state orientate alla terapia dei pazienti difficili. Abbiamo volutamente tentato di usare le strategie della musicoterapia in ambiti storicamente “estranei” ad essa come per esempio per la co-terapia dei Disturbi di personalità.

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Alla base della realizzazione del nuovo approccio Metacognitivo ed Evoluzionista alla Musicoterapia (MEM), che viene presentato in questo articolo, vi sono state alcune considerazioni di carattere generale:

– ritenere che psicoterapeuta, musicoterapeuta, insieme al paziente, debbano costruire progressivamente una rappresentazione condivisa degli stati mentali del paziente stesso e che tale rappresentazione possa essere compresa attraverso le loro narrazioni;

– per potere conoscere come il paziente sente, pensa ed agisce i terapeuti devono provare ad elicitare, attraverso passaggi emotivo-cognitivi, specifici episodi autobiografici ed esperenziali sui quali successivamente focalizzarsi;

– ulteriore passaggio, nel percorso terapeutico, deve consistere nell’identificare i nessi psicologici di causa-effetto circolare e complesso, vale a dire quel processo che permette ad un pensiero di elicitare un’emozione o viceversa ad un’emozione di innescare un comportamento.

Abbiamo pensato e sostenuto, quindi, che quando la conoscenza mentalistica diviene più ricca e profonda i pazienti passano da una inadeguata consapevolezza delle loro emozioni (e delle cause che determinano le loro azioni) ad una maggiore consapevolezza di come pensano, sentono ed agiscono in specifici contesti relazionali. Condizione quest’ultima (meglio ancora conditio sine qua non) che favorisce la possibilità di un reale e duraturo cambiamento in senso evolutivo.

La musicoterapia possiede delle straordinarie “corsie preferenziali” per potere fare emergere delle emozioni profonde e potere, in un secondo momento, fare accompagnare queste emozioni da crescenti livelli di autoconsapevolezza (si pensi, solo per fare qualche  esempio, alla scrittura di un testo da musicare, al trovare una canzone che rappresenti un momento autobiografico, al rilassamento attraverso l’ascolto di determinati brani musicali)

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Legato intimamente al funzionamento metacognitivo vi è poi la dimensione evoluzionista.

Relativamente alla chiave di lettura evoluzionista (ampiamente utilizzata all’interno del modello MEM) sarà bene ricordare brevemente che ogni soggetto è dotato di specifici Sistemi Motivazionali Interpersonali (SMI) i cui processi si fondano su disposizioni innate e universali. Si tratta di una serie di “settaggi” che ogni persona impiega per meglio adattarsi e interagire con i propri consimili. Si può comprendere come sia importante conoscere e “guidare” l’attivazione di determinati SMI durante il lavoro terapeutico, considerato che in molti pazienti persiste una radicale e pregiudizievole attivazione di SMI come risposta ad una condizione temuta e non reale. Si consideri altresì che l’attivazione di alcuni SMI (per la conoscenza dei quali si rimanda il lettore ai contributi ampiamente riportati nella letteratura scientifica) pregiudica le capacità metacognitive (Liotti, Monticelli, 2008).

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Queste riflessioni insieme alla sperimentazione di modelli già consolidati di musicoterapia, nel tempo, ci hanno portato a sviluppare questo nuovo approccio definito MEM, che tenta di sfruttare le potenzialità della musicoterapia (spesso in associazione, parallelamente, ad un percorso di psicoterapia cognitiva). Approccio che ha già permesso di raccogliere una serie di evidenze sperimentali di efficacia in diversi ambiti applicativi (Barbagallo,  2010; Alaimo, 2008a, 2008b; Alaimo, Carollo & Costanza, 2008).

L’approccio Metacognitivo Evoluzionista alla Musicoterapia (Alaimo, 2011, Alaimo, 2008a, 2008b) può definirsi un modello strutturato di musicoterapia che si iscrive all’interno dell’epistemologia cognitivista ed evoluzionista. La cornice scientifica e operativa è, infatti, quella della psicologia cognitiva, costruttivista ed evoluzionista, coniugata con le più recenti acquisizioni delle neuroscienze (in modo particolare alle ricerche sui neuroni specchio di Rizzolatti e colleghi, 2006). 

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IL MODELLO MEM

L’approccio Metacognitivo ed Evoluzionista alla Musicoterapia, riassunto con l’acronimo MEM, nella sua applicazione clinica, può ritenersi come un processo sistematico di intervento nel quale lo psicoterapeuta insieme al musicoterapeuta (il primo indirettamente ma ricevendo e inviando costantemente feedback al musicoterapeuta) utilizzano l’esperienza sonora e tutti i suoi fondamenti fisico-emozionali, cognitivi, sociale, estetici, per promuovere processi funzionali, di benessere e/o co-determinare cambiamenti nel sistema di conoscenza del paziente attraverso la costante attenzione ai sui processi metacognitivi ed eco-evolutivi.

L’approccio metacognitivo ed evolutivo alla musicoterapia presuppone fin dall’inizio la pianificazione corale dei processi di cura, pensati e definiti cioè da più operatori (almeno due) che possano insieme ed in modo integrato individuare i principali obiettivi ed una scala di priorità.

La nostra attività di terapia e ricerca, nonché lo sviluppo di questo nuovo approccio MEM,  si sono basati sulla constatazione che l’uomo utilizza rappresentazioni mentali e processi mentali di computazione per organizzare e comprendere l’informazione sonoro-musicale, soffermandoci sulla costruzione del significato che viene attribuito ad una esperienza sonoro-musicale.

Secondo quanto emerso dai nostri studi e dalla nostra esperienza, il significato emozionale che viene attribuito all’esperienza sonoro-musicale dipende in parte dalla qualità dello stimolo ma in buona misura anche dalla situazione ambientale, dalla valutazione personale e dallo stato della mente di ciascun soggetto.

Dal nostro vertice prospettico nessuna esperienza sonoro-musicale avviene in assenza di una prospettiva più generale e complessa (che mai deve essere perduta e che rappresenta una delle topiche più importanti di questo nuovo approccio) che la co-determina e sostiene (funzionalmente o disfunzionalmente). In altri termini nessuna esperienza sonoro-musicale “cade” (come potrebbe fare, nella metafora, una goccia di inchiostro) su un “foglio bianco”; l’esperienza si iscrive sempre all’interno di uno stato mentale di un soggetto, stato mentale che, a sua volta, rappresenta la migliore risposta adattiva di quel soggetto al suo ambiente circostante, foresta o città metropolitana che sia.

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Riuscire ad apprezzare adeguatamente, capire emotivamemente, descrivere l’esperienza sonoro-musicale, soggettivamente co-costruita nel suo senso che possiede nell’hic et nunc, ha a che fare con moduli cerebrali e aspetti mentali che sono implicati con le funzioni metacognitive (Sloboda J.A., 1988).

Per queste ragioni i processi metacognitivi che l’esperienza sonoro-musicale stessa è in grado di attivare, opportunamente stimolati e guidati dal musicoteraputa, possono diventare degli strumenti di cambiamento e di co-evoluzione.

 Una particolare attenzione ed enfasi, come è stato già detto, è stata data parallelamente allo studio relativo alla attivazione di specifici SMI (Sistemi Motivazionali Interpersonali) durante le sedute di musicoterapia, puntando a promuovere i Sistemi Motivazionali del gioco e della cooperazione come condizione mentale e relazionale più favorevole per il miglior funzionamento e incremento delle funzioni metacognitive (Liotti , Monticelli, 2008). Proprio per l’individuazione e la quantificazione dei diversi SMI nel corso della seduta di musicoterapia sono state realizzate delle griglie finalizzate a rappresentare il succedersi degli SMI stessi, servendoci anche, a tal fine, delle parole guida del manuale AIMIT (Liotti, Monticelli, 2008).

Alla luce di quanto detto l’approccio MEM persegue due precipue finalità:

– implementare, attraverso tecniche di musicoterapia (opportunamente individuate), le funzioni metacognitive, tenendo conto degli SMI attivati e cercando di rendere il soggetto consapevole di alcuni processi (interni ed esterni a se) che sono stati selezionati in milioni di anni di evoluzione della specie, con l’obiettivo della migliore comunicazione, convivenza e cooperazione interpersonale (Alaimo, 2004 Cozolino, 2007);

– inquadrare sia il “senso” della “patologia” quanto quello della “fisiologia” all’interno della matrice ecologica ed intersistemica che connette l’individuo (in terapia) con il “pezzo” di rete o di “biosfera” che lo definisce come entità-di-un-insieme e lo iscrive all’interno della catena biologica (Bateson, 1984). 

Il gruppo di lavoro, diretto dall’autore di questo articolo, che in questi anni ha permesso di mettere a punto il modello MEM, oltre alla definizione teorica dell’approccio, ha realizzato (sempre a partire dall’esperienza sonoro-musicale) una serie di strumenti di diagnosi, delle griglie osservativo-valutative, nonchè dei protocolli mirati formulati per il raggiungimento di specifici obiettivi terapeutici (strumenti che sono oggetto di altre pubblicazioni in corso).

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L’applicazione del modello MEM in ambito clinico ha permesso di individuare nuove strategie e percorsi terapeutici in grado di promuovere processi, integrati e multi-setting.  Le strategie e i protocolli sviluppati sono stati utilizzati anche in altri setting (riabilitazione, disturbi dell’apprendimento, etc.) offrendo delle prime evidenze relative all’efficacia dell’approccio.

Oggi l’approccio Metacognitivo Evoluzionista alla Musicoterapia appare un corpus metodologico e pratico capace di produrre cambiamenti evolutivi (anche in pazienti definibili come difficili) e valutabili con opportuni strumenti clinici, psicometrici e psicofisiologici per mezzo anche dell’applicazione di indici statistici atti a percepire e descrivere la misura del cambiamento promosso da un ciclo di sedute di musicoterapia.

Per quanto l’approccio MEM sembra avere raggiunto una sua forma definita e “matura” il gruppo dell’ISPEM rimane nell’ottica del work in progress, sperando di potere potenziare sempre di più l’approccio e di continuare a proporre studi di efficacia su campioni più ampi di pazienti.

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*Direttore Istituto Scientifico di Psicologia “Edgar Morin” (ISPEM) di Caltanissetta. Vedi sito personale del Dr. Alaimo 

[1] L’ISPEM, Istituto Scientifico di Psicologia “Edgar Morin”, che ha sede a Caltanissetta, è una organizzazione non lucrativa, costituito per la ricerca, diagnosi e cura dei Disturbi mentali e del disagio psichico.  

 

BIBLIOGRAFIA

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