Disturbi alimentari e valutazione delle porzioni: la revisione sistematica di Dörsam et al. (2020)
Le attuali linee guida per il trattamento dei disturbi alimentari adottate in diversi Paesi concordano sull’importanza della riabilitazione nutrizionale, considerandola un approccio fondamentale per ristabilire abitudini alimentari adeguate e favorire il raggiungimento di un peso corporeo salutare (National Institute for Health and Care Excellence, 2017; Ozier & Henry, 2011; Resmark et al., 2019). Infatti, sebbene in questi disturbi l’attenzione sia spesso focalizzata sul peso e sull’immagine corporea, è innegabile che l’alimentazione ne rappresenti un aspetto cruciale (Treasure et al., 2012). Più nello specifico, l’esperienza clinica sembra evidenziare che la valutazione e la definizione di porzioni di cibo adeguate possa costituire una sfida per gli individui affetti da un disturbo alimentare: in particolare, i pazienti con anoressia nervosa tenderebbero a sovrastimare le dimensioni delle porzioni di cibo (Milos et al., 2013), mentre i pazienti con disturbo da binge-eating sarebbero maggiormente portati a sottostimarle (Chao et al., 2019).
Nonostante le evidenze scientifiche e l’esperienza clinica sottolineino come la capacità di valutare adeguatamente le porzioni di cibo possa svolgere un ruolo rilevante nel trattamento dei disturbi alimentari, la ricerca in tale ambito è piuttosto scarsa. Per questo motivo, un gruppo di ricercatori del Competence Center for Eating Disorders dell’ospedale universitario di Tübingen (in Germania) ha recentemente condotto una revisione sistematica della letteratura allo scopo di raccogliere e comparare i risultati degli studi che hanno esplorato come i pazienti con disturbi alimentari valutano le porzioni di cibo rispetto ai controlli sani (Dörsam et al., 2020). I ricercatori hanno identificato quattro studi da poter includere nella revisione, tutti focalizzati su campioni di pazienti affetti da anoressia nervosa, per un totale di 240 partecipanti – di cui 127 pazienti con anoressia nervosa e 113 controlli sani.
Lo studio di Yellowlees et. al (1988)
Nello studio condotto da Yellowlees et. al (1988), i partecipanti hanno osservato le registrazioni – presentate su uno schermo video – di cinque alimenti ad alta densità energetica (ad esempio, un biscotto al cioccolato) e di quattro oggetti neutrali di dimensioni simili (ad esempio, una pallina da tennis), ed è stato chiesto loro di confrontarle con i corrispondenti oggetti reali posti davanti a uno schermo fittizio. Ogni video mostrava inizialmente l’oggetto a metà delle sue dimensioni reali, aumentandole gradualmente: utilizzando un telecomando, i partecipanti dovevano regolare le dimensioni dell’immagine in modo che corrispondesse all’oggetto reale. I risultati hanno mostrato che tutti i soggetti tendevano a sovrastimare le dimensioni degli alimenti, ma che i pazienti con anoressia nervosa lo facevano in misura significativamente maggiore rispetto ai controlli (percependoli come complessivamente più grandi del 12%). I ricercatori hanno quindi ipotizzato che tali pazienti possano avere una percezione visiva anormale degli alimenti ad alta densità energetica.
Lo studio di Vinai et al. (2007)
Vinai e colleghi (2007) hanno condotto uno studio con l’obiettivo di valutare in che modo pazienti con anoressia nervosa stimano il cibo rispetto ad altri oggetti. Ai partecipanti sono state mostrate, per alcuni secondi, 27 caramelle disposte casualmente su un piatto di plastica bianco, e subito dopo, una volta coperto, è stato chiesto loro di indicarne il numero. Successivamente, sono stati presentati sul piatto, per brevi secondi, 27 mattoncini LEGO con stessa forma e colore delle caramelle ed è stato chiesto loro di stimarne il numero. Dai risultati è emerso che entrambi i soggetti anoressici e sani hanno sottostimato il numero di caramelle e di mattoncini LEGO rispetto al numero effettivo. Contrariamente a quanto suggerito da Yellowlees et al. (1988), i soggetti con anoressia non sembrano sovrastimare l’assunzione di cibo a causa di un deficit di percezione della quantità di cibo.
Lo studio di Milos et al. (2013)
Lo studio di Milos et al. (2013) è un’estensione della precedente indagine di Yellowlees et al. (1988): l’obiettivo era valutare in che modo individui con anoressia stimano le dimensioni delle porzioni di cibo. Ai partecipanti sono stati presentati 3 tipi di piatti diversi, ognuno dei quali con 6 varianti di porzioni. In una condizione, i partecipanti dovevano stimare le dimensioni delle porzioni in generale, mentre in un’altra dovevano stimarne le dimensioni immaginando di dover mangiare il pasto. È emerso che i pazienti anoressici hanno sovrastimato le porzioni dei pasti di piccole e medie dimensioni, ma non di quelle grandi; la sovrastima delle dimensioni delle porzioni di cibo era maggiore nella condizione in cui dovevano immaginare di mangiare il pasto.
Lo studio di Kissileff et al. (2016)
Lo studio di Kissileff et al. (2016) ha analizzato i livelli d’ansia dei partecipanti in risposta a porzioni crescenti di diversi cibi. Attraverso una procedura computerizzata, i partecipanti hanno valutato l’ansia che si sarebbero aspettati di provare alla presentazione di cinque porzioni crescenti di alimenti ad alto contenuto calorico (cioccolatini e pizza) e di alimenti ricchi in carboidrati, ma a più basso contenuto calorico (patate bollite e riso). I pazienti con anoressia nervosa hanno mostrato livelli di ansia attesa più elevati rispetto ai soggetti di controllo per tutti i cibi, con un incremento dell’ansia all’aumentare delle porzioni di cibo. Sorprendentemente, gli alimenti più calorici hanno indotto meno ansia per kcal rispetto alle opzioni ricche in carboidrati, suggerendo che il volume degli alimenti possa influenzare l’ansia più del contenuto energetico. Inoltre, i pazienti con una diagnosi più severa hanno mostrato un incremento maggiore dell’ansia all’aumentare delle porzioni di cibo.
L’importanza della valutazione delle porzioni di cibo nei disturbi alimentari
In conclusione, tre studi su quattro evidenziano che i pazienti con anoressia nervosa sovrastimano le dimensioni delle porzioni di cibo mostrando un deficit di percezione visiva (Kissileff et al., 2016; Milos et al., 2013; Yellowlees et al., 1988), mentre un solo studio ha negato la presenza di tale deficit per quanto riguarda la stima del numero esatto di alimenti, poiché i pazienti anoressici tendevano a sottostimare la quantità di cibo in modo simile ai soggetti sani (Vinai et al., 2007).
Tuttavia, le ricerche sulla stima delle dimensioni delle porzioni nei soggetti affetti da disturbi alimentari sono scarse, e prevalentemente focalizzate su chi soffre di anoressia nervosa, i quali, tra l’altro, erano in fasi diverse della loro malattia quando hanno partecipato agli studi. Inoltre, gli sperimentatori hanno usato alimenti (intero pasto o singolo alimento) e presentazioni degli alimenti (cibo reale o immagini di cibo) diversi tra loro, elementi che potrebbero avere avuto un impatto sulla stima delle dimensioni delle porzioni di cibo.
Nella pratica clinica, potrebbe essere utile un training sulla stima delle dimensioni delle porzioni di cibo nei pazienti con disturbi alimentari, volto a regolare le dimensioni dei pasti e monitorare i cambiamenti nel corso del trattamento, poiché la quantità adeguata di cibo gioca un ruolo centrale nella guarigione.