Diagnosi e supporto alla neurodivergenza: l’esperienza della dott.ssa Valentina Pasin
La dott.ssa Valentina Pasin è psicologa e psicoterapeuta ad indirizzo cognitivo neuropsicologico. Il suo curriculum vanta un diploma di studi specialistici nei Disturbi dello Spettro Autistico in Canada e una collaborazione con il Prof. Tony Atwood, uno dei massimi esperti di autismo nel panorama internazionale.
Dal 2020 è coordinatrice di Gruppo Empathie+, un’équipe multidisciplinare che ha tra le principali attività la diagnosi e il trattamento di persone neurodivergenti, con particolare attenzione alla popolazione femminile.
Neurodivergenza e genere: criticità e sfide nella diagnosi femminile
Per neurodivergenza si intende quell’insieme di diversi profili di sviluppo neurologico che caratterizzano la specie umana all’interno della quale i profili atipici (autismo, ADHD, DSA,…) non sono riconosciuti come disabilità ma come fisiologiche variazioni che interessano il 30% della popolazione generale (DSM-5 TR).
Non è facile riassumere tutti i contenuti condivisi dalla Dottoressa Pasin nel corso di tre intense giornate di formazione e di confronto tra professionisti. Tra tutti i temi affrontati sento l’urgenza di stimolare la consapevolezza di quanto sia difficile, ma doveroso, saper riconoscere la neurodivergenza nella donna, all’interno di un panorama scientifico che non ha saputo rispondere a questa complessità.
Le disparità di genere non hanno infatti risparmiato nemmeno lo studio della salute mentale e l’autismo è proprio un caso emblematico di questo fenomeno. La maggior parte degli studi condotti per la validazione degli strumenti diagnostici dedicati all’autismo sono infatti rivolti ai maschi, così come le caratteristiche target per l’osservazione diagnostica sono costruite su visioni stereotipicamente “maschili”. A questi aspetti clinici si aggiunge una narrazione collettiva dell’autismo basata anch’essa su stereotipi maschili, il che porta a sottovalutare alcune manifestazioni più tipiche della condizione autistica femminile già da parte di genitori e insegnanti, precludendo a queste bambine la possibilità di accedere ad un opportuno percorso diagnostico. A conferma di ciò basti pensare che il test ADOS, considerato dalla comunità scientifica il “gold standard” per la valutazione dell’autismo, si è dimostrato non sufficientemente sensibile per individuare questa condizione tra le donne.
Non è però solo l’inadeguatezza dei test e dei criteri diagnostici, e una generale scarsa formazione dei professionisti sanitari, a compromettere l’accesso della popolazione femminile al percorso di diagnosi. Le donne nello spettro manifestano infatti abilità sociali più avanzate rispetto ai maschi, adottano più spesso modalità di camuffamento (masking) per aderire alle richieste del mondo neurotipico e, anche se accedono ad una valutazione clinica, spesso le loro caratteristiche autistiche vengono attribuite ad altre condizioni, con la conseguenza di ricevere diagnosi parziali o del tutto errate (misdiagnosi).
L’autismo femminile potrebbe infatti essere erroneamente diagnosticato come un Disturbo Borderline di Personalità, come un disturbo d’Ansia Sociale o come un Disturbo Ossessivo Compulsivo oppure potrebbe essere letto solo in parte e ridotto ad un disturbo alimentare o ad un disturbo d’ansia, condizioni spesso presenti in comorbilità ma che vanno assolutamente comprese all’interno di un quadro più ampio di neurodivergenza.
La dott.ssa Pasin dedica molto spazio a questo tema delle diagnosi mancate o errate e della sovrapposizione di molti sintomi caratteristici dei disturbi di personalità così come dei Disturbi dello Spettro Autistico.
La diagnosi differenziale è quindi un percorso estremamente complesso e sarà solo l’esperienza clinica in ambito di neurodivergenza a sostenere un giudizio clinico che conduca ad una diagnosi corretta, a garanzia del diritto di ogni individuo di essere compreso e aiutato.