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Connessi e sconnessi (2024) di Pamela Pace – Recensione

Il libro Connessi e sconnessi (2024) raccoglie i contributi di diversi autori che esplorano l’adolescenza di oggi tra tecnologia, identità e relazioni

Di Chiara Cilardo

Pubblicato il 21 Mar. 2025

Adolescenza nell’era digitale: identità in trasformazione tra online e offline

PSICOLOGIA DIGITALE – (Nr. 66) Connessi e sconnessi (2024) di Pamela Pace – Recensione

Non c’è più una distinzione tra reale e virtuale: la tecnologia permea ogni aspetto della nostra esistenza; il filosofo Floridi la definisce onlife, una fusione tra vita online e offline. Da questa riflessione prende spunto la domanda chiave cui cerca di rispondere questo volume: se gli adolescenti di oggi crescono in una realtà ibrida, dove il confine tra online e offline è sempre più sfumato, in che modo cambia il modo di vivere questa fase cruciale dello sviluppo?

Per definizione, l’adolescenza non è un periodo semplice. È l’”età di mezzo”, come la definiva Shakespeare, un periodo di profonde trasformazioni, una fase di transizione, un momento di conclusione e al tempo stesso di inizio. La psicoanalista Dolto utilizza una metafora: così come il gambero cambia il proprio guscio e, per un certo periodo, rimane senza protezione, esposto ai pericoli esterni fino a quando il nuovo guscio non si è completamente formato, così l’adolescente affronta profondi cambiamenti corporei e identitari, perdendo i punti di riferimento dell’infanzia senza aver ancora consolidato quelli dell’età adulta. Frullano in testa domande come: chi sono? Cosa diventerò? Domande che riflettono la difficoltà di integrare il corpo in trasformazione con un’identità ancora in via di definizione. Ma cosa significa essere adolescenti nell’era digitale?

Connessi e sconnessi (2024): corpo, immagine e social network

Che ne è della costruzione dell’immagine di sé e della percezione del proprio corpo? Lo schermo del PC e i social network diventano veri e propri specchi amplificatori. L’esposizione continua a foto, video e tutorial che promuovono modelli estetici irraggiungibili può portare all’interiorizzazione di ideali di bellezza assolutizzati che spingono a modificare il proprio corpo per conformarsi a questi standard. Un esempio emblematico di questo rischio è il trend del thigh gap (lo spazio tra le cosce), diventato un obiettivo estetico da raggiungere e che in molti casi ha alimentato comportamenti dannosi legati all’alimentazione e alla percezione corporea.
Avere degli ideali non è di per sé negativo; al contrario, rappresenta una tappa del percorso di crescita. In adolescenza, gli ideali svolgono una funzione orientativa, nel senso che fungono da riferimento simbolico nella costruzione identitaria. Il punto è: dov’è il limite? Online, il limite non è più percepito come un confine necessario ma qualcosa da superare. La frustrazione, anziché essere accettata come parte del processo, è sempre più evitata. Si fatica ad accettare la perdita, a tollerare il disagio, ad arrivare a comprendere che un ideale a cui tendere rimane un ideale, un’astrazione, un’idea appunto, un’aspirazione utile a dare una direzione. La funzione non è – e non può essere – raggiungerli ma dare una spinta per evolversi. 

La tecnologia come esperienza fluida e continua

È nell’interesse di piattaforme e applicazioni tenerci perennemente connessi. Il design e le strategie di marketing rendono infatti sempre più complesso disconnettersi: l’infinite scrolling (scorrimento infinito per accedere a nuovi contenuti), i rinforzi quantificabili (like, condivisioni), i sistemi di raccomandazione basati su algoritmi, per citarne alcuni. L’assenza di confini definiti, la costante immersione nel digitale creano un ambiente sfuggente e difficile da controllare, liquido: non è un caso che termini come navigare, wave (onde) e phishing (pescare) richiamino metafore acquatiche, fluide, dai contorni sfumati.
Gli adolescenti però sono nativi digitali e in quanto tali sanno navigare bene nel mondo digitale. Lo utilizzano principalmente in quattro modi: guardare, comunicare, giocare e ascoltare, tutte attività che consentono di osservare e conoscere il mondo, sperimentare, sviluppare nuove competenze e ridefinire la propria identità. Infatti se da una parte il digitale può diventare riparo in cui rifugiarsi da un mondo esterno percepito come minaccioso o rifiutante, dall’altra è colmo di strumenti per esplorazione e autoaffermazione. 

Connessi e sconnessi (2024): uno strumento di comprensione per adulti e giovani

In Connessi e sconnessi non mancano delle riflessioni sul ruolo degli adulti e in particolare dei genitori. In che modo possono avvicinarsi ai figli e comprenderne il mondo digitale senza cadere in atteggiamenti punitivi o di rifiuto? Un primo passo è la consapevolezza di un paradosso: capita, ad esempio, che mamma e papà non rinuncino a rispondere al telefono nemmeno durante il pasto o trascorrano i momenti vuoti “scrollando” i social, salvo poi criticare i figli per lo stesso comportamento. Questa contraddizione rischia di compromettere la comunicazione e alimentare incomprensioni.

Un adolescente è in una terra di mezzo in cui non si sente più bambino ma non è ancora un adulto. Fondamentale è costruire un rapporto basato su fiducia e rispetto reciproco. Invece di vietare o ignorare, si può avere uno sguardo curioso e accogliente. Per esempio, osservare i contenuti che i figli guardano, i profili che seguono o i giochi che scelgono consente di conoscerli meglio, di entrare a far parte del loro mondo. Le scelte che si fanno online, chi seguire, che pagine leggere, come ci si mostra sul profilo social oppure il personaggio creato nel videogioco preferito, ci possono dire molto su chi è e come si sente un adolescente. Non demonizzare il digitale quindi ma trasformarlo in un’opportunità.

Chiedere diventa conoscere, partecipare, condividere, accompagnare. Che poi, online come offline, è quello di cui hanno bisogno gli adolescenti di oggi come di domani.

Riferimenti Bibliografici
  • Pace, P. (2024). Connessi e sconnessi. Mimesis Edizioni.
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