Le reazioni degli adulti rispetto al vissuto del dolore nei bambini e adolescenti
In terapia può capitare di sentire narrative delle storie di infanzia in cui il paziente si ricorda quando da bambino si sbucciava un ginocchio e sovviene alla memoria la prima immediata reazione emotiva del genitore che si arrabbia ed esclama: ”Ma cosa hai combinato? Ora dobbiamo correre a trovare un cerotto”! Piuttosto che, in adolescenza, la minimizzazione dei dolori mestruali, salvo poi riceve una diagnosi di endometriosi in tempi successivi.
La letteratura ci evidenzia come genitori e personale medico debbano prestare attenzione ed essere consapevoli delle proprie reazioni emotive e alle proprie modalità comunicative nei confronti dei bambini e ragazzi nelle diverse situazioni: sia di fronte a infortuni minori così come nel caso di procedure mediche invasive o condizioni di dolore cronico.
La validazione del dolore fisico nei bambini
In una recente review teorica della University of South Australia, pubblicata sulla rivista Pain (Wallwork et al., 2024), gli autori evidenziano come la validazione nelle diverse condizioni di dolore fisico sia un elemento essenziale nella fase evolutiva. Validando l’esperienza del dolore sin dall’infanzia, si pongono le basi affinchè già i primi contatti con il dolore fisico siano anche associati a memorie di fiducia e riconoscimento della legittimità, favorendo dunque un atteggiamento costruttivo di ricerca di aiuto e cura in risposta a sintomi somatici nelle fasi successive di vita.
Nei diversi casi (es. dolore cronico, infortuni di diversa entità, procedure mediche, iniezioni) è fondamentale tenere presente che siamo di fronte a un’esperienza di dolore fisico. Le prime esperienze già in età infantile alle prese con il dolore fisico possono influenzare la risposta al dolore e la sua gestione anche in età adulta e la risposta dei caregiver vi gioca un ruolo significativo. In particolare, risulta importante validare l’esperienza del dolore fisico nella sua complessità, che significa esprimere al bambino che il suo sentire dolore, inclusi vissuti emotivi e comportamenti, è assolutamente legittimo, comprensibile, credibile e accettato.
Sentendo validata la propria esperienza di dolore fisico e la propria vulnerabilità, il bambino si sente ascoltato, visto; percepisce di essere creduto nelle emozioni e sensazioni che esprime, vissuti che rafforzano la fiducia, il senso di connessione con i caregiver (siano essi i genitori o il personale sanitario) e plausibilmente l’attuazione di strategie più adattive per la gestione del dolore. Impara che può fidarsi dei segnali che arrivano dal suo corpo. Se il medico fa capire al bambino che crede fermamente che il suo dolore sia reale e autentico, validando anche gli aspetti emotivi, faciliterà una maggiore relazione di fiducia e una migliore aderenza ai trattamenti. La validazione facilita anche la regolazione emotiva, aspetto essenziale intrinseco nella gestione delle esperienze di dolore fisico.
Il ruolo delle relazioni nella percezione e gestione del dolore cronico
Le persone che vivono condizioni di dolore cronico spesso riferiscono di non essere state credute e di essersi sentite poco o per nulla comprese e accettate per le proprie esperienze di dolore fisico; questo può comportare difficoltà in termini psicologici e di salute mentale (tra cui anche spirali negative caratterizzate dal senso di impotenza), con un peggioramento della qualità della vita.
In questo senso, le relazioni affettive e sociali giocano un ruolo critico nel modellare l’esperienza del dolore fisico, da come viviamo i sintomi fisici corporei a come ci prendiamo poi cura della nostra salute fisica per tutto il corso della vita. Si tratta di vissuti, emozioni, credenze che ruotano attorno ai sintomi fisici: li riconosco in quanto tali ? li minimizzo o li esaspero? li legittimo ? e di conseguenza come agisco su di essi, cioè se e come mi curo? Quanto aderisco ai trattamenti? La storia delle nostre relazioni e validazioni può fornirci alcune risposte.