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Rimorso e rimpianto: quali sono le differenze?

Rimorso e rimpianto si distinguono per il loro focus: il primo nasce dal senso di colpa, il secondo dalla delusione per occasioni mancate

Di Anna Boccaccio

Pubblicato il 17 Gen. 2025

Rimorso e rimpianto a confronto

Rimorso e rimpianto rappresentano esperienze psicologiche universali dell’essere umano. In un momento o nell’altro della nostra vita, tutti li abbiamo provati. Per Zimbardo e Sword, ad esempio, un individuo a cui il fenomeno del rimorso è estraneo, poiché appunto non l’ha mai sperimentato, è probabilmente un individuo con tendenze psicopatiche (2018).  

Il rimpianto è l’esperienza emotiva e cognitiva di sentirsi delusi, tristi e dispiaciuti per qualcosa che si è fatto o che non si è fatto, un’occasione mancata, un incompiuto, oppure un passo falso o una scelta sbagliata. Il rimorso è un’esperienza di profondo rammarico e senso di colpa per un torto commesso.

Entrambi sono accomunati da sentimenti di delusione per le proprie azioni. 

In che cosa, tuttavia, differiscono? Scopriamo allora cosa sono il rimpianto, il rimorso e le caratteristiche che li differenziano.

Rimpianto

Il rimpianto ha una natura controfattuale, ovvero nasce da un risultato immaginato o idealizzato che non si è verificato. Il rimpianto implica il riconoscimento cognitivo ed emotivo che un evento/un risultato desiderabile non ha avuto luogo; questo a causa di un’azione intrapresa o, al contrario, un’azione non intrapresa, la cosiddetta inazione (Davidai & Gilovich, 2018). 

Secondo Kathryn Schulz (2011), il rimpianto comprende due componenti principali: l’immaginazione (la visione e la fantasia di un risultato/evento desiderato) e l’auto-agentività (la convinzione che quella idea o fantasia si sarebbe realizzata se si fosse agito in modo più vantaggioso). 

Sogni abbandonati, relazioni amorose mai coltivate, un lavoro all’estero … Potremmo pentirci di un’azione (compiuta o non compiuta) in quanto ha ferito o prodotto conseguenze inattese e negative per qualcun altro o per noi stessi. Il rimpianto può portare un individuo a sperimentare un ventaglio di emozioni spiacevoli, ma si tratta di una sofferenza provata principalmente per se stessi, piuttosto che per l’altra persona lesa.

Secondo una ricerca della Cornell University, i rimpianti più duraturi sono quelli derivanti dal non essere stati all’altezza del proprio sé ideale (Davidai & Gilovich, 2018). Sé reale, sé ideale e sé doveroso costituiscono, infatti, il senso di sé di ciascun individuo. Il sé reale è formato dagli attributi che una persona crede di possedere; il sé ideale è costituito dagli attributi che idealmente vorrebbe possedere, come speranze, obiettivi, aspirazioni o desideri; il sé doveroso è la persona che si sente di dover essere in base a doveri, obblighi e responsabilità (ad es. Da brava madre, dovrei essere attenta ai pasti che preparo … Dovrei contenermi nelle spese per dare l’esempio in famiglia). 

Per gli autori, nel breve termine, le persone tendono ad avere rimpianti per le azioni intraprese, ma nel lungo termine, i rimpianti più duraturi riguardano le inazioni, ciò che non si è fatto: in altri termini, la discrepanza tra il sé reale e il sé ideale. Non aver messo a frutto un talento personale, non aver risparmiato abbastanza per acquistare la casa dei sogni, non aver fatto carriera a lavoro, non aver inseguito un amore sono alcuni esempi di fallimenti del sé ideale. 

Per Leahy il rimpianto è un’emozione pervasiva su cui le persone possono rimuginare, a volte anche per anni. Il rimpianto può essere produttivo, se adattivo e funzionale alla capacità di apprendere dai propri errori; può anche essere improduttivo, se destinato non all’auto-correzione, ma all’autocritica e all’autodisprezzo (Leahy, 2024).

Rimorso

Il rimorso implica l’ammissione dei propri errori e l’assunzione di responsabilità per le proprie azioni. Crea un senso di colpa e di sofferenza per aver ferito qualcun altro, porta alla confessione e alle vere scuse. Spinge anche la persona pentita a evitare di ripetere in futuro la stessa azione dolorosa intrapresa nel passato. Se il rimpianto spinge a evitare conseguenze negative/punizioni per se stessi nel futuro, il rimorso porta a evitare azioni dolorose verso gli altri nel tempo a venire (Fjelstad, 2015).

Come suggeriva la scrittrice e giornalista Mignon McLaughlin: “Il vero rimorso non è mai solo rammarico per le conseguenze; ​​è rammarico per il movente”, ovvero per quella motivazione premeditata e consapevolmente mirata a ferire o causare del male a qualcun altro. 

Zimbardo e Sword (2018) annoverano tra le cause di rimorso: diffondere pettegolezzi e bugie, tradire il partner, mentire su una dipendenza, rubare, truffare ecc. Per gli autori, il vero rimorso genera angoscia, uno stato di ansia profonda e intensa, legata alla consapevolezza di aver intenzionalmente causato dolore nell’altra persona, cambiando in modo negativo la propria relazione con l’altro. 

Si può imparare dal rimorso? Zimbardo e Sword suggeriscono che, se non si può modificare il passato, si può almeno migliorare il futuro. Questo comporta assumersi la responsabilità personale, chiedersi se altro poteva essere fatto per prevenire la situazione, infine domandare perdono alla parte lesa. Se l’altro sceglie di non perdonarci, occorrerà accettare questa eventualità, perdonare se stessi e andare avanti. Come sostiene la psicologa e psicoterapeuta M. Fjelstad, solo il rimorso conduce a vere scuse e al cambiamento (2015).

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Anna Boccaccio
Anna Boccaccio

Redattrice di State of Mind

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