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Cecità inattentiva: cosa ci sfugge da davanti agli occhi?

Il fenomeno della cecità inattentiva dimostra come l'attenzione influisce sulla percezione di ciò che ci circonda. Perchè questo avviene?

Di Silvia Bettoni, Silvia Carrara, Martina Gori, Giulia Onida

Pubblicato il 03 Dic. 2024

Aggiornato il 04 Dic. 2024 12:57

Quando non notiamo: il ruolo dell’attenzione

La “cecità inattentiva” si verifica quando non notiamo ciò che ci circonda perché siamo concentrati su qualcos’altro. Questo fenomeno può influenzare sia la percezione visiva che quella uditiva; ad esempio, è possibile non accorgersi di una musica di sottofondo mentre si è impegnati in una conversazione intensa. L’osservazione di questo fenomeno risale a Bálint, che nel 1907 ha descritto come la nostra attenzione su un oggetto specifico ci impedisca di percepire altri oggetti nel campo visivo periferico, nonostante la luce arrivi alla corteccia visiva (Husain & Stein, 1988). Un esempio quotidiano è quando non vediamo amici che ci salutano, nonostante li stiamo guardando direttamente, o quando, alla guida, ci concentriamo così tanto sulla strada da non notare i cartelli stradali o altre auto.

Gli studi degli anni ‘70 e ‘80 hanno evidenziato come l’attenzione sia fondamentale per la percezione. In questi esperimenti, i partecipanti eseguivano un compito continuo concentrandosi su un aspetto di una scena dinamica, ignorando altri stimoli. Nonostante l’apparizione di un evento inatteso, la maggior parte dei partecipanti non lo notava, dimostrando l’importanza dell’attenzione nella percezione (Becklen & Cervone, 1983; Littman & Becklen, 1976; Neisser, 1979). Questo suggerisce che l’attenzione non solo limita ciò che percepiamo, ma influisce anche sulle nostre decisioni e reazioni in situazioni sociali.

Il fatto che la percezione cosciente richieda attenzione è legato al concetto di “cecità al cambiamento”, dove spesso non si notano grandi cambiamenti visivi da una scena all’altra, specialmente se gli oggetti non sono al centro dell’attenzione (Rensink et al., 1997). Anche quando un cambiamento avviene su oggetti che sono al centro dell’attenzione, potrebbe non essere rilevato (Levin & Simons, 1997). Ad esempio, esperimenti hanno mostrato che le persone non notano cambiamenti fisici evidenti durante interruzioni momentanee, come quando una persona viene sostituita da un’altra (Simons & Levin, 1998).

Dunque, gli studi sulla cecità attenzionale evidenziano che, senza attenzione, non percepiamo affatto le caratteristiche visive dell’ambiente, o almeno non in modo cosciente. Dopo quasi un secolo dall’introduzione di questo concetto, Daniel Simons e Christopher Chabris (Simons & Chabris, 1999), ricercatori presso l’università di Harvard, hanno condotto un esperimento che ha avuto molta risonanza nel mondo della psicologia, diventando un caposaldo della ricerca sul ruolo dell’attenzione

Lo studio di Simons & Chabris (1999) sulla cecità inattentiva

Lo studio ha coinvolto un totale di 192 partecipanti, per la maggior parte studenti universitari. Essi hanno osservato un filmato di 75 secondi, durante il quale sei giocatori divisi in due squadre – una con la maglietta bianca e una con la maglietta nera – si scambiavano velocemente una palla, muovendosi nello spazio. Prima della visione, ai partecipanti veniva richiesto di prestare attenzione ai giocatori della squadra in bianco o in nero, tenendo un conteggio mentale del numero dei passaggi totali effettuati (condizione facile), oppure un conteggio separato dei passaggi con rimbalzo e dei passaggi aerei (condizione difficile). Nel corso del filmato, dopo 44-48 secondi, si verificava un evento inatteso: una donna che portava un ombrello aperto attraversava lo spazio di gioco delle due squadre da sinistra a destra; oppure, una donna che indossava un costume integrale da gorilla attraversava lo spazio nello stesso modo. Entrambi gli eventi duravano circa 5 secondi, durante i quali i giocatori continuavano a passarsi la palla. Dopo aver visto il filmato, ai partecipanti veniva richiesto di annotare il conteggio dei passaggi tenuto a mente; in seguito, veniva loro domandato se avessero notato qualcosa di insolito durante la visione.

I risultati hanno evidenziato che circa la metà dei partecipanti (il 46%) non aveva notato l’evento inatteso avvenuto nel corso del compito di monitoraggio primario, in particolare durante la condizione di monitoraggio più difficile: ciò ha confermato ed esteso quanto sottolineato dagli studi precedenti sulla cecità inattentiva, ovvero che degli oggetti possono attraversare il campo visivo di un individuo e non essere comunque “visti” se non sono oggetto di attenzione specifica. In altre parole, non esiste percezione cosciente senza attenzione. L’elemento forse più sorprendente che i ricercatori hanno osservato è che i partecipanti tendevano a notare con più facilità l’evento inaspettato se quest’ultimo era visivamente simile a ciò a cui stavano prestando attenzione: il passaggio del gorilla (che era di colore scuro) veniva infatti notato con una frequenza più elevata quando i partecipanti dovevano seguire i passaggi della squadra nera.

Dalla ricerca alla terapia: il Selective Attention Test

Le scoperte sulla cecità inattentiva hanno anche risvolti pratici in ambito clinico, in particolare all’interno della Metacognitive Therapy (MCT; Wells, 2008, 2011), una forma di psicoterapia di recente sviluppo il cui obiettivo primario è la riduzione del pensiero negativo ripetitivo, uno stile di pensiero disfunzionale che sta alla base di diversi disturbi psicologici (Caselli et al., 2017). Una delle linee terapeutiche utilizzate dalla MCT consiste nell’apprendere a rifocalizzare la propria attenzione. Più nello specifico, nella tecnica chiamata Selective Attention Task si mostra al paziente proprio il filmato dello studio di Simon e Chabris (1999) in cui la persona travestita da gorilla attraversa lo spazio in cui le due squadre si stanno passando la palla, chiedendogli di contare i passaggi fatti dalla squadra bianca: questo piccolo esperimento può essere utilizzato per mostrare al paziente cosa accade quando focalizza completamente la sua attenzione su un particolare, sottolineando che potrebbe avere una percezione distorta di una situazione quando si “fissa” su qualcosa (Caselli et al., 2017).

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Becklen, R., & Cervone, D. (1983). Selective looking and the noticing of unexpected events. Memory & Cognition, 11(6), 601–608. 
  • Caselli, G., Ruggiero, G.M. & Sassaroli, S. (2017). Rimuginio. Teoria e terapia del pensiero ripetitivo. Raffaello Cortina Editore.
  • Husain, M., & Stein, J. (1988). Rezsö Bálint and his most celebrated case. Archives of Neurology, 45(1), 89–93. 
  • Levin, D. T., & Simons, D. J. (1997). Failure to detect changes to attended objects in motion pictures. Psychonomic Bulletin & Review, 4(4), 501–506. 
  • Littman, D., & Becklen, R. (1976). Selective looking with minimal eye movements. Perception & Psychophysics, 20(1), 77–79.
  • Neisser, U. (1979). The control of information pickup in selective looking. In A. D. Pick (Ed.), Perception and its Development: A Tribute to Eleanor J. Gibson (pp. 201–219). Lawrence Erlbaum Associates.
  • Rensink, R. A., O’Regan, J. K., & Clark, J. J. (1997). To See or not to See: The Need for Attention to Perceive Changes in Scenes. Psychological Science, 8(5), 368–373. 
  • Simons, D. J., & Chabris, C. F. (1999). Gorillas in Our Midst: Sustained Inattentional Blindness for Dynamic Events. Perception, 28(9), 1059–1074. 
  • Simons, D. J., & Levin, D. T. (1998). Failure to detect changes to people during a real-world interaction. Psychonomic Bulletin & Review, 5(4), 644–649. 
  • Wells, A. (2008). Metacognitive Therapy: Cognition Applied To Regulating Cognition. Behavioural and Cognitive Psychotherapy, 36(6), 651–658. 
  • Wells, A. (2011). Metacognitive Therapy for Anxiety and Depression. Guilford Press.
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