La verità intuitiva
La verità intuitiva è un fenomeno psicologico per cui le persone tendono a considerare vere le affermazioni che appaiono familiari o che sono facilmente processabili, indipendentemente dalla loro veridicità. In altre parole, quando un’informazione è presentata in modo che richieda poco sforzo cognitivo per essere compresa, siamo più propensi a credere che sia vera. Questo effetto è sorprendentemente potente e può influenzare le nostre credenze in maniera subdola e persistente (Newman, 2014).
Esempio di verità intuitiva: le immagini ingannevoli
Un esempio classico di come la verità intuitiva possa influenzare il nostro giudizio viene dallo studio di Reber & Schwarz (1999). I ricercatori hanno scoperto che le persone erano più propense a ritenere vere delle affermazioni quando queste erano presentate con un contrasto di colore elevato, come parole blu su sfondo bianco, rispetto a un contrasto di colore basso, come parole gialle su sfondo bianco. Anche se il colore del testo non ha alcuna relazione con la veridicità dell’affermazione, il contrasto elevato rendeva il testo più facile da leggere e, di conseguenza, più familiare e credibile agli occhi dei lettori. Questo fenomeno si verifica perché la facilità di elaborazione cognitiva – quanto è facile per il nostro cervello processare l’informazione – può essere erroneamente interpretata come un segnale di affidabilità e verità.
Le immagini, inoltre, possono avere un effetto ancora più potente sulla nostra percezione della verità. Frenda et al. (2013) hanno condotto uno studio in cui hanno mostrato ai partecipanti una foto falsificata che ritraeva il presidente Barack Obama mentre stringeva la mano all’ex presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Nonostante questo incontro non sia mai avvenuto nella realtà, molte persone hanno riportato di ricordare l’evento come se fosse accaduto davvero. Questo effetto dimostra quanto possa essere ingannevole la memoria quando viene supportata da un’immagine visiva. Le fotografie sono spesso percepite come prove concrete di un evento ma, come dimostra questo studio, anche le immagini falsificate possono alterare profondamente le nostre credenze e i nostri ricordi.
Anche immagini figurative possono influenzare la nostra percezione della verità. Lo studio di Newman et al. (2015) ha scoperto che le persone erano più propense a credere a un’affermazione come “Le noci di macadamia appartengono alla stessa famiglia evolutiva delle pesche” quando questa veniva presentata insieme a una foto di una ciotola di noci di macadamia. Nonostante la foto non fornisse alcuna prova diretta dell’affermazione evolutiva, la semplice presenza dell’immagine rendeva l’affermazione più credibile. Questo effetto è un altro esempio di verità intuitiva, dove la familiarità o la facilità di elaborazione di un’immagine viene scambiata per un segnale di accuratezza.
Questi studi dimostrano come fattori come il colore del testo, la presenza di immagini, e la facilità con cui un’informazione può essere processata, possano alterare il nostro giudizio e portarci a credere a cose che potrebbero non essere vere. La verità intuitiva ci mostra che la mente umana è fortemente influenzata da elementi superficiali che nulla hanno a che fare con la realtà dei fatti. Per proteggerci da questi inganni, è fondamentale sviluppare un pensiero critico e fare affidamento su fonti verificate e informazioni basate su dati concreti. Essere consapevoli dei nostri bias cognitivi è il primo passo per diventare pensatori più riflessivi e meno vulnerabili alle trappole della verità intuitiva.
Non solo fotografie: il potere delle parole
Gli indizi visivi (come le fotografie) non sono l’unico “appiglio” a cui gli individui si appoggiano per valutare qualcosa; tendiamo infatti a essere condizionati anche da caratteristiche più sottili, come gli attributi linguistici di una parola. Più nello specifico, la ricerca ha evidenziato che le persone solitamente preferiscono prodotti, attività e titoli azionari che sono più facili da pronunciare: ad esempio, tra due additivi alimentari con nomi diversi, gli individui percepiscono come più sicuro quello con il nome di più facile pronuncia (Song & Schwarz, 2009).
La pronuncia ha un’influenza anche sul modo in cui percepiamo le persone, così tanto che utilizziamo il nome di una persona come informazione per valutare la credibilità delle sue affermazioni. Dallo studio di Newman et al. (2014) è infatti emerso che i partecipanti erano più propensi a valutare un’affermazione come veritiera se questa era attribuita a una persona con un nome facile da pronunciare: essi hanno creduto maggiormente all’affermazione “Le tartarughe sono sorde” quando essa è stata attribuita ad Adrian Babeshko (pronuncia più facile) rispetto a quando è stata attribuita a Czeslaw Ratynska (pronuncia più difficile).
Il funzionamento psicologico della verità intuitiva
Ma qual è il meccanismo per cui gli indizi visivi e gli attributi linguistici che abbiamo esplorato finora sono in grado di influenzare quanto un’informazione viene percepita come veritiera? Una fotografia che accompagna una frase e un nome facile da pronunciare hanno un comun denominatore: essi aiutano chi ne usufruisce a compiere uno sforzo cognitivo più ridotto, e la facilità con cui viene elaborata un’informazione – a sua volta – fa apparire tale informazione come più familiare e credibile. In altre parole, la sensazione di familiarità tende ad essere interpretata come qualcosa di cui ci si può fidare, mentre le informazioni difficili da elaborare rappresentano un segnale di “pericolo”.
Questa sensazione di familiarità può avere importanti ricadute in numerosi contesti: ad esempio, in tribunale, un testimone con un nome più facile da pronunciare potrebbe apparire come più credibile. Cosa possiamo fare, allora, per non cadere vittime di un falso senso di veridicità? La ricerca suggerisce che spesso le persone non sono consapevoli di come le informazioni disponibili e le loro caratteristiche possono condizionare i loro giudizi, per cui già il semplice fatto di essere a conoscenza del funzionamento psicologico della verità intuitiva potrebbe contribuire a renderci più attenti e meno influenzabili (Newman, 2014): come affermano diversi studiosi, la conoscenza è potere.