Questi brevi racconti nascono dalla voglia di condividere alcune fatiche del diventare genitori; l’obiettivo è anche dare qualche informazione in modo semplice su cosa cosa può succedere dal punto di vista psicologico a madri e padri, rassicurare e normalizzare certi fenomeni. A volte mi vergogno di alcune cose che penso e che vorrei scrivere, poi le metto giù lo stesso perché magari c’è qualche altro genitore che ci sta rimuginando sopra e che forse leggendole può farsi una risata e sentirsi meno solo.
Piscina (il mio corpo dopo due gravidanze)
15 aprile 2023
- mamma e papà: 41 anni
- figlio numero 1: 4 anni
- figlia numero 2: 5 mesi
Nello spogliatoio della piscina mi guardo velocemente nello specchio rettangolare con indosso il costume e la cuffia. Osservo di sfuggita il mio corpo, gli strati di vestiti e i capelli sono azzerati e penso a quanto sono perennemente un po’ insoddisfatta di quello che vedo. Mi chiedo se succede a tutti e poi penso che in piscina siamo tutti uguali, persone normali, con corpi tutti diversi. Spesso penso -ridendo- che sono miope e a quanto poco ci vedo in piscina, immagino che succeda a molti altri, perciò concludo che il mio corpo è messo a nudo soprattutto ai miei occhi. In fondo il mio corpo mi piace, il mio corpo sono io, ed è un corpo che ha pure sostenuto due gravidanze. Per tutti questi motivi gli sono grata e ne vado fiera.
Due bambini piccoli ti assorbono completamente, fisicamente e mentalmente, perciò, per cercare uno spazio tutto mio, ho bisogno di entrare in un altro elemento, l’acqua. Devo vincere una grande pigrizia, la sensazione di freddo, ma poi quando sono in acqua mi sento davvero bene. È un elemento che mi allontana dalla quotidianità, e al tempo stesso mi riavvicina all’ambiente in cui, per più tempo nella sua giovane vita, è stata la mia bambina dentro di me.
Occuparsi di un neonato e di un lattante ti costringe dentro ritmi e interazioni che ti mettono in sintonia con il suo funzionamento. La tua mente e il tuo corpo si allineano con i suoi bisogni per fornire cure, conforto, nutrimento. O almeno ci provano. Si convive con sentimenti di onnipotenza, impotenza, amore travolgente, rifiuto, senso di sopraffazione. È richiesto che in un’unica persona convivano molte me, quella allineata a un bambina di 5 mesi, quella che deve esserci per uno di quattro anni, quella adulta che cerca di lavorare un po’, di tenere insieme gli impegni, la relazione di coppia, e anche la sua individualità. Da qui, la decisione di andare in piscina dopo una vita che non lo facevo.
Mentre nuoto, decido di spingere ancora un po’, di fare altre vasche in più. Il cuore batte a mille e mi spavento, ma in fretta realizzo che non c’è niente di cui preoccuparsi, è solo la forza del corpo, che mi dimostra la capacità di superare limiti immaginari e autoimposti.
All’improvviso mentre nuoto mi viene in mente la mia bambina e penso:
anche lei sarà una ragazza forte, un giorno.
I figli, questi sconosciuti
- Mamma e papà: 41 anni
- Figlio numero 1: quasi 5 anni
- Figlia numero 2: 8 mesi
I figli ti fregano. Fisicamente ti somigliano, oppure assomigliano all’altro genitore. Se no, al limite assomigliano a quella nonna cattiva e se li hai portati in grembo sono stati pure pezzi del tuo corpo, perciò ti dicono che dovresti conoscerli da subito grazie a una sintonia innata ed ancestrale. Certo la prima volta un figlio è un po’ più uno sconosciuto, ma quante volte hai sentito parlare dell’istinto materno che ti guiderà e andrà tutto bene.
Non mi scorderò mai di una passeggiata fatta con il mio primo bambino, era nella culla, perciò era ancora un lattante. Passeggiata che si è conclusa con un ritorno precipitoso e sconfortante in cui ha urlato disperato per tutta la strada. Io ero nel disagio e non sapevo che fare, probabilmente avevo un’espressione spersa, sicuramente ero stanca. Sulla via del ritorno mi hanno fermato tre volte in totale, due sconosciuti per suggerirmi come farlo smettere di gridare, il terzo consiglio non richiesto l’ho ricevuto dalla fruttivendola nella mia via a pochi metri dal portone di casa.
Salvo poi trovarmi nella situazione opposta, in cui mi ero allontanata dal pupo per lavorare, e sono stata chiamata al telefono e invitata a tornare a casa di corsa perché nessuno riusciva a calmarlo (sì, il mio primo figlio urlava molto spesso, molto a lungo e molto forte), come se io fossi l’unica a sapere cosa fare o spettasse necessariamente a me farlo smettere.
La psicologia perinatale ci spiega che a molte madri succede di non sentire un legame con il proprio bambino per settimane, che fondamentalmente è un estraneo con cui bisogna imparare ad avere a che fare. Molto spesso questo non avviene da sé e non è un percorso lineare. Questo per quanto riguarda il neonato e il lattante. Poi improvvisamente intorno ai due anni inizia la trasformazione di questi esserini in persone con un loro carattere, la loro ragione di vita diventa opporsi a te per definire se stessi. Mio figlio a quasi 5 anni non ha ancora smesso.
Tutto questo panegirico per dire che i figli, da quando nascono a fino a quando ne sto avendo esperienza, sono persone che non conosci e non sono mai come te li eri immaginati. Un mio caro amico insegnante ha detto che è la stessa cosa che gli succede con gli studenti: ammetterlo insegna molto sull’accettazione dell’altro, sulla capacità di dare fiducia e di voler bene alle persone esattamente per come sono.
Forse il famoso “amore incondizionato” non è veramente innato come vorrebbe il concetto romantico ma un sentimento che va appreso e coltivato.
Il sonno
(non ho segnato la data in cui l’ho scritto, sicuramente ero in debito di sonno)
Ci sono alcune persone che ti dicono che il loro bambino, neonato o lattante, dorme o, se è già cresciutello/a, che dormiva. “Lui dorme da mezzanotte alle 6”. “La mia dorme fino alle 9”. Ci sono pure quelli che si lamentano che il loro bambino non dorme.. di giorno. Le loro facce mi restano impresse e le rivedo nella mente, risento in testa le loro parole. Carogne. Io non gli credo. Forse la fatica immensa che si fa nel diventare genitori e gli orrori connessi hanno spinto queste persone sul versante opposto della negazione e dell’idealizzazione dei loro bambini. Per combattere certi impulsi distruttivi.
Per tornare seri, la deprivazione di sonno è uno dei fattori che concorrono all’insorgenza di diversi tipi di psicopatologie perinatali. Tutti hanno sentito parlare della depressione post partum, ma ci sono anche disturbi d’ansia, disturbi di natura ossessiva, disturbi della relazione, e in ognuno di essi la mancanza di sonno gioca un ruolo importante. Capita a molti genitori di avere immagini, impulsi, pensieri distruttivi diretti contro i propri figli, sono del tutto normali. Bisogna cercare un aiuto psicologico/psichiatrico se non si prova disagio rispetto ad essi. Io li ho avuti col primo bambino, assumevano la forma di incidenti in cui gli capitava qualcosa di brutto per mia disattenzione. li ho ancora con la mia seconda figlia, ma questa volta prendono proprio la forma di azioni aggressive e impulsive contro di lei. Non ne vado fiera e mi mettono ansia, ma so anche che non sono un mostro, che rappresentano un campanello d’allarme: la stanchezza ha superato una certa soglia e che ho bisogno di sostegno emotivo, di aiuto materiale, di una pausa o di un po’ di riposo.
Mi ricorderò sempre di una mattina in cui ho chiamato la pediatra e non sono stata in grado di articolare la mia richiesta. Mio figlio aveva gridato tutta la notte e si era addormentato alle 5 (scoprimmo in seguito che aveva l’otite), alle 8 avevo telefonato alla dottoressa ed ero così stanca che mi ero liquefatta in lacrime senza riuscire a parlare e spiegare perché la stavo chiamando. Quando non dormi, la vita assume un colore grigio-nero, prende tinte fosche. Come dice il mio compagno: “Vedi il mondo come lo vede Frodo quando indossa l’anello” Spesso mi rendo conto che quando non dormo non riesco ad apprezzare la bellezza di quello che mi circonda e di quello che ho. Non sarà un caso se nella ninna nanna in cui si chiede a chi dare questo benedetto bambino che deve dormire, gli si prospetta di lasciarlo per un anno intero con l’uomo nero e una settimana alla befana. Forse dopo reiterate minacce di abbandono, si riesce a convincerlo a dormire.
Allora c’è uno dei momenti con i miei bambini che più mi riempie il cuore di tenerezza: vederli scivolare dolcemente nel sonno. Per poi pensare: “Ce l’ho fatta!”
L’eroe (sufficientemente buono)
26 dicembre 2023
- Mamma e papà: 42 anni
- Figlio numero 1: 5 anni
- Figlia numero 2: 13 mesi
Ho ripreso a lavorare e sono mesi che non scrivo più nulla, mi sembra di vivere in un eterno, pienissimo presente, ma in realtà il tempo passa in fretta. Dal canto loro, i bambini sono lenti, hanno una percezione del tempo diversa dalla nostra, non lineare ma circolare e questo è un fenomeno affascinante. Una mattina ho cercato di spiegare a mio figlio grande che per fare colazione avevamo tempo solo finché la lancetta lunga dell’orologio non raggiungeva il numero colorato di rosso. Lui, fine osservatore, mi ha risposto: “E che problema c’è? Tanto la lancetta continua a girare e ci torna la volta dopo su quel numero rosso”.
Il lungo periodo della maternità ormai è finito e con esso la possibilità di vivere al ritmo dei bambini. La quotidianità è una costante e faticosa ricerca di un compromesso fra il rispetto dei loro tempi e dei loro bisogni e la necessità ineludibile di adattarsi alla realtà. Un esempio tipico ne è la mattina, quando si è di corsa e si deve iniziare la giornata. La mattina è un momento terribile, fatto di fretta, sgridate, urla, agitazione.
Una sera ero a cena con degli amici storici, tra cui due coppie con figli. Chiacchierando, ho definito il padre dei miei figli ‘un eroe’ perché si occupa di loro da solo quasi tutte le mattine: li lava, li veste, li nutre e li porta all’asilo, per poi arrivare in tempo al lavoro. È una faticaccia infame, lo so perché questa corsa a ostacoli tocca anche a me una volta a settimana.
“Un eroe”.. Con questa espressione ho quasi scatenato una crisi matrimoniale. La lei di una delle due coppie mi ha lanciato uno sguardo di riprovazione e ha detto ‘Cosa c’è di eroico?? Tu non lo fai normalmente??! E nessuno ti definisce un’eroina!’
Non so se voglio veramente addentrarmi nell’annosa questione della suddivisione dei compiti nella cura della casa e dei figli tra uomo e donna. In effetti viene lodato l’uomo che cucina, che si occupa dei bambini, l’uomo che “aiuta” la donna in casa. È un dato oggettivo che sono molte di più le donne che lasciano il lavoro per l’inconciliabilità con il lavoro domestico rispetto agli uomini. Io stessa provengo da questo tipo di cultura e anche se tento di prenderne le distanze, ne sono permeata. Cerco di moltiplicarmi in più persone, faccio rinunce per esserci per i miei figli, ogni tanto esplodo perchè mi costringo alla ricerca di un impossibile perfezione nell’essere madre.
Sempre nella suddetta cena, la lei della coppia, ha detto con un sorriso sardonico che preferirebbe stare con i suoi figli piuttosto che lavorare e avere a che fare con bambini travestiti da 40enni, tra cui.. suo marito (ovviamente scherzava). A quel punto io mi sono un po’ vergognata di dire (ma poi l’ho detto) che riprendere a lavorare mi ha regalato un’ora e mezzo di solitudine, tra il tempo di prepararmi quello di raggiungere il luogo di lavoro, perché inizio molto presto e quando esco di casa il resto della famiglia è ancora nel mondo dei sogni. A essere sincera, non dovermi occupare dei bambini alla mattina, nella fretta e nell’ansia di non arrivare in orario al lavoro, è un sollievo e mi scarica di un peso. Quando sorge il sole, sono già arrivata al lavoro, la giornata è lunga perché ancora la notte si dorme poco, ma almeno posso postare magnifiche foto dell’alba su Instagram ;) Scherzi a parte, questo inizio di giornata è un tempo prezioso, merce rara, perché è solo mio. E anche lavorare mi fa bene, perché dimentico per qualche ora di avere dei figli: esco temporaneamente dal ruolo di madre per calarmi in quello di lavoratrice, con una salubre separazione.
Tutti i genitori che lavorano sono tormentati dal senso di colpa di non passare abbastanza tempo con i figli e contemporaneamente cercano di racimolare ritagli di tempo per sé stessi (e per la loro salute mentale). In fondo ce lo diceva già Donald Winnicott, maestro di psicopedagogia, verso cui ho una profonda venerazione. Lui parlava delle madri, ma alle soglie del 2024 e in tema di condivisione dei compiti, possiamo sostituire con ‘genitori’. Diceva che ai bambini non serve avere genitori perfetti, basta che siano ‘sufficientemente buoni’.
Commenti non richiesti, commenti molesti
18 luglio 2024
- mamma e papà: 42 anni
- figlio numero 1: 5 anni
- figlia numero 2: 20 mesi
Lo spunto per questo scritto viene da una serata tra sole donne, le stesse della puntata precedente; alcune senza prole, una con una sola bambina piccola, altre, come me, con due figli. L’amica con una bimba piccola abbandona il gruppo e la serata molto presto per tornare a casa e mettere a dormire la figlia. Le occasioni di stare con le amiche sono poche, il desiderio di confrontarsi e distrarsi è grande, perciò mi dispiace che se ne vada via così presto.
L’amica con due figli commenta che la bambina ha già due anni e sarebbe ora che iniziasse a metterla a nanna anche il padre e io confermo e mi accodo al commento. L’amica che si sta accomiatando sorride e abbozza, ma si vede che un po’ si risente. Io mi pento quasi subito per i nostri commenti. E penso: ‘Ma adesso anche tra amiche ci mettiamo a dare consigli non richiesti?’ Ma com’è che da quando porti in giro un pancione, poi un neonato, poi dei bambini piccoli, veramente chiunque si permette di commentare e suggerire in che modo ‘dovresti’ fare le cose?
Ho elaborato una formula matematica che regola questo fenomeno: il grado di confidenza con il commentatore molesto è inversamente proporzionale all’età del bambino. Mi spiego: se il bambino è un neonato, come ho già raccontato, ti fermano persino gli sconosciuti per strada per dirti perché piange e cosa fare. (E poi solitamente cercano anche di toccarlo. E io mi chiedo sempre come reagirebbero se uno sconosciuto provasse a mettere a loro una mano addosso. E infine vorrei mettergliele io le mani addosso).
Poi, man mano che i bambini crescono, sono le persone più vicine che ti danno consigli non richiesti. Soprattutto ‘quelli che ci sono già passati’ si sentono liberi di dire la loro, tipo gli amici con figli più grandi.
Per non parlare dei nonni, che rappresentano l’espressione massima di questo fenomeno: i loro figli sono sempre dei ragazzini imberbi pure se hanno 40 anni e hanno fatto uno o più bambini. Oggi ho dovuto discutere perché secondo loro dovevo cambiare la maglietta alla mia bambina poiché umida (siamo al mare con una temperatura di 35 gradi, percepita 38).
Una famiglia e’ un sistema con un equilibrio delicato, lo è per forza di cose se alla coppia si è aggiunto di recente un nuovo elemento, se da tre si è diventati quattro, o di più. Perciò commenti negativi, consigli o soluzioni magiche non richieste, sono inutili, hanno poco senso e sono dannosi, poiché nella maggior parte dei casi generano nei neo-genitori solo insicurezze, frizione o risentimento. La ricerca di un figlio e le scelte dei neogenitori sono tutte molto personali. Con l’arrivo di un bambino, lo sconvolgimento fisico, psicologico, di coppia, di vita è quotidiano, costante, totale e irreversibile ;)
Questo genera soprattutto il bisogno di essere ascoltati, poi di condividere la propria esperienza con altri e, in ultima battuta, di sentire come questi altri (a patto che prima ti abbiano ascoltato) hanno risolto una difficoltà simile alla tua.
Gruppi di auto e mutuo aiuto tra genitori e gruppi di sostegno dovrebbero essere offerti a tutti i neogenitori.