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Le emozioni negative possono essere utili?

Le emozioni negative fanno parte dell’esperienza umana e sarebbe irrealistico oltre che disadattivo avere la pretesa di eliminarle

Di Linda Confalonieri

Pubblicato il 24 Mag. 2024

Cosa sono le emozioni negative?

Le emozioni negative sono quelle che tecnicamente vengono definite emozioni a valenza negativa, ovvero soggettivamente vissute dalla persona in modo negativo e spiacevole. Le emozioni a valenza negativa possono essere ad esempio l’ansia, la tristezza, la rabbia, la colpa, il disgusto. Non sono necessariamente dannose e assolvono a specifiche funzioni nel regolare il nostro stare nel mondo. Tuttavia, se eccessivamente protratte nella loro durata oppure se sostenute da credenze irrazionali, eccessive e disfunzionali, possono correlarsi a esiti negativi a livello comportamentale e di benessere soggettivo. 

Le emozioni negative fanno parte dell’esperienza umana e sarebbe irrealistico oltre che disadattivo avere la pretesa di eliminarle. Generalmente, di primo acchito siamo portati a pensare che generino solo sofferenza, che creino disagio nella persona e che quindi vadano evitate, soppresse e minimizzate non appena insorgono. Tuttavia, la stessa psicologia generale ci insegna che non è così: anche le emozioni negative sono utili, hanno una loro funzione che va conosciuta e compresa per una migliore regolazione emotiva. 

Ad esempio, in alcuni casi le emozioni negative possono essere segnali importanti che ci motivano a impegnarci per risolvere o cambiare una situazione, ci possono proteggere da situazioni di pericolo, ci possono segnalare situazioni incerte in cui stare in allerta, oppure aiutarci a riparare a un danno, ci segnalano la perdita di qualcosa di importante.

La funzione delle emozioni rimanda al concetto che le emozioni sono dei segnali, le emozioni motivano e orientano l’azione e i nostri comportamenti. 

Emozioni negative: colpa, ansia, tristezza e rabbia

Anzitutto, le emozioni, sia a valenza positiva che negativa, sono intrecciate alle relazioni. Vi è un rapporto di interdipendenza tra emozioni e relazioni, in cui vi è una reciproca influenza: provare colpa a seguito di un danno arrecato all’altro, consente di riparare o di evitare lo stesso danno in futuro in una relazione. È grazie alla colpa, emozione a valenza negativa, quindi, che sentiamo una spinta riparatoria che influenza le interazioni e le relazioni con gli altri.  

D’altro canto, la stessa ansia ci segnala una situazione di pericolo, incertezza, minaccia e ci attiva per far fronte alle sfide e alle difficoltà. Un livello medio di ansia ci consente di attivarci per studiare per preparare un esame o di preparare le risposte che potrebbero porci a un colloquio di lavoro; traiamo un vantaggio da un moderato livello di ansia che ci fa sentire coinvolti, che ci segnala che qualcosa è importante per noi, che ci motiva e attiva per affrontare la situazione. Tuttavia, un livello di ansia eccessivo è problematico, inficia aspetti cognitivi, tra cui l’attenzione e la concentrazione, può comportare segnali somatici intensi ed eccessivamente attivanti, come se il corpo e la mente fossero in allerta in modo sproporzionato per un pericolo imminente. 

L’ansia diviene dannosa nel momento in cui vi sono pensieri catastrofizzanti e un processo di rimuginio che disregola anche la focalizzazione dell’attenzione sul compito, sulla prestazione e sulla situazione da affrontare. Riconosciamo un’ansia eccessiva, ad esempio, quando sovrastimiamo la probabilità, la pericolosità e i rischi di una situazione e sottostimiamo le nostre capacità di affrontare e di tollerare lo scenario temuto. Se l’ansia moderata e la paura sostengono il problem-solving (che si differenzia da un rimuginio afinalistico) e una mobilitazione adattiva delle risorse dell’individuo verso un piano per affrontare e tollerare una situazione temuta, allora hanno una funzione utile per promuovere risultati positivi, soddisfazione e benessere dell’individuo. 

La tristezza è l’emozione che segnala una perdita o una mancanza. La perdita o mancanza può riferirsi a una persona, a una relazione, a una situazione, a un’opportunità, un’esperienza o un oggetto significativo. In seguito al segnale della tristezza, l’individuo può prendere consapevolezza della perdita e attivarsi per riempire il vuoto, elaborare la perdita e/o per modificare ciò che crea insoddisfazione. La tristezza e la depressione sono però fenomeni diversi che non vanno confusi: se condividono il vissuto di perdita, la depressione assume contorni più pervasivi, permanenti, autoriferiti, irrisolvibili e intollerabili: qualsiasi tentativo per arginare il vissuto di perdita e insoddisfazione viene vissuto come inutile. Il rischio è il circolo vizioso della passività, umore deflesso e impotenza. 

Un’altra emozione a valenza negativa è la rabbia. Nella famiglia della rabbia rientrano molteplici vissuti emotivi inerenti al senso di ingiustizia e aspettative non soddisfatte rispetto a persone, situazioni e al corso degli eventi in coerenza con i nostri valori. La rabbia segnala quindi un’ingiustizia o un’aspettativa non soddisfatta. Senza questa emozione adeguatamente regolata e direzionata, non potremmo agire in maniera da far valere i nostri diritti, esprimere disappunto e tentare di modificare situazioni che ci creano insoddisfazione con assertività. 

Emozioni negative e psicoterapia

Facciamo attenzione, dunque, a non incorrere in una errata credenza naif: la terapia, in particolare la terapia cognitivo-comportamentale, non ha l’obiettivo di eliminare le emozioni negative cambiando i pensieri, bensì gli obiettivi sono di gran lunga più articolati. Un punto chiave è appropriarsi di modalità adeguate di regolazione delle emozioni negative, diminuendole in termini di intensità e persistenza se eccessive e se legate a comportamenti disfunzionali, dannosi e inutili rispetto ai valori e agli scopi del paziente. Nella terapia cognitivo-comportamentale si aiuta il paziente a identificare le emozioni e i pensieri ad esse correlate, a valutare l’accuratezza e la funzionalità di tali pensieri, per poi promuovere risposte più adattive a livello cognitivo, emotivo e comportamentale. Che significa affrontare e regolare le emozioni negative, promuovendo resilienza e maggiori livelli di benessere psichico. 

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Linda Confalonieri

Redattrice di State of Mind

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