La mindfulness in età evolutiva
di Simone Santarelli
Il seguente elaborato si pone lo scopo di evidenziare i potenziali contesti di utilizzo della pratica mindfulness in età evolutiva, nonché le conseguenze di tale approccio. L’evidenza data da dati e statistiche in relazione ai disturbi d’ansia in età evolutiva, ha reso possibile una più ampia apertura nei confronti dell’utilizzo della pratica mindfulness in età precoce non solo come strumento terapeutico, ma anche in termini preventivi, educativi e di supporto alla genitorialità. Questo approccio permetterebbe l’acquisizione di strumenti utili allo sviluppo della resilienza al fine di supportare la costruzione di generazioni di individui resilienti.
L’incremento dei disturbi d’ansia in età evolutiva
Quella forte tendenza a voltarsi per non guardare. Puntare l’attenzione consapevole verso altro, con l’intenzione di evitare il problema ignorandolo.
“Eppur si muove” pare aver detto Galileo nel ‘600. Sembrerebbe che nel corso degli ultimi decenni, l’incidenza dell’ansia su bambini e adolescenti abbia vissuto una vertiginosa crescita. Tra le varie spiegazioni più plausibili si trova la profondità di cambiamenti che l’ambiente sociale, culturale, economico ha subito. La Dr.ssa Jean Twenge (2000) ha rilevato come indici sociali quali tassi di disoccupazione, divorzio e criminalità, siano direttamente correlati ad un alto tasso di incidenza dell’ansia in età evolutiva. Ha inoltre ipotizzato che l’incremento dell’ansia nel corso degli ultimi decenni possa essere stato supportato da una minore coesione dal punto di vista sociale e maggior presenza di pericoli nell’ambiente. La conclusione a cui giunse fu che l’ansia in età evolutiva rispecchia da vicino quanto accade alla cultura generale (Twenge, 2000).
Dati sconfortanti. Quale sarà la qualità della vita di generazioni sopraffatte da disturbi d’ansia sin dalla tenera età?
Mindfulness in età evolutiva. Un approccio valido non solo in ambito psicoterapeutico
Oggigiorno, nonostante il termine mindfulness abbia avuto modo di essere conosciuto da una buona fetta di popolazione ed ottenere anche dei risultati scientificamente validi, le reali potenzialità di questo antichissimo approccio devono ancora riuscire a raggiungere un livello di affermazione più ampio non solo nell’ambito psicoterapeutico, ma anche in un contesto di tipo preventivo nonché educativo, e di supporto alla genitorialità.
Proprio come la storia insegna, la mindfulness, che ha visto costruire la sua evoluzione per millenni, non rappresenta solo una mera pratica che può essere appresa in un periodo di tempo breve e con impegno minimo. Si tratta, infatti, di un percorso che dura un’intera vita. È caratterizzata da una pratica costante che esula dalla limitata partecipazione ad uno dei vari protocolli mindfulness oggi esistenti. Una vera e propria modalità di stare al mondo che ha come scopo quello di penetrare la quotidianità sia di adulti che di bambini.
Cosa succederebbe se si potesse disporre di tali strumenti sin dalla tenera età?
Più che mai oggi, appare fondamentale, se non vitale, insegnare ai bambini la mindfulness per far sì che le generazioni dell’oggi e del domani possano permettersi di migliorare la qualità della propria vita presente e futura. Aiutarli quindi a potenziare le proprie capacità di resilienza e a poter affrontare con nuovo e rinnovato approccio le difficoltà e le situazioni di forte stress che ne condizionano la vita quotidiana. Leggendo il testo di Antonella Montano e Silvia Villani dal titolo “Programma Mindfulness il Fiore Dentro. Per insegnare ai bambini a gestire lo stress ed essere più felici”, tra le varie cose, una frase ha caratterizzato un pensiero importante di rinnovamento nel contesto terapeutico:
L’infanzia di oggi, di fatto, impone di sovvertire le vecchie convinzioni terapeutiche secondo le quali è importante soprattutto strutturare un’autostima salda. Ciò che è primariamente importante, in questo particolare momento storico, è invece che i bambini siano educati alla resilienza, ovvero messi in condizione di affrontare con successo le avversità e gli imprevisti che la vita inevitabilmente porrà loro di fronte (Montano e Villani, 2018).
Educare alla resilienza. Uno strumento per gestire gli eventi con consapevolezza
La resilienza è basata sulla flessibilità del cervello che permette delle reazioni comportamentali, in reazione a degli stimoli, coerenti e funzionali all’ottenimento di una conseguenza positiva e finalizzata non solo alla nostra sopravvivenza, quanto anche alla crescita. È funzionale alla capacità di affrontare situazioni caratterizzate da forte stress e dolore emotivo, e poter gestire questi contesti con una consapevolezza tale da non cadere poi in uno stato determinato da psicopatologia. Di solito, la maggior parte dei processi mentali che ci guidano nella vita quotidiana, è gestita da una sorta di pilota automatico che genera pensieri spontanei, per lo più inconsapevoli. Tale automatismo, sul lungo periodo, conduce ad un altro automatismo di ritorno che è caratterizzato dall’impossibilità di separare evento e relativa reazione. Tale condizione conduce l’individuo a ritenere che non vi sia modo di reagire diversamente a tale evento, se non in quella maniera. Tali risposte automatiche riducono la sensazione di poter affrontare gli eventi e reagire ad essi con libero arbitrio e pieno controllo di sé costruendo le basi fondanti di disturbi d’ansia (Ibid.).
La mindfulness permette di acquisire strumenti per scoprire ed accrescere queste capacità. Ha la facoltà di fornire questi strumenti per poterli applicare nella vita quotidiana. La pratica costante comporta l’acquisizione di capacità di gestione dei propri pensieri ed emozioni attraverso la consapevolezza. Tale consapevolezza prescinde da qualsiasi forma di giudizio generato a priori, rifuggendo rappresentazioni distorte della realtà (nonché del futuro) per restituire una piena capacità di lettura e comprensione degli eventi.
La consapevolezza può essere raggiunta attraverso l’accettazione di sé e delle esperienze, semplicemente per quello che sono. Il programma MBCT-C, ad esempio, non si prefigge come obiettivo quello di raggiungere una ristrutturazione dei pensieri disfunzionali, quanto piuttosto quello di accettazione dei pensieri, di sé e delle esperienze, per far sì che il cambiamento terapeutico si trasformi in un processo di crescita e di sviluppo. Il bambino può dunque approcciarsi al mondo in modo differente. Acquisisce la facoltà di comprendere le situazioni e gli eventi che si presentano nella realtà, approcciandosi a questi con maggiore gentilezza, curiosità e incanto. Questa modalità permette, dunque, di ottenere una miglior sintonizzazione con il proprio mondo intrapsichico, al fine di scoprire come poter accogliere i propri pensieri senza giudizio, così come le proprie emozioni (Semple e Lee, 2019). Accettarle e lasciarle andare per poter acquisire un maggior equilibrio e scoprire una inaspettata pace interiore tramite lo sviluppo di maggiore resilienza.
Un intervento preventivo con lo sguardo rivolto alle generazioni presenti e future
Oggigiorno, la mindfulness non può essere chiaramente intesa come la panacea di tutti i mali. Sarebbe impensabile poter attribuire tale compito ad un approccio terapeutico senza considerare innumerevoli altri fattori. Ciononostante, questa pratica rappresenta un terreno fertile e concreto su cui piantare i semi della speranza e del futuro. Un campo di battaglia che dirige la propria attenzione verso il miglioramento globale della società. La rivisitazione e la ristrutturazione dei programmi mindfulness per adulti al mondo dei bambini, hanno permesso di poter intraprendere un viaggio lungo ma colmo di speranza. Intervenire alle radici dei mali della società è l’unica soluzione e strada da percorrere per ottenere la cura.
La mindfulness dovrebbe essere un programma seguito non soltanto per volontà personale in ambito extra scolastico, ma anche una disciplina che rientri appieno nel contesto dell’educazione scolastica dei bambini. L’educazione alla consapevolezza costituisce un valore impagabile e l’alba di una società caratterizzata dai presupposti di gentilezza, attenzione, inclusione, a sostegno di un’intelligenza emotiva che permetta di gestire emozioni e pensieri con forte compassione.
L’importanza di introdurre tale strumento in età evolutiva, a partire dall’infanzia, potrebbe costituire un importante passo verso la possibilità di intervenire naturalmente in maniera preventiva al fine di gestire sin da subito l’eventuale insorgere di psicopatologie. Più che mai nei disturbi dell’età evolutiva, l’intervento tempestivo, se non preventivo, costituisce un punto di attenzione critico in ambito terapeutico.