Una definizione di time blindness
Ciascuno di noi vive dei periodi in cui arriva costantemente in ritardo agli appuntamenti o, al contrario, ci si presenta sempre in eccessivo anticipo. Talvolta pensiamo che qualcuno ci abbia inviato un messaggio “proprio l’altro giorno” e poi scopriamo all’improvviso che la notifica in realtà risale a diversi giorni o persino a qualche settimana prima. Insomma, vi sono momenti della nostra vita in cui abbiamo la sensazione che il tempo ci sfugga di mano e che qualsiasi sforzo noi facciamo non sia sufficiente per riprenderne il controllo. Ecco, se prolungati, questi episodi potrebbero essere un chiaro indicatore di cecità temporale (time blindness).
Con il termine cecità temporale si intende l’incapacità cronica di seguire lo scorrere naturale del tempo (Weissenberger et al., 2021). Questa condizione può influire su tutto ciò che riguarda il rapporto di una persona con il passato, il presente e il futuro. Nel dettaglio, un individuo che soffre di time blindness fatica a ricordare quanto tempo fa è accaduto un evento, ha difficoltà a comprendere nel qui e ora quanto velocemente stia trascorrendo il tempo e può trovare estremamente difficile prevedere i propri sentimenti e bisogni (Smith et al., 2002). Soffrire di time blindness può avere un impatto negativo sulla formazione, sulla carriera e sulla vita di una persona. La puntualità, per esempio, è richiesta nella maggior parte delle scuole e dei luoghi di lavoro e, secondo un’indagine condotta dalla società australiana Airtasker, il 15% dei licenziamenti sarebbe dovuto proprio ai ritardi accumulati dai dipendenti. Siccome la consapevolezza dello scorrere del tempo viene sviluppata naturalmente dalla maggior parte delle persone, chi è affetto da cecità temporale può essere anche giudicato dagli altri come noncurante, pigro o irresponsabile, il che può alimentare, a sua volta, marcati sentimenti di colpa e inadeguatezza (Prevatt et al., 2011).
Time blindness e disturbo da deficit di attenzione/iperattività
Come sottolineato in apertura, ogni essere umano può perdere saltuariamente la cognizione del tempo, per esempio durante periodi di intensa concentrazione tra cui la lettura di libri o la visione di film che reputa particolarmente coinvolgenti. Esperienze come queste, tuttavia, sono da intendersi come indicatori di cecità temporale solamente quando divengono persistenti e si verificano in una misura tale da interferire significativamente con la vita quotidiana dell’individuo.
La letteratura scientifica riporta che la cecità temporale è comunemente associata al disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD; Ptacek et al., 2019). Una compromissione della capacità di percepire lo scorrere naturale del tempo rappresenta un sintomo chiave di questo disturbo, a tal punto che il rinomato psicologo statunitense Russell A. Barkley (2006) sottolinea:
L’ADHD è, in fondo, una cecità al tempo, o tecnicamente, per essere precisi, una miopia al futuro […]. Proprio come le persone miopi riescono a leggere solo le parole vicine ai propri occhi, le persone con ADHD possono occuparsi solo di compiti vicini nel tempo. Più l’evento è lontano, meno costoro saranno in grado di affrontarlo, ed è per questo motivo che tutto viene lasciato all’ultimo minuto, poiché loro si occupano solo dell’ultimo minuto.
In particolare, la ricerca ha dimostrato che sia adulti che bambini con diagnosi di ADHD mostrano dei deficit nella percezione temporale, ovvero nello stimare accuratamente quanto tempo è passato dall’inizio di un compito che è stato loro assegnato o di un’attività che hanno autonomamente intrapreso; nella riproduzione temporale, ovvero nel ripetere un’attività per lo stesso tempo in cui è stata dimostrata dallo sperimentatore; e nelle sequenze temporali, cioè nel ricordare accuratamente l’ordine in cui si sono verificati gli eventi passati (Carelli & Britt, 2012; Mioni et al., 2017).
Nonostante si tratti di una peculiarità dell’ADHD, segni di cecità temporale sono stati osservati anche in soggetti con autismo, disturbi d’ansia, depressione maggiore, disturbo ossessivo-compulsivo, lutto complicato, disturbo correlato all’uso di alcool e lesioni cerebrali dovute a traumi. Non è un caso che queste condizioni abbiano in comune la compromissione del funzionamento esecutivo, ovvero difficoltà nella pianificazione, nel problem solving e nel decision-making, e della capacità di regolare emozioni, pensieri e azioni (Allman & Meck, 2012; Moreira et al., 2016; Liu et al., 2022).